Verso una nuova prospettiva Europea, quale unico sospiro di unità
Di Giuseppe Trizzino
Oggi, una critica imponente, solidale, per un radicale cambiamento di “ questa Europa” è un imperativo giustificato dagli eventi, se non l’unica via per una presa di coscienza civica e politica.
L’UE, non è riuscita a far sentire i propri popoli parte integrante o ancor di più protagonisti del progetto che, è rimasto solo di una minuta parte di eletti e privilegiati oligarchi.
La sola moneta o le politiche periferiche dalle strategie nazionali, non rappresentano ciò che l’Europa dovrebbe essere, ciò che meriterebbe d’essere e ciò che potrebbe essere.
Lo scandalo del fallimento dell’Europa nell’approvvigionamento dei vaccini mette in luce una carenza contingente dell’architettura comunitaria, oltre a far luce su gravissime assenze e storture del meccanismo istituzionale.
E per di più, è uno obbrobrio che viene dopo il fallimento voluto dalla Ue sulle politiche migratorie, la mancata riforma del trattato di Dublino e l’ancor più grave scandalo del pareggio di bilancio e ai parametri di Maastricht che, per anni ci hanno penalizzato e che solo il tifone pandemico ha incrinato.
Pertanto sia nei rapporti endogeni, l’Ue non gode di buona salute verso i suoi popoli così come nei rapporti esogeni l’unione si è mostrata verso i partner inefficace ed inefficiente, con buona sorte per gli USA, Russia e Cina.
È necessario che la società civile e la cultura inizi a parlare con gli italiani prima, e che su quel solco avvìi un grande dibattito con le intelligenze sane e rappresentative delle esigenze ed aspettative delle altre nazioni.
Perché un cambiamento se non avviene dal “ palazzo” necessariamente deve almeno partire dalla “ piazza”, altrimenti la fiammella si spegne e tutto si dissolve.
Tornando ai fatti, i disastri europei sui vaccini derivano da carenze profonde dell’architettura comunitaria, così scopriamo che, gli europei sono stati battuti dall’America, dall’Inghilterra, da Israele e dal Giappone perché questi paesi si sono posti come soci, come partner industriali dei Big Pharma, e l’Ue invece si è posta come cliente.
Questo, per la triste ragione che la Ue non è in grado di concepire, neanche in questa terribile emergenza, sé stessa come un unico soggetto industriale. Di più, come un unico soggetto.
Questa Ue è una sorta di ibrido e per di più alieno ai popoli.
È federale solo e unicamente sulla moneta e sul mercato, diventando confederale sulla difesa, sulla politica estera, sulle politiche fiscali e sulla sanità e quindi sui piani pandemici.
È come costruire un corpo umano con un cuore che pompa sangue per l’organismo ed allo stesso tempo omettere un sistema immunitario nel caso di influenze.
In questa assurda vicenda pandemica, scopriamo ad esempio, che l’agenzia europea sui farmaci la “European Medicine Agency”, impiega per sue burocratiche limitatezze, il triplo dei tempi, delle agenzie nazionali di Stati Uniti, Inghilterra, Giappone e Israele, per omologare i vaccini, anche perché invischiata ( se non sedotta) in rapporti confusi con le agenzie nazionali.
Ci si accorge che nei fatti non esiste “un piano pandemico europeo omogeneo” e, che l’Ue si basa sui piani pandemici nazionali (e quello Italiano è datato – anzi copiato 2008).
Così s’accerta, passo dopo passo che tutto questo decadimento istituzionale, tutta questa frammentazione e impreparazione funzionale ha impedito alla Ue di fare quel che si fa in ogni contratto, “ stabilire delle penali per la mancata consegna delle merci “, in questo caso, dei vaccini.
Il prezzo di queste deficienze strutturali, non solo funzionali, della Ue dunque, è gravato sui cittadini dell’unione, i quali hanno pagato loro la “ penale”, lasciando sul letto migliaia di morti per il ritardo nella campagna vaccinale.
Tutto questo, il quadro rappresentativo del problema esistenziale, prima che politico, in cui vivacchia non solo la struttura UE ma anche il popolo di un intero continente.
Rimane una grande amarezza, ed è la consapevolezza che accompagna la certezza secondo cui, la disgrazia vaccinale europea deriva anche da un limite strutturale dei trattati di Lisbona che regolano i rapporti comunitari, dopo il fallimento del tentativo di dotare l’Ue di un Trattato Costituzionale con l’abortita Convenzione del 2005.
È ora che la società e la cultura Italiana e di tutti i popoli uniti si facciano carico di una proposta forte, in raccordo con altre esigenze europee, per superare questo vulnus della architettura comunitaria, partendo da questa esperienza per giungere ad una fattiva e concreta unione statale Europea.