Nuove dipendenze e“Fear of Missing Out” (FoMO)
Di certo una vera e propria emergenza sociale quella che sta interessando fasce di età anche molto basse è legata alla dipendenza dai social network e dai videogames. Un evidente scollamento dalla realtà e la vera e propria necessità di occupare un posto nel mondo virtuale, provandone più attrazione rispetto a quello reale.
Adolescenti che puntano la propria autostima sul numero di like ricevuti, che basano gusti e mode su ciò che la rete chiede incuranti della realtà in cui vivono e molto spesso emulando comportamenti sbagliati. I social ed i videogames propongono grafiche e strategie accattivanti, più sei bravo e più amici coinvolgi, più è forte il tuo personaggio e più gente in rete ti stima e chiede di poterti sfidare.
Le sfide aumentano, i tempi di gioco aumentano, la necessità che il tuo personaggio venga personalizzato e quindi che tu debba procedere all’acquisto di skin, di nuove armi e di nuove potenzialità fanno sì che si alimenti un florido mercato dei videogames che oggi frutta diversi milioni di dollari agli sviluppatori finendo per rappresentare di fatto un rischio pari a quello del gioco d’azzardo.
Tutto questo crea dipendenza. I giochi del momento come Fortnite e GTA, gioco ad esempio che vede tre criminali che uccidono, sono usati e spesso venduti anche a minorenni che dopo aver giocato manifestano reazioni tipiche di ansia, insonnia, enuresi notturna e sintomi di derealizzazione.
Questi giochi non si possono bloccare, se si abbandona il gioco si perde la sfida. La dipendenza nasce anche dalla grafica brillante, accattivante, dal fatto che si aggiornano di continuo nei contenuti e che quindi non annoiano mai gli avventori; propongono sempre nuove sfide, sfide con gli amici, con sconosciuti di tutto il mondo, sfide continue che spingono il giocatore a non mollare per migliorarsi sempre e raggiungere la vittoria finale. Quando la vittoria per poco sfugge, così come accade per il gioco d’azzardo e per le slot machine la tentazione è quella di riprovarci.
In entrambi i giochi menzionati l’obiettivo è uccidere gli altri e sopravvivere per ultimi alle sfide . Quanto può essere educativo impedire e allontanare i ragazzi nella vita reale da fatti gravi come lo spaccio di droga, lo sfruttamento della prostituzione e l’incitamento alla violenza se poi consentiamo che fatti del genere diventino trama di un videogioco ? Purtroppo molti di questi videogiochi incoraggiano modelli di comportamento e stili di vita negativi. Più si spara, più si uccide e più si conquista. Quanto può essere giusto condannare la violenza contro le donne e consentire ai nostri figli di diventare violenti in un videogioco nei confronti di una donna solo per vincere una sfida? La dipendenza crea emulazione, crea nella vita reale la stessa voglia di prevalere per essere migliori, prevaricare per essere più forti.
Così nei ragazzi ma anche negli adolescenti e sempre più negli adulti si manifestano cambi d’umore, problematiche relazionali e comportamenti sempre meno incisivi e performanti nella vita reale. Demonizzare il gioco è ovviamente sbagliato sebbene l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia inserito la dipendenza da videogioco o gaming disorder” nella Classificazione Internazionale delle Malattie.
Ogni abuso è sbagliato, ogni gioco, qualsiasi esso sia che allontana dal reale e spinge il giocatore a trascurare le proprie relazioni, a volte anche i suoi bisogni primari diventa una patologia! Ogni genitore, ogni moglie, ogni fratello dovrebbe prestare attenzione a che il gioco non si sostituisca alla vita reale.
La qualità e la quantità del tempo che si trascorre in famiglia diventano determinanti a che si evitino abusi e comportamenti di tipo dipendente e deviante.
Certo, poter essere diversi, più forti, più potenti e poter fare ciò che nella vita reale non è consentito è un qualcosa di affascinante per l’uomo da sempre.
Bisognerebbe però essere sempre in grado di avere consapevolezza del confine tra mondo reale e mondo virtuale giocato.
Ormai classificabili i sintomi di dipendenza risultano essere cinque e sono: ansia e depressione aumentate del 70% tra i giovani nell’arco degli ultimi 25 anni :la percezione distorta della vita mondana montata sui social con milioni di foto e video di volti sorridenti e felici porta ansia e sofferenza a chi si sente fragile o inadeguato. Il secondo sintomo è la mancanza di sonno dei “social addicted” che ad esempio si svegliano o non riescono a dormire per controllare anche di notte la loro “popolarità” social. Terzo sintomo: l’ossessione di come si appare e il continuo senso di inadeguatezza. Il quarto è rappresentato dal cyberbullismo cui spesso gli adolescenti sono sottoposti in rete Il quinto sintomo di dipendenza è rappresentato da un fenomeno chiamato “Fear of Missing Out” (FoMO) e cresciuto a dismisura nell’era dei social. In pratica è la paura di “non esserci”, di venire tagliato fuori dagli eventi organizzati dagli amici perché non connessi ai social, perché poco belli o poco interessanti. Questo porta alla necessità di essere continuamente collegati in rete, con correlata ansia da like oltre che ricerca spasmodica di avere atteggiamenti sempre più borderline e fuori dagli schemi.
Avv. Mariatiziana Rutigliani
Criminologa, docente Università Federiciana Popolare