L’esercizio abusivo della professione di giornalista
Di Antonio Peragine
Esiste una convinzione latente, diffusa e, ahimè, condivisa da vittime e rei in Italia cioè quella che non sia tanto grave abusare di un titolo professionale.
Un abbaglio autolesionistico e clamoroso da cui occorre riaversi alla svelta.
Perché?
Perché sono pochi i giornalisti che hanno piena coscienza del proprio ruolo professionale nella società e che capiscono quindi quanto dannoso, ingiusto e pericoloso sia, per tutti (lettore compreso), lasciare a chiunque, in tema di informazione, “libertà di titolo“.
Perché l’ ‘Italia è piena di falsi giornalisti.
Perché nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’albo professionale. La violazione di tale disposizione è punita a norma degli articoli 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca un reato più grave.
Lasciando stare quelli che vengono trattati come giornalisti senza che lo siano o quelli che lo lasciano credere e si fanno chiamare tali senza affermarlo apertamente , vorrei concentrarmi su quelli che lo scrivono sul biglietto da visita, i curriculum e addirittura sui social: io stesso ne conosco una buona decina e forse di più.
È la logica balzana dei tanti che dicono che “giornalista è chi lo fa“.
No, giornalista è chi lo è .
Chi lo fa senza esserlo, invece, esercita abusivamente la professione e usa abusivamente il correlato titolo.
Da nessun’altra parte, si sente dire che “carabiniere è chi lo fa“, “chirurgo è chi lo fa“, “ingegnere è chi lo fa“ :ogni qualifica professionale ha una sua ragione d’essere.
Anche per i giornalisti.
Ripetiamolo a chiare lettere e a gran voce perché i risultati di questa confusione si vedono.
Notizie vere, notizie finte, notizie manipolate, e propaganda finiscono tutte nel medesimo calderone che appunto non mira certo a informare, bensì a manipolare l’opinione pubblica, a sollecitare mercati e consumi, a camuffare la fantasia da realtà, a fare marketing.
Altro che abuso della professione, purtroppo. Siamo all’abuso della credulità delle persone che inconsapevolmente appaiono contente di essere abusate
La confusione non è solo nel manico, ma anche nel lettore.
Gli italiani del resto si sono talmente abituati alla confusione dei ruoli che ormai non li distinguono più. Opacità totale. Perduti di vista gli interessi, non si coglie neppure il conflitto tra i medesimi.
Bisogna fare le necessarie segnalazioni riguardanti l’esercizio abusivo della professione da parte di persone che esercitano attività giornalistica senza essere iscritte all’Ordine professionale, e di concorsi di enti pubblici o conferimenti di incarichi di uffici stampa senza la precisa indicazione della qualifica di giornalisti per coloro che vi partecipano.
Lo ritengo opportuno!
E dovrebbero ritenerlo tale anche i vertici di tutti gli ordini regionali .
Bisogna ricordare ai colleghi le principali norme che regolano la materia.
La necessità che chi esercita la professione di giornalista sia iscritto all’Ordine è particolarmente evidente nel caso degli uffici stampa degli enti pubblici. In base alla legge 150 del 2000, infatti, c’è una netta distinzione tra la figura del Portavoce (Art. 7) che ha “compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione” ma può non essere un giornalista, e gli Uffici stampa (art. 9), “costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti”.
Il capo ufficio stampa “…cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell’amministrazione”.
Se non si contrasta l’abuso ci sarà un’abolizione di fatto della categoria.
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Antonio Peragine
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