Abitua il tuo intelletto al dubbio e il tuo cuore alla tolleranza
Ph : Daniela Piesco
Di Daniela Piesco
Vice Direttore www.progetto-radici.it
Una volta ho letto da qualche parte che la first lady statunitense Eleanor Roosevelt recandosi ad una riunione, in una chiesa di un piccolo paese nel sud degli Stati Uniti vide che tutti i neri stavano seduti da una parte, e tutti i bianchi dall’altra. Eleanor Roosevelt andò senza esitazioni a sedersi in mezzo ai neri. Uno dei presenti le disse, con un certo imbarazzo ma con fermezza, che ciò era contrario alla legge. Allora lei prese una sedia e si sedette nella corsia centrale tra le due file di banchi dei fedeli.
Ecco vorrei dedicare gli ultimi giorni dell’anno a riflettere sulla tolleranza perché il mio tempo digitalizzato e moderno mi appare sempre più spesso poco tollerante .Ogni giorno la stampa riferisce di episodi d’intolleranza che sfociano in una violenza inaudita. Per quanto la generazione odierna sembri molto più aperta rispetto a quelle passate la tolleranza è ancora messa a dura prova, la società non riesce a mostrarsi aperta al diverso tanto più che la discriminazione, il razzismo e la segregazione, fenomeni immediatamente successivi all’intolleranza, risultano essere la via più veloce e più semplice per risolvere un presunto problema generato solo dai pregiudizi.
Perche’ parlare ,scrivere e rimarcare l’educazione alla tolleranza dovrebbe mirare a contrastare le influenze che portano alla paura e all’esclusione ed aiutare i giovani a sviluppare le loro capacità di giudizio, il pensiero critico e il ragionamento etico al fine di comprendere che la diversità fra religioni, lingue, culture ed etnie del nostro mondo non è un pretesto per far sorgere conflitti bensì è un tesoro che ci arricchisce.
Perche’l’educazione alla tolleranza è un obiettivo irrinunciabile e il cammino verso essa, pur essendo impervio, ha bisogno di cure continue e mi coinvolge come singolo e come cittadino
Perché un appello alla tolleranza, alla ragione, al pensiero critico si impongono davanti alle storture della politica e delle sue manipolazioni per la conservazione e l’esercizio del potere. La tolleranza ed il pensiero libero sono una conquista del progresso; l’intolleranza sbandierata a colpi di dichiarazioni politiche non possono che essere un ritorno verso un’epoca meno “illuminata”.
Perché di fronte alle pressioni economiche e sociali, la tendenza generale è quella di sfruttare i timori ed evidenziare le differenze altrui, azione che porta unicamente a riaccendere l’odio verso minoranze, immigrati e persone svantaggiate.
Ma qual è il senso della tolleranza?
In generale, quando si parla di tolleranza nel suo significato storico, ci si riferisce al problema della convivenza. Nel nostro tempo, il termine ha assunto un significato molto più ampio, che include anche il significato di tolleranza religiosa sì, ma non solo: esso abbraccia aspetti che spaziano dal problema della convivenza delle minoranze etniche, linguistiche, razziali, in generale di coloro che si etichettano come i “diversi”, e con le parole di Norberto Bobbio, possiamo affermare che è «come comprensiva di ogni forma di libertà, morale, politica e sociale».
Nella seconda metà del Cinquecento, l’deale di Erasmo da Rotterdam,che aveva proposto le humanæ litteræ,fu solo un lontano ricordo, che lasciò spazio a toni aspri in nome della fede. Filosofi come Bayle, Locke, Voltaire e Spinoza teorizzarono, in questo clima, la libertà di professare religioni diverse, associando il termine “libertà” a quello di “fede”. Dopotutto, il Cinquecento è designato come un secolo turbolento, che vide l’affermarsi della Pace Augustea sancita da Carlo V nel 1555, con la quale cattolici e protestanti affermarono il principio “cuius regio eius religio”.
