L’Italia e il dibattito sull’accordo tra Canada e Ue

L’Italia e il dibattito sull’accordo tra Canada e Ue

di Domenico Letiza

ROMA – “Torna a riaccendersi il dibattito sul Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement, letteralmente “Accordo economico e commerciale globale”) in Italia, dopo le polemiche lanciate dalla Coldiretti”. A scriverne è Domenico Letizia su “L’opinione delle libertà”, quotidiano diretto da Arturo Diaconale
““Via libera all’importazione di carne dei vitelli alimentati con sangue e altri scarti animali, mentre aumentano di 7 volte nel primo quadrimestre gli arrivi di grano duro dal Canada dove si usa l’erbicida glifosato in preraccolta secondo modalità vietate in Italia”, afferma Coldiretti Emilia-Romagna nel condividere le ragioni della protesta degli agricoltori francesi contro l’intesa di libero scambio con il Canada.
Dopo le dichiarazioni della Coldiretti, anche Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, ha recentemente dichiarato: “Fratelli d’Italia considera preoccupante l’allarme lanciato dalla Coldiretti sui rischi di importazione, in Europa, di carni di vitelli nutriti con sangue, peli e grassi animali. Facciamo nostre le richieste del presidente Ettore Prandini sui principi che devono essere alla base di ogni accordo di libero scambio”.
Un allarmismo che non trova una condivisione unanime e che preoccupa numerosi imprenditori della nostra Penisola che guardano con interesse alle opportunità che il Ceta può generare per le imprese. “Basta fake news sul Ceta e sulla pelle della classe imprenditoriale del nostro Paese”, dichiara Sergio Passariello, fondatore e promotore del think tank “Imprese del Sud” nonché Ceo di “Euromed International Trade”. “È divenuta inappropriata e controproducente la propaganda di alcune strutture e formazioni politiche contro gli accordi stilati tra Unione europea e Canada”, ribatte Passariello.
Analizzando la documentazione ufficiale del Ceta è possibile confermare che la narrazione negativa messa in campo in quest’ultimo anno è del tutto priva di fondamento, in particolare nel settore agroalimentare. Per sgombrare il campo da ogni dubbio è necessario precisare che l’allegato n. 5 del Ceta, alla voce “Autorità competenti”, sancisce che il controllo delle misure e delle prescrizioni alimentari e fitosanitarie è esercitato in forma congiunta tra le agenzie nazionali degli Stati membri e la Commissione europea, affidando agli Stati membri la responsabilità del controllo della conformità delle importazioni canadesi alle condizioni di importazione stabilite dall’Unione europea. In realtà, nessun prodotto può essere introdotto nel mercato europeo, e di conseguenza in quello italiano, senza la garanzia del rispetto dei requisiti sanitari sanciti dalle normative europee e nazionali.
Il Ceta non modifica in alcun modo le norme e i regolamenti in vigore nell’Ue in materia di sicurezza alimentare, sicurezza dei prodotti, protezione dei consumatori, salute, ambiente, protezione sociale e lavoro, e tutte le importazioni dal Canada dovranno soddisfare le normative Ue. Va evidenziato, inoltre, che gli italiani sono primi al mondo per produzione, export e consumi di pasta, tuttavia la produzione di grano duro copre solo il 70 per cento del fabbisogno dell’industria nazionale, di qui la necessità di importare dall’estero dal 30 al 40 per cento di materia prima.
“Chi è a conoscenza dell’importazione di prodotti alimentari non in regola con le normative sanitarie e fitosanitarie, dovrebbe immediatamente rivolgersi alle Autorità giudiziarie preposte, anziché generalizzare, così da individuare concretamente quelle aziende che importano prodotti in violazione dei trattati ed in barba ai controlli sanitari. Bisogna smettere di demonizzare un accordo commerciale che per le nostre aziende, in particolare quelle meridionali, potrebbe rivelarsi prezioso per la crescita”, ribatte Passariello.
Anche in Francia il dibattito è effervescente. Alcune settimane fa, Oltralpe è stato approvato l’accordo di libero scambio fra Ue e Canada, ma i tre sindacati agricoli del Paese continuano ad esprimere un giudizio negativo. Tra i deputati della Repubblica francese c’è chi ha espresso la propria linea di rifiuto alla ratifica, rilanciando una sorta di “chilometro zero” e volendo affermare le politiche del climate change, tematica che ha visto la Francia protagonista, poiché proprio a Parigi nel 2015 è stato siglato l’accordo Onu per contrastare i cambiamenti climatici.
Quello del Ceta è un progetto che merita attenzione e soprattutto conoscenza per le medie e piccole imprese che caratterizzano il sistema industriale europeo e la nostra Penisola. In Italia è essenziale lanciare un dibattito pubblico sugli accordi che permetta di cancellare pregiudizi politici ed ideologici e conoscere a fondo le opportunità e gli eventuali svantaggi di tali accordi”.

Redazione

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