Popoli non masse.
La differenza tra democrazia numerica e democrazia quantitativa. Il post-moderno tradizionalismo.
Di Apostolos Apostolou
La filosofia occidentale alla mercé della verità più potente, respira l’enigma del pensiero ultrametafisico. Il decostruzionismo di Derrida, il filosofo Deleuze con il suo desiderio senza oggetto e corpo senza organi, anche Lacan con la sua teoria della Verità del linguaggio dell’Altro, e Foucault con il suo sforzo di raggiungere un silenzio che rappresenti finalmente una zona sottratta al potere degli ordini di discorso, tutti sono la narrazione filosofica che deve rimanere prigioniera nell’egologia trascendentale. Si chiude cosi un’età in cui la cultura ha svolto un ruolo politico d’importanza fondamentale, sia sotto l’aspetto dell’ideologia, sia sotto l’aspetto della scienza. Eppure ci sono culture che possono dare un’apertura. Il russo filosofo Aleksandr Gelyevich Dugin, è un intellettuale che immette tematiche e suggestioni tratte dal tradizionalismo.
Molti filosofi russi come Ivan Ilyn, (1883 – 1954), o come Nicolai Berdiaef (1871-1948) e Vladimir Soloviev (1853 -1948) avevano una influenza dalla filosofia di Kant o dalla filosofia di Hegel. Per esempio Ivan Ilyn era studioso di Hegel. Tutta la filosofia di Hegel secondo Ivan Ilyn è testa verso la verità “fuori di Dio nulla esiste”. Dunque la filosofia vera per Hegel si rivela come panteismo. E il problema di Hegel fu quello del passaggio assoluto al relativo, cioè da Dio al mondo. Putin aveva inviato in dono ai governatori regionali, una trilogia di titoli che comprendeva, oltre al “I nostri compiti” di Ilyn, la “Filosofia della diseguaglianza” di Berdjaev e la “Giustificazione del Bene” di Soloviev.
Nella filosofia di Nikolai Berdyaev ci sono influenze da Kant. Esamina l’auto-obbligazione, il concetto di un diritto esterno secondo Kant in generale deriva interamente dal concetto della libertà. Vladimir Soloviev, tocca l’ idealismo tedesco. Soloviev con la filosofia di unitotality, sosteneva una concezione che era radicalmente diversa da Hegel che concepì la bellezza come una proprietà delle idee e dell’infinito, un momento temporaneo di unione di queste idee col reale e il finito, per fuggire poi altrove.
Per anni i filosofi russi hanno visto con simpatia il nazionalismo tedesco, che era un nazionalismo con un carattere di una moderna religiosa. Fyodor Dostoevskij diceva che noi i russi dobbiamo decidere come vogliamo pensare, come tedeschi, o come greci? Se pensiamo come tedeschi saremo persone grossolane, e se pensiamo come greci saremo persone sensibili.
Un filosofo della “primavera russa”, (il cervello di Putin, “Putin’s brain) è Aleksandr Dugin, parla 10 lingue, e insegna all’ Università Statale di Mosca. A. Dugin denuncia l’ideologia della “società aperta” dei diritti dell’uomo, che significa essere consumatore, – secondo Occidente –cioè occuparsi della difesa esclusiva dei propri interessi, restare ancorato nel proprio particolarismo, come fosse una lobby. Ma anche Dungin, denuncia diritti dell’economia di mercato e del sistema democratico liberale com’è l’ideologia occidentale, propria della globalizzazione “ made in USA”. Che cosa fa l’Occidente per inserire paesi nel cammino della democrazia e del pluralismo? Li compra a colpi di dollari ed elargendo prestiti. Questa ideologia è un prodotto di americano centrismo che porta una forma globalizzata idiozia.
