Non cercavamo ricchezza, ma libertà.Pjerin Gjoni
Un ponte con l’Albania a cura di Daniela Piesco
Vice Direttore www.progetto-radici.it
Ascoltare.
Condividere.
Essere equi e giusti.
Immedesimarsi.
Uguaglianza.
Accoglienza.
È tutto ciò che mi viene in mente quando penso alla parola pace.
(Daniela Piesco)
Pjerin Gjoni era tra i 24.000 che sbarcarono in massa a Brindisi dall’Albania trent’anni fa, il 7 marzo del 1991. Quando arrivò aveva 35 anni e già una laurea in medicina ma una volta in Italia ha dovuto rifare tutto e oggi presta servizio al 118 della città che lo ha accolto da giovane, ed è in prima linea contro il covid.
«E’ stata una mia scelta restare qui – racconta – per ricompensare l’Italia, Brindisi, per quello che è stato fatto per me, per il mio popolo».
Gjoni ha un ricordo nitido di quel che accadde allora: «Le luci della città restarono accese per tre giorni e tre notti, fummo accolti in casa dalla gente, io sono stato ospitato per un mese intero». Oggi indossa il camice, tutti i dispositivi di protezione individuale, e presta soccorso agli altri: «E’ un modo per restituire almeno un pò a un popolo che ha dato tanto, che merita di essere messo sul piedistallo per la sua solidarietà».
La storia
Trenta anni fa arrivò a Brindisi insieme a un fiume di connazionali albanesi: «Non cercavamo ricchezza, ma libertà», racconta. Oggi Pjerin Gloni ha 65 anni, è italiano nel cuore e sul passaporto e fa il medico del 118. Ogni giorno è in prima linea nella lotta al covid e col suo lavoro in questo anno di pandemia ha soccorso e aiutato quei concittadini che nel marzo del 1991 a loro volta lo accolsero e aiutarono. E’ sempre rimasto per scelta a Brindisi, dove si è creato una famiglia.
Pjerin racconta la sua storia con gioia. Ricorda ogni dettaglio di quei freddi giorni di marzo del 1991 a bordo di una delle prime carrette del mare che da allora in poi portarono decine di migliaia di albanesi disperati sulle coste pugliesi: “Fu il maltempo a salvarci. C’era mare grosso, dovettero per forza lasciarci arrivare in Italia».
Ma nei suoi ricordi è impressa l’enorme macchina dell’accoglienza che fu allestita in poche ore: «Il sindaco di Brindisi, Pino Marchionna era giovanissimo. Le luci della città rimasero accese per tre giorni, fummo accolti in casa dalla gente. Quello che è accaduto allora meriterebbe di essere ricordato sempre, con una ricorrenza». Quando arrivò, Gjioni aveva 35 anni e una laurea. Ma non poté far valere il suo diploma anche in Italia. Dovette nuovamente iscriversi all’università, a Bari: «Mi sono specializzato anche in virologia, ma ho scelto il 118» per salvare vite, per restituire tutto ciò che gli è stato dato.
«Il mio popolo ce l’ha nel Dna: se si riceve qualcosa, poi deve ricambiarlo in misura dieci volte superiore».
Negli anni che sono trascorsi, da allora, ha incontrato gli studenti delle scuole, ha narrato mille volte quel «miracolo» che si realizzò con l’opportunità di avere una seconda vita.
«Sarebbe bello – dice – ritrovarsi tutti qui, un giorno. Tutti coloro i quali sono stati accolti all’epoca. C’è chi è diventato imprenditore, chi ha studiato. Brindisi sarebbe invasa». «Non fu facile, per nessuno – conclude – E ora l’incredibile, spontanea, accoglienza di quei giorni non va dimenticata».
Daniela Piesco Vice Direttore
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