Un “superman”italiano partito da Pesaro sta attraversando i vulcani del Costa Rica
DI ROBERTO ZANNI
“Sono 250 chilometri (circa sei maratone in una) divisi in sei tappe, 12.300 metri di dislivello positivo, mentre quello negativo è leggermente superiore, si corre attraverso vulcani, fiumi, selva, spiagge. Temperature oltre i 30 gradi che alla notte scendono attorno ai 5, umidità al 99%. Appena 47 i superman che hanno appena cominciato ad affrontare la Volcano Ultramarathon Extreme Race del Costa Rica, una delle competizioni estreme più dure al mondo: da venerdì 26 marzo e per tagliare, chi ci riuscirà, il traguardo ci vorranno sei-sette giorni”. Tra i “superman” anche un italiano: ne scrive Roberto Zanni su “Gente d’Italia”, quotidiano diretto a Montevideo da Mimmo Porpiglia.
“I concorrenti dovranno pensare a tutto: dalla logistica agli alimenti con uno zaino sulle spalle del peso che va dai 7 ai 13 chilogrammi, decide il concorrente. Sacco a pelo, contenitori per l’acqua (con un minimo di 2,5 litri) e pastiglie per purificarla, sali, cibo liofilizzato, coperta termica, torcia elettrica, coltello, bussola, protezioni contro il freddo della notte, kit di pronto soccorso i componenti obbligatori e per il resto decide il partecipante. L’organizzazione fornirà esclusivamente una piccola tenda per dormire e rifornimento d’acqua alla fine di ogni tappa. Condizioni ambientali estreme a cominciare dalla fauna: rane velenose, serpenti, giaguari.
E per la maggior parte dei 6/7 giorni necessari a percorrere i 250 chilometri si starà in solitudine.
Si può correre così? Si può, ma sono in pochi a poterlo fare, ad accettare la sfida, ancora meno a vincerla e prima d’ora (la gara ha fatto il suo ingresso nel calendario nel 2018) mai questa folle scommessa era stata accettata da un runner italiano.
Fino a quest’anno, perchè Davide Vitali, ingegnere di Pesaro, 52 anni, ha deciso che era arrivato il momento di infrangere questo muro che sembrava, almeno per il made in Italy, invalicabile.
E dal momento che il COVID è ancora ben presente, l’organizzazione ha creato una piccola bolla, con tutte le precauzioni possibili: dai test negativi prima di fare l’ingresso al camp zero, fino a quelli antigeni all’interno dello stesso e la compilazione del ‘Pase de salud’ predisposto dal governo del Costa Rica.
Precauzioni indispensabili anche se poi si andranno a incontrare condizioni ambientali senza eguali. Sfida contro condizioni ambientali quasi inumane, sfida contro se stessi. Da soli contro tutto. E nessuno ti aiuta. Ecco la ultramaratona che si sta correndo in Costa Rica.
E l’ingegnere Davide Vitali, che solo da qualche anno, per l’esattezza 8, si è messo a correre maratone, prima quelle normali, poi le ultra, da Pesaro è andato alla conquista del Costa Rica, ma in precedenza aveva corso la Marathon des Sables, poi ancora sfide terribili in Iran, Namibia, Oman.
Nel suo zaino ha quello che lo stesso ingegnere con il suo tema, ha calcolato gli servirà per sopravvivere in condizioni ambientali inumane. Campo base a 3000 metri, poi Volcano Cerro Pelado, Turrialba, Cerro Chato e Arenal. Nella quinta tappa si partirà da 400 metri sul livello del mare per arrivare, al termine, a quota 2691.
Se le ultramaratone rappresentano quelle competizioni con una lunghezza superiore ai 42,195 chilometri, la distanza ufficiale delle maratone dal 1924, per entrare nel circuito delle ‘estreme’ non bastano i chilometri da percorrere. Ci devono essere infatti condizioni ambientali impossibili o quasi da affrontare che nel corso degli anni hanno appunto trasformato i runner in ‘superman’ delle corse a piedi.
Si va così dal Costa Rica fino al Cile con l’Atacama Crossing, passando dagli Stati Uniti, Death Valley ‘The Badwater Ultramarathon’, quindi la des Sables in Marocco. Un elenco che si allunga ogni giorno, per spostare i limiti umani sempre più avanti”.