Al via il Festival di Sanremo
E così tanto tuonò che piovve. Il Festival della Canzone Italiana detto “di Sanremo”, spalanca le porte sul vuoto. Niente spettatori in sala. Al di là del senso metaforico l’Ariston i suoi ingressi li terrà ben serrati al pubblico, causa pandemia. Chi vuole, la manifestazione, in programma dal 2 al 6 marzo, la si potrà seguire in TV, ovvero alla radio come un tempo, dal 1951 al 1954. Nel 1955, infatti, una parte della serata fu ripresa dalla giovanissima televisione. Fu in occasione della quinta edizione, presentata da Armando Pizzo e Maria Teresa Ruta. No, non quella che abbiamo visto deambulare nelle stanze del Grande Fratello Vip, bensì la zia per parte di padre. Fu una cantante e presentatrice, iniziò a lavorare i Rai nel ’53, condusse due edizioni del festival Una carriera niente male.
Quella sera la Tv si collegò con Sanremo alle 22,45, subito dopo la conclusione dello spettacolo di varietà condotto da Vianello e Tognazzi “Un Due Tre”. Da quel momento la manifestazione canora sarà un appuntamento fisso per i teleutenti.
Di certo, anche nell’occasione di questo festival, ci sarà chi afferma di non assistere più allo spettacolo da un sacco di anni: “Sanremo non è più quello di una Volta”. Ma nulla è più come una volta, le donne, gli uomini, gli spettacoli, i costumi, non sono più “quelli di una volta”. Non occorre scomodare Eraclito “lo scuro” (perché capirlo era un problema) per accorgersi e affermare che non ci si bagna due volte nello stesso fiume.
In ogni caso, come abbiamo già detto in altra occasione, la rassegna ne ha fatta di strada da quel 29 gennaio 1951, quando pochi avventori, al prezzo di lire 500, si assicurarono un tavolo nel Salone delle Feste del Casinò Municipale di Sanremo, al fine di assistere alla prima edizione della manifestazione. Tre i protagonisti di quella memorabile serata:
-Il presentatore, Nunzio Filogamo. Voce già nota dell’Eiar prima e della Rai poi, divenuto famoso anche per il suo celebre saluto al pubblico: «Miei cari amici vicini e lontani buonasera, buonasera ovunque voi siate!».
Nato a Palermo nel 1902, deceduto a Rodello (CN) nel 2002, dopo la laurea in legge e pochi anni di professione, e pochissimi di teatro, approdò all’EIAR (la Rai di allora) nel 1934, dove era stato chiamato da Riccardo Morbelli per interpretare la figura di Aramis nello spettacoo radiofonico “I Tre Moschettieri”. Fu questa una realizzazione che ebbe un successo di ascoltatori straordinario, tanto che fu presente nei palinsesti per tre anni, guadagnando via via sempre maggiori consensi.
Nunzio Filogamo, presenterà i festival dal 1951 al 1954 per poi tornare alla ribalta nell’edizione del 1957. La sua carriera andrà oltre Sanremo. Ultima apparizione nel 2000, in occasione di un’intervista per la trasmissione La vita in Diretta, all’età di 97 anni. Morirà due anni dopo.
– Altro protagonista di quella memorabile serata fu il maestro Cinico Angelini e la sua orchesta. Nato a Crescentino, tra le risaie vercellesi, nel 1901, diplomato in violino presso quello che al tempo era il Liceo Musicale Giuseppe Verdi (diverrà conservatorio nel 1936) di Torino. Dopo alcune esperienze da orchestrale è chiamato a dirigere il complesso musicale che si esibisce nella più celebre sala da ballo del capoluogo piemontese, la “Sala Gay”. Questa aveva due sedi, la principale in via Pomba e quella estiva in Corso Moncalieri, nei pressi del ponte Vittorio Emanuele, vicinissima al Parco del Valentino. Per le dame, ingresso gratuito.
Collaboratore in campo musicale con l’Eiar, le cronache dell’epoca lo davano in perenne rivalità con l’orchestra di Armando Trovajoli e soprattutto con quella di Pippo Barzizza, anch’egli in Eiar. Quest’ultimo, come qualcuno ricorderà, era il padre della sinuosa soubrette “Isa”, interprete di tanti film al fianco di Totò (I due orfanelli, Fifa e Arena, Totò a Colori…).
Invitato al Festival, Angelini vi andò con la sua squadra di cantanti.
– Terzo punto di forza di quel primo festival furono gli interpreti e le canzoni. I primi, come detto, appartenevano tutti alla squadra del maestro: Nilla Pizzi, Achille Togliani, Duo Fasano. Voci note al grande pubblico della radio; le seconde non possono essere giudicate col metro di oggi, bensì, per onestà intellettuale andrebbero valutate nel contesto in cui nacquero.
Nilla Pizzi, classe 1919, l’indiscussa signora della canzone, fu l’unica interprete ad aggiudicarsi i primi tra posti in una sola edizione del festival (quella del 1952 con Vola Colomba, Papaveri e Papere e Una donna prega), nel ’51 vinse con Grazie dei fiori. Il 78 giri posto in commercio sul retro presentava la canzone Sorrentinella che, presentata dal Duo Fasano, non entrò in finale.
Fiori, canzoni, pubblico festoso, polemiche e scandali, “ricchi premi e cotillons”, questo fu nel tempo Il Festival della Canzone Italiana. Tranne l’edizione numero 17, che si svolse dal 26 al 28 gennaio del 1967, condotto per la quinta volta da Mike Bongiorno, in quanto fece da sfondo al controverso suicidio di Luigi Tengo in gara con “Ciao amore Ciao”.
La canzone non entrò in finale e per la coppia Tenco – Dalida fu un brutto colpo, soprattutto per il primo che al giornalista Daniele Piombi aveva predetto la sicura vittoria del brano, soprattutto grazie alla presenza della cantante italo francese. “Vedrai che venderemo più dischi noi”. Aveva tentato di consolarlo quest’ultima. Cosa non rara al festival, ad esempio nel 1952 a vincere fu Vola Colomba che pochi rammentano, ma il successo discografico andò a Papaveri e Paperi. Altro esempio nel 1954, vinse la canzone Tutte le Mamme, ma per le strade si cantava Arriva il Direttore (Battiam battiam le mani, arriva il direttor…). E così via. Ma a Tenco l’alternativa non fu una consolazione e si uccise.
L’immarcescibile, inossidabile, impermeabile Festival, aggiunge oggi un’altra candelina alla sua torta fatta a stivale, colorata quest’anno a macchie di leopardo o all’arlecchino.
Ma da domenica ci sarà certo qualcuno pronto ad affermare: ”E anche quest’anno il Festival ce lo siamo tolti dalle scatole”.
Giuseppe Rinaldi