Italia, pizza, pasta e mandolino
In Italia non c’è festa di matrimonio… senza pasta nel menù
Parlando di pasta fatta in casa, è meglio che si tratti di pasta all’uovo anche per il menù del matrimonio.
Nulla di meglio di una buona pasta fatta in casa per un menù del matrimonio irresistibile.
Le composizioni dell’impasto della pasta dipendono dal tipo che si desidera realizzare, dalla qualità di farina e dal rapporto albume/tuorlo o acqua/uovo. Il sale non viene utilizzato, altrimenti si formerebbero delle macchie bianche. Tutti gli elementi si amalgamano in maniera ottimale e rapida con un impasto liscio e omogeneo, se conservati alla stessa temperatura e se le uova non vengono prese direttamente dal frigorifero. La farina ideale è quella di grano tenero 00 (la semola di grano duro non va bene perché ha la grana più grossa).
Cuocere la pasta in modo corretto non è poi così complicato anche se è necessario rispettare alcune regole fondamentali. Scegliendo la pentola giusta si è già a metà dell’opera: deve essere grande abbastanza e più alta del suo diametro per contenere una sufficiente quantità d’acqua (circa un litro per ogni chilo di pasta). Importanti anche la quantità di sale (circa 10 grammi, un cucchiaino quasi colmo, ogni litro d’acqua), il formato e lo spessore. Tenete conto inoltre che durante tempi di cottura relativamente brevi la pasta ha bisogno di una temperatura costante che si può ottenere solo con una grande quantità d’acqua. La pasta fresca è pronta molto prima della pasta secca industriale. Il tempo di cottura dipende da quanto si è già asciugata. Quindi c’è una notevole differenza se la pasta viene cotta subito dopo essere stata tagliata o se verrà cotta dopo ore. Durante la cottura è necessario assaggiarne di tanto in tanto una piccola quantità.
Piatto tipico italiano, la pasta ha una storia molto antica che risale a 7000 anni fa.
In epoca romana Cicerone e Orazio erano ghiotti della lugana, una schiacciata di farina cotta in acqua, la progenitrice delle nostre lasagne, pasta di prima qualità. Un’erronea convinzione attribuiva a Marco Polo l’introduzione della pasta in Italia. Molti documenti ne hanno poi dimostrato l’esistenza molto prima. In uno di questi, datato 1154, un geografo arabo menziona un “cibo di farina in forma di fili” chiamato triyah che si confezionava a Palermo. Da qui l’intendimento comune che i maccheroni, siano originari della Sicilia. Una certa confusione regna comunque fino al Settecento quando i diversi tipi di pasta vengono etichettati come maccheroni. Saranno, successivamente, i napoletani, ad appropriarsi del termine usandolo quasi esclusivamente per identificare paste lunghe trafilate. I cuochi italiani hanno coniato il termine “al dente” che si raggiunge quando la pasta diventa tenera all’esterno, mentre la sua parte interna è ancora dura. La pasta, una volta cotta, non deve mai essere passata sotto l’acqua fredda per non perdere il suo strato di amido colloso necessario per amalgamarla con sughi e ragù.