Il Covid e la dottrina dello shock. Giù le mani dall’Informazione
Oltre a provocare danni alla salute delle persone con decine e decine di migliaia di decessi e situazioni invalidanti di diverso tipo, non ultime quelle di tipo relazionale o psicologico, la pandemia da Coronavirus ha avuto anche un impatto negativo sulla democrazia e sulla libertà di informazione nel mondo.
È questo l’allarme lanciato nel suo ultimo rapporto da Article 19, l’organizzazione che a livello internazionale si occupa della difesa delle libertà democratiche come quella di opinione, di espressione, di comunicazione nel rispetto del libero pensiero di ognuno e indipendentemente dal colore della pelle, dall’appartenenza religiosa o politica e dal tipo di etnia Molti governi hanno adottato misure che limitano l’accesso alle informazioni relative alla pandemia. Alcuni stati hanno approfittato del contesto per ridurre i diritti umani o per avere “pieni poteri” e non solo nella gestione del Covid-19 ma anche contro gli avversari politici.
E la situazione che emerge dallo studio dell’International Institute for Democracy and Electoral Assistance (Idea) di Stoccolma non è più confortante: mentre i governi democratici usano divieti e restrizioni per fermare l’avanzata del virus ed i relativi contagi, le democrazie illiberali e i regimi autoritari usano la pandemia per silenziare gli oppositori. Questo è accaduto e sta succedendo anche in Europa oltre che in Africa ed in altre numerose altre Nazioni nel mondo. Durante la pandemia in gioco non c’è solo la salute e la sicurezza delle persone, ma anche le loro libertà fondamentali a cui le stesse hanno pieno diritto ed in particolare il diritto all’informazione: «La loro riduzione o distorsione danneggia la stessa lotta alla pandemia». Lo stesso rapporto di Article 19 sottolinea, anche, come le informazioni rese pubbliche dai governi debbano seguire standard precisi, tra i quali: la regolarità, la credibilità. la fondatezza e l’accessibilità a tutti. Per molti Stati garantire alla popolazione e ai media l’accesso a informazioni e dati, non è visto purtroppo come prioritario. Per altri, la segretezza viene imposta per limitare le critiche nei confronti dei processi decisionali o per nascondere il tentativo di instaurare una vera e propria dittatura. Tutto questo viola gli obblighi del diritto internazionale in materia di accesso alle informazioni che riguardano la salute pubblica. «Questo è il momento in cui i governi devono essere trasparenti e responsabili nei confronti delle persone che stanno cercando di proteggere». A dirlo è stato António Guterres, segretario generale dell’Onu;i dati dello studio dell’International Institute for Democracy and Electoral Assistance confermano che tale appello non è stato ascoltato: su 163 Paesi considerati, 97 hanno, infatti, fatto ricorso a poteri emergenziali.
In Paesi come il Vietnam, lo Sri Lanka o il Marocco, i governi stanno facendo ricorso alle leggi per arginare le “fake news” con l’intento di perseguire gli oppositori politici o silenziare la parte critica della società civile. La situazione sin qui descritta non diventa più rosea sulla base del report dell’associazione Reporter senza frontiere – World Press Freedom Index 2020, secondo cui esiste una chiara correlazione tra la soppressione della libertà dei media in risposta alla pandemia di coronavirus e la classifica di un paese nell’indice.
La Cina ha censurato ampiamente tutte le informazioni sui maggiori focolai di coronavirus. In Iraq, le autorità hanno revocato la licenza all’agenzia di stampa Reuters dopo che aveva scritto un articolo interrogandosi sulla verità dei dati ufficiali dei contagi. L’emergenza sanitaria ha offerto ai governi autoritari l’opportunità di attuare quella che Reporter senza frontiere chiama “dottrina dello shock” per sfruttare il disorientamento dei cittadini, al fine di imporre misure che sarebbe impossibile attuare in tempi normali, come impedire ai giornalisti di svolgere il loro ruolo di quarto potere.
È per tutelare il ruolo dei giornalisti, vista anche la mole di informazioni che servono per leggere l’oggi, che il vicedirettore generale dell’Unesco per l’informazione, Moez Chakchouk, ha sottolineato l’importanza della sicurezza dei giornalisti durante la pandemia. «Sono gli Stati che devonogarantire la sicurezza dei giornalisti monitorando e tenendo sotto controllo la crisi sanitaria e le sue implicazioni sociali, in conformità con le norme internazionali sulla libertà di espressione». È proprio in tempo di emergenza sanitaria che l’importanza del giornalismo rigoroso e affidabile non può essere sottovalutata per uscire dalla crisi. Intanto la Norvegia, per il quarto anno consecutivo, è in testa all’indice, mentre la Finlandia è in seconda posizione. Segue la Danimarca al terzo posto. Pochi cambiamenti all’estremità opposta. La Corea del Nord ha preso l’ultima posizione al Turkmenistan, mentre l’Eritrea continua ad essere il Paese con il peggior ranking dell’Africa. Una persona su due nel mondo non ha quindi accesso ad una libera informazione anche durante la pandemia. Noi europei, possiamo godere di questa libertà «che permette di garantire l’esistenza di tutte le altre libertà», secondo Christophe Deloire, direttore di Rsf. L’Europa continua ad essere il continente più favorevole per la libertà dei media.
Oggi, però, questa libertà non è più al sicuro. A Malta, diventata un’isola strategica per i traffici transnazionali delle mafie, la giornalista Daphne Caruana Galizia è stata uccisa per aver descritto un sistema di riciclaggio di denaro sporco. E continuano ad intrecciarsi le inchieste giornalistiche con quelle della magistratura che vedono il governo de La Valletta coinvolto nel traffico di esseri umani e di migranti. Ma non è tutto oro quello che riluce, anche in Europa si temono limitazioni alla libertà di stampa; in Ungheria, i politici dell’opposizione al governo del detentore dei “pieni poteri” Viktor Orbán sono stati arrestati o pesantemente perquisiti e malmenati per aver condiviso articoli e post social critici nei confronti del governo di Budapest e della sua gestione del coronavirus. I provvedimenti della polizia sono legalmente legittimati dalle misure “anti-allarmismo”, etichetta che fa paura, approvate dalla maggioranza che sostiene Orbàn.
Lo stato d’emergenza giustificato dalla pandemia consente inoltre alle autorità magiare di infliggere pene carcerarie da 1 a 5 anni per la diffusione di “notizie allarmiste”. Una pugnalata all’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani: «Ogni individuo ha diritto alla libertà”.
La libertà di stampa e di informazione soprattutto quella libera e indipendente , sia cartacea che on line, che non ha padroni per dirla in italiano, non si tocca, è necessaria però una mobilitazione planetaria per erigere un muro che tuteli queste libertà fondamentali, tuteli i giornalisti che rischiano la loro vita per fare giungere nelle case le notizie e le informazioni provenienti da ogni angolo del mondo; un servizio utile non solo per conoscere ed essere informati ma per fare crescere le persone sul piano culturale, sociale e relazionale, Il Corriere Nazionale sarà come sempre in prima fila in questa battaglia che è soprattutto una battaglia di civiltà e di rispetto della democrazia.
Giacomo Marcario