Dugin parla di Eurasia. Eurasia è una forma di naturalismo mascherato nella versione “heideggeriana”. Dugin sotto l’influenza dei Platone, Aristotele, Spengler, Leo Strauss, Baudrillard, e Heidegger, parla di “quarta teoria politica”. Come abbiamo la “terza via” di Heidegger, negli anni 1930, cosi come si chiama la “svolta” (Kehne), inaugurando il filosofo Heidegger una nuova stagione di pensiero. Qui decide Heidegger, di risalire all’essere non più muovendo dall’esistenza, ma ponendosi direttamente nell’ottica dell’essere, tramite un processo finalizzato a pensare “l’uomo in rapporto all’essere”, anziché “l’essere in rapporto all’uomo”. Durgin (vedi Alexander Dugin: Heidegger the Philosophy of Another Beginning) interpreta la “svolta” di Heidegger come tradizionalismo, e sposa la teoria della tecnica di Heidegger, (quando lui sosteneva che ci troviamo di fronte ad una tecnica piena dalla violenza, una tecnica pro-vocante, che domina l’essere), con il modello americano (cioè la globalizzazione) che applica una forma di nichilismo attivo.
Il concetto di Eurasia secondo Dugin, funziona come forma di civilizzazione alternativa alla civilizzazione occidentale. In questo senso l’Eurasia diventa sinonimo di conservazione del vecchio mondo, a fronte del nuovo mondo. Molti sostenevano che Durgin è un ideologo anti-occidente, che nega la società occidentale. Sicuramente è ispiratore della “quarta teoria politica”, che costruisce una forma di resistenza alternativa al postliberalismo, e insieme è critico del nostro mondo dal 1789 alla fine del XX secolo.
Gli intellettuali della Russia anche oggi sostengono che la prima Roma è caduta, dai barbari, la seconda Roma (Costantinopoli) è caduta dagli infedeli, la terza Roma non cadrà mai. La terza Roma è Mosca, la nuova civiltà ortodossa L’idea di Mosca come Terza Roma ebbe fortuna sin dall’antica Russia zarista. Dopo pochi anni dalla conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II (sovrano dell’Impero Ottomano) il 29 maggio 1453, alcuni nominarono Mosca Terza Roma o Nuova Roma. Cosi la Russia è una civiltà ortodossa, euroasiatica e non alla periferia dell’Europa.
Possiamo vedere come descrive Dugin, il tradizionalismo. «Bisogna notare che la “prima Roma” in questa visione ciclica ortodossa non è la Roma cristiana, ma Roma imperiale, perché la “seconda Roma” (o “nuova Roma”) era per i cristiani Costantinopoli, la capitale dell’Impero cristiano. Dunque l’idea stessa di “Roma” presso gli ortodossi russi corrisponde alla comprensione della sacralità come immanenza del Sacro, come “sinfonia” necessaria e inseparabile tra autorità spirituale e potere temporale. Per i tradizionalisti ortodossi la separazione cattolica tra il Re e il Papa non è concepibile e rivela l’eresia, chiamata precisamente “eresia latina”. In questa concezione russo-ortodossa si ritrova l’ideale puramente ghibellino in cui l’Impero è talmente valorizzato teologicamente che non si può concepire la Chiesa come qualcosa di estraneo e isolato da esso. Questa centralità della sacralità del Regnum nella tradizione russo-ortodossa si basa sull’epistola di Paolo dove vi è la questione del “katehon”, “colui che sostiene”, identificato precisamente con il Sacro Impero, l’ultimo ostacolo contro l’irruzione dei “Figli della Perdizione” – equivalenti dei Gog e Magog biblici. Dunque la concezione di Mosca Terza Roma, che è in qualche modo consustanziale al pensiero tradizionale russo, corrisponde perfettamente all’ideale evoliano ghibellino. Ancor di più, la denuncia del cattolicesimo e del suo ruolo nefasto nella decadenza dell’Occidente è in Evola quasi identica alle accuse dei cristiani ortodossi contro l’ “eresia latina”. Anche in questa occasione si vede la convergenza perfetta tra la dottrina di Evola e l’attitudine “normale” del pensiero conservatore russo. E ancora una volta, l’esaltazione spirituale e lucida dell’Impero nei libri di Evola diviene inestimabile per i russi alla ricerca della loro identità autentica e tradizionale. “L’imperialismo sinfonico” dei russi ortodossi riconosce