Stato di diritto e Unione Europea
Di Daniela Piesco Vice Direttore www.progetto-radici.it
È la forma di Stato di matrice liberale, in cui viene perseguito il fine di controllare e limitare il potere statuale attraverso la posizione di norme giuridiche generali e astratte. L’esercizio arbitrario del potere viene contrastato con una progressiva regolazione dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, che ha come scopo sia la «diffusione» sia la «differenziazione» del potere, rispettivamente, attraverso istituti normativi (unicità e individualità del soggetto giuridico; eguaglianza giuridica dei soggetti individuali; certezza del diritto; riconoscimento costituzionale dei diritti soggettivi) e modalità istituzionali (delimitazione dell’ambito di esercizio del potere politico e di applicazione del diritto; separazione tra istituzioni legislative e amministrative; primato del potere legislativo, principio di legalità e riserva di legislazione; subordinazione del potere legislativo al rispetto dei diritti soggettivi costituzionalmente definiti; autonomia del potere giudiziario), comunemente considerati come parti integranti della nozione di Stato di diritto.
Lo Stato di diritto è uno dei valori fondamentali dell’Unione, lo sancisce l’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. È anche la conditio sine qua non per la tutela di tutti gli altri valori fondamentali dell’Unione, a cominciare dai diritti fondamentali e dalla democrazia. Il rispetto dello Stato di diritto è capitale per lo stesso funzionamento dell’Unione: efficace applicazione del diritto UE, corretto funzionamento del mercato interno, mantenimento di un contesto propizio agli investimenti, fiducia reciproca. L’essenza ultima dello Stato di diritto è una tutela giurisdizionale effettiva, il che presuppone l’autonomia, la qualità e l’efficienza dei sistemi giudiziari nazionali.
In Ungheria e in Polonia,senza dubbio, lo stato della democrazia è preoccupante. Sostenuti da forti mandati elettorali, i loro partiti al governo di stampo populista interferiscono con l’indipendenza della magistratura e aumentano il controllo statale di altre istituzioni, compresi i media.
Ma il declino nel rispetto dello stato di diritto si sta verificando altrove nell’UE :a Varsavia e Budapest gli sforzi per minare la democrazia liberale sono stati evidenti.
L’UE ha risposto lanciando la cosiddetta procedura dell’articolo 7, a volte definita come l’opzione nucleare, poiché alla fine può portare un paese ad essere privato dei suoi diritti di voto.
Esiste un deterioramento in altri paesi dell’UE, tra cui Bulgaria, Francia, Italia e Grecia.
In Grecia, la condanna del capo ufficio statistico del paese per la condivisione di dati economici con l’UE che contraddicevano quelle precedentemente utilizzate dal paese per indurre in errore i creditori internazionali, ha gettato un’ombra sul sistema giudiziario.
In Italia, i procedimenti giudiziari richiedono più tempo che in qualsiasi altra parte d’Europa, e molti imputati sfuggono alla punizione a causa della prescrizione.
Ma la debolezza istituzionale e l’indipendenza giudiziaria non sono gli unici aspetti dello stato di diritto di cui l’UE dovrebbe preoccuparsi.
Le autorità francesi hanno risposto agli attacchi terroristici con leggi che conferiscono loro ampi poteri di sorveglianza con poca supervisione giudiziaria, minacciando i diritti fondamentali delle persone.
L’indipendenza dei media, vitale per la responsabilità governativa, è sempre più sotto pressione.
L’assassinio dei giornalisti investigativi a Malta e in Slovacchia rispettivamente nel 2017 e nel 2018, ha provocato crisi politiche in entrambi i paesi.
L’UE dovrebbe adottare un approccio più strutturato per affrontare il cosiddetto declino democratico più di quanto non abbia fatto finora .
Dovrebbe iniziare migliorando i suoi metodi di monitoraggio e intervento rapido.
lo stato di diritto non dovrebbe essere usato come un argomento Est contro Ovest: tutti i paesi dovrebbero essere trattati allo stesso modo.
Cio’ posto l’unico rimedio efficace potrebbe essere quello dello sbarramento all’accesso delle risorse : Chi non rispetta i valori dell’Unione non dovrebbe avere accesso ai fondi.