Proprio Bayle tenne a mente il proposito di Erasmo da Rotterdam e tracciò la cosiddetta “via individuale” alla tolleranza, fondata sull’autodeterminazione individuale, che si contrappose alla religione istituzionalizzata voluta dalle autorità ecclesiastiche e statali.
Piuttosto,nel “Trattato sulla Tolleranza”, scritto da Voltaire nel 1763, il filosofo illuminista francese rifletteva su una vicenda di cronaca che vide mandare alla forca (su prove inconsistenti, fanaticamente religiose ed arbitrarie) un innocente padre di famiglia, Jean Calas, sospettato di aver ucciso il figlio per impedirgli di convertirsi al cattolicesimo. Molti anni dopo, la magistratura, rife il processo scevro da storture estremiste, e scoprì che il giovane inquieto si era impiccato. Ma intanto il padre, la madre e le sorelle del giovane avevano subito la gogna pubblica.
E dunque Voltaire si interrogava sull’intolleranza e la furia dei suoi concittadini, mantenendo la sua fiducia nella ragione e la temperanza, puntando il dito sui sentimenti d’intolleranza che nascono in seno alle correnti religiose più buie e scrisse questo trattato dove esaminò molte declinazioni degli atteggiamenti intolleranti, a volte anche rivendicati dai più estremisti.
Non posso non ricordare le sue parole :
“il diritto dell’intolleranza è assurdo e barbaro: è il diritto delle tigri. Anzi è ben più orrido, perché le tigri non si fanno a pezzi che per mangiare, e noi ci siamo sterminati per dei paragrafi”
Ma veniamo a tempi più recenti.
Il 16 novembre 1995 gli Stati membri dell’UNESCO adottarono la Dichiarazione dei principi sulla tolleranza che fra i suoi numerosi articoli sostenne che solo la tolleranza poteva garantire la sopravvivenza delle comunità miste in ogni regione del globo.
Un anno dopo, nel 1996, con delibera del 14 Luglio (A/RES/51/95) i Paesi membri dell’ONU proclamarono il 16 Novembre “Giornata internazionale per la Tolleranza” allo scopo di ricordare i principi ispiratori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dalle Nazioni unite il 10 Dicembre 1948 ed invitarono i paesi membri a festeggiarlo col dovuto riguardo.
Da allora l’anno 1995 fu dichiarato l’“Anno delle Nazioni Unite per la Tolleranza”.
Fu poi nel 2005 che venne adottata la risoluzione A/RES/60/1. Con essa si richiedeva un impegno da parte dei capi di Stato e di governo a promuovere il benessere umano, la libertà e il progresso in tutto il mondo nonché a diffondere i principi della tolleranza, del rispetto, del dialogo e della cooperazione tra diverse culture, civiltà e popoli.
La tolleranza si declina pertanto non solo in termini di dovere morale dell’individuo, ma anche in termini di parametro fondamentale nell’orientare l’attività di questi, dei gruppi e degli Stati.
Questi ultimi hanno pertanto il dovere di contrastare le forme di intolleranza, predisponendo un apparato legislativo in grado di tutelare il rispetto dei diritti umani, promuovendo il dialogo ed il confronto indispensabile a creare nei cittadini una matura consapevolezza sul tema – anche attraverso sistemi di istruzione efficienti – e tutelando la libertà di informazione ed il pluralismo.
Non sono meno vere,infatti, le parole di Karl Popper “La tolleranza, al pari della libertà, non può essere illimitata, altrimenti si autodistrugge.”
Perche’ la tolleranza è un qualcosa che non va dato per scontato bensì va insegnato, nutrito e soprattutto difeso dagli attacchi degli intolleranti.
Perché, parafrasando Rinaldo Sidoli ,arriverà un giorno in cui ogni diversità non sarà tollerata, ma celebrata. E quel giorno gli uomini dovranno essere stati orgogliosi di aver vissuto nel giusto.
Daniela Piesco
Vice Direttore www.progetto-radici.it
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