I maestri italiani del dopoguerra ad Art Basel 2021
Cardi Gallery, in occasione di Art Basel 2021 e nell’ambito della viewing room online “Pioneers“, presenta dal 25 al 27 marzo le opere d’arte di otto maestri italiani del dopoguerra. Attraverso una selezione intitolata “Pioneri della terra e dei cieli”, la galleria propone otto opere prodotte tra il 1966 e il 2010 da artisti che, allontanandosi dall’uso dei medium artistici tradizionali e sfidando il rapporto tra spettatore e arte, hanno avuto un ruolo significativo nel cambiare il corso dell’arte contemporanea.
Primo fra tutti Mimmo Rotella, che, durante tutta la sua carriera, ha sviluppato nuove tecniche per superare i limiti della pittura: il décollage negli anni ’50, l’emulsione fotografica e l’artypo negli anni ’60, il blank negli anni ’80. La Diva (1963) è uno dei primi esempi delle sue emulsioni fotografiche, in cui l’artista trasforma la tradizionale tela in una superficie fotografica su cui proiettare immagini ingrandite provenienti da riviste o dal proprio corredo iconografico. Il suo vocabolario visivo attinge costantemente dalla cultura pop, dalle icone del cinema, della pubblicità e della cronaca trasformandole nel soggetto per eccellenza di città in continua evoluzione e di un’economia in forte espansione. L’atteggiamento ribelle di Rotella verso lo spazio sacro della tela e l’atto del dipingere, così come la sua giocosità con i materiali quotidiani, fanno di lui un pioniere nello sviluppo dell’arte italiana del dopoguerra.
Come Rotella, anche Alberto Biasi allarga gli orizzonti della pittura attraverso l’assemblaggio di materiali di produzione industriale. La sua opera Drops in Lewisham (1974) evoca l’immaginario di gocce tremolanti attraverso un processo cinetico virtuale in cui strisce di PVC e acrilico sono animate dal movimento dello spettatore davanti all’opera, creando così nuove forme che guidano lo sguardo. La presenza dello spettatore è necessaria per completare l’opera, poiché stabilisce una relazione cruciale e attira l’attenzione su un elemento performativo e temporale di un’opera a parete.
Questo atteggiamento è esemplificato anche dalla pratica di Michelangelo Pistoletto e dalle sue serie di quadri specchianti come Uomo dal cappello giallo e verde (1973), dove lo spettatore diventa fisicamente parte integrante del dipinto. Proprio come per Pistoletto lo specchio funge da ponte tra l’opera d’arte e il mondo del “qui e ora“, lasciando quindi che il quotidiano sconfini nell’opera, in Untitled (1983) di Mario Merz questa funzione è esaltata da una lancia leggera che trafigge una tela privata del telaio. Questo lavoro, dipinto astrattamente, richiama una forma simile a un gufo, tratta dal ricco bestiario dell’artista.
Nelle loro opere, questi artisti abbracciano gli elementi naturali nella loro organicità più povera e più semplice: ghiaccio e sale. Poi, li elevano, associandoli a materiali industriali, come le stampe seriali per Rotella, strutture plastiche per Biasi, acciaio inox per Pistoletto, tubi al neon per Merz, fogli di piombo e un sistema di congelamento per Pierpaolo Calzolari e la sua opera Untitled (Black Salt) del 1986. Queste opere parlano della tattilità dell’arte, della sua capacità alchemica di trasformare ed elevare non solo soggetti naturali comuni e materiali di uso quotidiano, ma anche di sfidare la visione e attivare gli altri sensi attraverso il profumo del metallo gelido, la variazione di temperatura e il ronzio di un motore. Tutti questi artisti fanno riferimento al linguaggio pittorico, ma allo stesso tempo se ne allontanano, decostruendo l’Arte Pura attraverso approcci e assemblaggi creativi e singolari.
Alighiero Boetti rinuncia a parte della propria autorialità artistica. Cieli ad Alta Quota, un pezzo del 1988 dell’iconica serie Aerei, illustra l’approccio collaborativo dell’artista nella creazione di opere d’arte, che vede coinvolti colleghi artisti e dilettanti a disegnare i suoi aeroplani sullo sfondo dei cieli d’alta quota. Un’altra opera d’arte che mette in discussione i caposaldi dell’Arte Pura è il pezzo da parete del 1980 di Jannis Kounellis, Mensola. Quest’opera reinventa simultaneamente il linguaggio della scultura classica e della pittura; la tela è stata sostituita da una pesante lastra di ferro con mensole, sulla quale è esposta una piccola collezione di teste in gesso accanto ad alcuni materiali di artisti. Le sculture sono frammentate o macchiate di pittura colorata, gli stracci imbevuti di colore, i vetri rotti probabilmente appartenenti ad alcune cornici.
Un atteggiamento completamente diverso nei confronti della pittura è dimostrato dal silenzioso neo-espressionismo di Untitled (2010) di Mimmo Paladino. Untitled è un’opera su tela di grandi dimensioni che raffigura un colorato tableau a tecnica mista di elementi figurativi, forme geometriche e motivi decorativi, la testa umana rappresentata sia di profilo che frontalmente, una casa stilizzata e il numero 1. Le opere di Paladino sono intrise di misticismo, quest’ultimo è strettamente legato alla terra e profondamente radicato nella cultura italiana, ma allo stesso tempo si riferisce all’ultraterreno.