facilmente la propria immagine nell’ “imperialismo pagano” o piuttosto “ghibellino” di Evola. Si può aggiungere ancora un dettaglio importante. Si sa che l’autore di “Terzo Reich” Arthur Mueller van den Bruck è stato profondamente influenzato dagli scritti di Dostoevsky per il quale l’idea di Terza Roma era centrale. Si ritrova presso van den Bruck la stessa visione escatologica dell’Impero Finale, in corrispondenza simbolica con le idee “paracletiche” dei montanisti e con le profezie di Ioachim de Flora. Moeller van den Bruck, le cui idee sono stata a volte evocate da Evola, ha adattato la concezione di Terza Roma della tradizione russo-ortodossa alla Germania, elaborando il progetto politico-spirituale ripreso in seguito dai nazional-socialisti. Dettaglio interessante: Erich Mueller, discepolo di Nikisch, che era stato assai ispirato da van den Bruck, ha suggerito che se il Primo Reich tedesco era stato cattolico, il Secondo Reich protestante, il Terzo Reich avrebbe dovuto essere precisamente ortodosso! Ma Evola partecipò egli stesso largamente al dibattito intellettuale della cerchia della rivoluzione conservatrice tedesca (l’ “Herrenklub” di von Gleichen, di cui egli era membro, era la continuazione dello Juniklub fondato da Moeller van den Bruck) dove argomenti simili erano vivacemente discussi. Ecco l’altra via intellettuale che unisce la corrente conservatrice russa e il pensiero di Evola. Evidentemente non si può qui parlare di concezioni identiche, ma vi è quanto meno un’affinità straordinaria e dei ravvicinamenti “naturali” sorprendenti che spiegano inoltre la facilità di assimilazione del messaggio di Evola in Russia dove le sue vedute appaiono molto meno stravaganti che in Europa dove il conservatorismo tradizionale resta per la maggior parte cattolico e nazionalista in senso moderno e assai raramente imperiale e legato al Sacro….Lo spirito ortodosso è contemplativo, apofantico, esicastico, comunitario e risolutamente anti-individualista. Il fine nettamente dichiarato dell’Ortodossia è la “deificazione” dell’uomo per via ascetica descritta nei termini puramente esoterici e utilizzando i procedimenti iniziatici. Questa via della deificazione è assolutamente un’altra cosa rispetto al misticismo exoterico occidentale dove si esalta l’umanesimo. Si tratta della visione tradizionale della realizzazione metafisica. In altri termini l’Ortodossia non è la religione intesa nel senso di Guénon (ripreso in seguito da Evola), perché non mira alla “salute dell’anima individuale”, ma alla realizzazione puramente spirituale e metafisica – dunque sovraindividuale e sovrapsichica. L’Ortodossia non è l’exoterismo necessitante dell’esistenza di società iniziatiche esteriori per giungere alla completa realizzazione spirituale (l’assenza storica di società iniziatiche fuori dalla Chiesa nei paesi ortodossi lo testimonia in una maniera sorprendente). E’ piuttosto la tradizione completa inglobante esoterismo ed exoterismo come nel caso dell’Islam. L`esempio più vicino a questa particolare della Chiesa Orientale si trova nello sciismo iraniano dove non vi è più distinzione netta tra il dominio esoterico ed exoterico (a questo proposito vedere Henri Corbin “L’homme de la lumiere”). …La tradizione della devozione passiva, della ricerca della salvezza individuale, l’egalitarismo postumo, etc., non caratterizzano l’essenza della Tradizione Cristiana contrariamente alle affermazioni di Evola. Ma è un argomento troppo complesso per essere trattato in questo scritto. Si solamente constatare che agli occhi dei cristiani orientali questo aspetto della critica di Evola non solo non è accettabile, ma resta poco comprensibile, perché i motivi propriamente giudeo-cristiani sono assai rari e marginali nell’Ortodossia. La Chiesa bizantina e dopo la sua caduta la Chiesa russa hanno ereditato la parte più sublime della tradizione ellenica incorporandola nell’insieme armonico della Rivelazione evangelica. Nella Chiesa orientale gli apostoli “gnostici” e controgiudaici sono particolarmente venerati – si tratta di