Ma cosa significa vincolare i fondi del prossimo bilancio comunitario (2021-2027) al rispetto dei valori europei ?
Nei fatti, significa introdurre una condizionalità ai fondi europei, per cui a chi non rispetta i valori dell’Unione può essere precluso, in toto o in parte, l’accesso alle risorse.
Un provvedimento che colpisce principalmente Polonia e Ungheria, contro cui Bruxelles ha già aperto una battaglia giuridica per la violazione dei principi fondamentali dell’Unione, come la libertà di stampa e l’indipendenza dei giudici. Ma che potrebbe riguardare altri Stati membri come Romania e Bulgaria.
L’introduzione di un meccanismo che leghi esplicitamente il rispetto dello stato di diritto all’accesso ai fondi è un tentativo di creare uno strumento nuovo, considerata sia l’inefficacia di quelli esistenti sia la cronica dipendenza dei paesi dell’Est dai fondi europei, a cui tengono moltissimo (fondi che peraltro la classe dirigente locale utilizza anche per consolidare il proprio potere). Fra il 2013 e il 2020 l’Ungheria ha ricevuto dall’Unione Europea fondi per 46,5 miliardi di euro, un terzo del suo PIL annuale. La Polonia, il paese che più di tutti beneficia di fondi europei per via della povertà diffusa e dell’arretratezza dell’industria locale, nello stesso periodo ha ottenuto 207 miliardi di euro.
In concreto cosa è stato approvato e come funziona il meccanismo sulla salvaguardia dello stato di diritto?
Il Parlamento Europeo, aveva proposto che il meccanismo funzionasse in questo modo: in caso di accertate violazioni dello stato di diritto,è la Commissione ha decide se tagliare i fondi a un certo paese, e il Consiglio può decidere di bloccare la misura con un voto a maggioranza qualificata (cioè almeno il 55 per cento degli stati che rappresentino il 65 per cento della popolazione europea).
La presidenza tedesca ha ribaltato il senso della proposta del Parlamento: nel testo, le sanzioni dovrebbero essere proposte dalla Commissione e approvate da una maggioranza qualificata in Consiglio.
È dunque un passo avanti rispetto alla situazione iniziale, ma sicuramente un passo indietro rispetto alla proposta del Parlamento, approvata a luglio: di fatto la presidenza tedesca «ha deciso di schierarsi con Viktor Orbán».
In particolare la bozza della presidenza tedesca, per esempio, non parla più di mancanze generali dello stato di diritto in un certo paese ma soltanto del «funzionamento» delle autorità nazionali che si occupano dei fondi europei: una formula che potrebbe escludere tribunali e magistrature.
I governi di diversi paesi del Nord – Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia, Austria, Belgio e Lussemburgo, scrive Mehreen Kahn del Financial Times – hanno votato contro il compromesso in sede di Consiglio perché ritengono che indebolisca eccessivamente i poteri a disposizione della Commissione Europea, e che di conseguenza sia troppo simile ai meccanismi poco efficaci già in vigore.
La proposta tedesca, comunque, è stata anche respinta dai governi dei paesi dell’Est.
Nonostante la proposta sia stata approvata dal Consiglio e verrà negoziata col Parlamento nelle prossime settimane, i governi dei paesi dell’Est hanno già lasciato intendere di volerla bloccare ponendo il veto su un’altra questione, assai più rilevante: l’approvazione del nuovo bilancio pluriennale 2021-2028, a cui è collegato il Recovery Fund.
I trattati europei prevedono che sulle questioni di bilancio il Consiglio debba decidere all’unanimità: di conseguenza Ungheria e Polonia potrebbero decidere di bloccare i negoziati sul bilancio pluriennale – già piuttosto faticosi – finché non sia trovata una soluzione a loro gradita sul meccanismo dello stato di diritto.
La situazione dovrebbe sbloccarsi nelle prossime settimane, in un modo o in un altro.
In conclusione?
Ci siamo illusi che lo stato di diritto fosse un dato acquisito.
Daniela Piesco.