S.Paolo, di Giovanni apostolo, di Andrea (patrono della Chiesa russa), etc. Al contrario, S.Pietro o S.Giacomo (i poli giudeo-cristiani del cristianesimo delle origini) hanno dei ruoli secondari. Lo spirito della Chiesa orientale resta molto caratterizzato dal marcionismo o monofitismo implicito. Il Cristo qui è soprattutto Pantakrator e lo Zar, il Dio della Seconda Venuta terribile e onnipotente. Eè anche lo spirito aristocratico e ascetico attivo ed eroico. Il punto culminante dell’affermazione cosciente di questa natura della Chiesa orientale era la santificazione di S.Gregorio di Palama, l’eminente esoterista cristiano la cui dottrina esicastica della Luce Increata e della deificazione ha scandalizzato tanto i cattolici che il settore filocattolico dell’Ortodossia. Questo stesso esicasmo è proprio alla maggioranza dei santi russi – S.Serge di Radohej, S.Nil Sorsky etc, fino agli artisti delle icone – Andrei Rubliev recentemente canonizzato come santo dal concilio della Chiesa Ortodossa russa. Dunque nel rifiuto assoluto del cristianesimo in quanto tale Evola pone un serio ostacolo alla sua assimilazione da parte del tradizionalismo russo. L’accettazione letterale del suo appello per il ritorno al paganesimo darebbe solamente effetti ridicoli a causa dell’assenza totale in Russia di residui della tradizione slava precristiana le cui parti migliori si ritrovano piuttosto nella particolarità della tradizione ortodossa specificamente russa che nei frammenti incoerenti di miti e culti il cui senso e la cui logica sono completamenti dimenticati. L’adattamento dell’anticristianesimo di Evola alla realtà russa può prodursi attraverso l’accettazione della sua critica del cattolicesimo, dello spirito giudeo-cristiano con la ricerca simultanea degli aspetti positivi – eroici e virili – all’interno stesso della tradizione ortodossa e soprattutto nel dominio esoterico di questa, nel simbolismo delle icone, nell’esicasmo, nei procedimenti iniziatici della deificazione. Si può essere d’accordo con il rifiuto dello spirito “semitico” e con l’elogio dello spirito “ariano” ed “ellenico”. Ma in Russia tutto ciò è obbligato a rimanere nel quadro dell’Ortodossia cristiana, perché tali sono le condizioni storiche e “geografico-sacrali” della civiltà russa…( Alexandr Dugin, articolo con titolo: Julius Evola e il tradizionalismo russo.» Traduzione cura di “Belgicus”. Centro Studi La Runa)
Nell’ambiente culturale della “primavera russa”, esiste anche il filosofo Alexander Chumakov è un molto interessante filosofo della globalizzazione ma sarebbe più corretto dire della globalistica intendendo quindi non solo gli aspetti economici o politico-strategici ma anche quelli più ampiamente culturali nonché le diverse forme di civiltà, nella loro similarità e differenza. Secondo Alexander Chumakov, c’è una differenza tra globalismo e cosmopolitismo (vedi A. Chumakov: Century of Globalization, 2008) e sostiene che il globalismo dipende dalla cultura, e dalla civiltà, (triad of culture, civilization, and globalization).
Il XX secolo ha inventato due figure principali della mobilitazione: il rivoluzionario e l’animatore professionale, molte volte il rivoluzionario prende il ruolo dell’animatore professionale, ma sempre ha smesso di appassionare le folle dopo che le sue promesse di giustizia si sono rivelate un incubo, ma il secondo sembra invece votato ad una fortuna senza limiti. E oggi molti rivoluzionari diventano pop animatori professionali per esempio possiamo vedere che cose è successo con i protagonisti del maggio del’ 68. Lo sforzo di Dugin è una svolta antropologica, un dialogo col mondo che può aprire le porte E, la domanda che giace silenziosa tra le sue righe è: i popoli possono essere diventanti protagonisti della storia? Possiamo anulare la differenza fra democrazia numerica e quantitativa?
Il filosofo russo Dugin risponda alla famosa frase di Anna Karinanel, Pierrot le Fou di Jean-Luc Godard: «Cosa posso fare?».
Apostolos Apostolou
Scrittore e Professore di Filosofia.
Corrispondente Progetto Radici Atene Grecia