Ambasciatore Vigo: “L’ospedale Italiano si farà”

Ambasciatore Vigo: “L’ospedale Italiano si farà”
Mauro Bafile

CARACAS – Politica: “La presenza di esponenti dell’Opposizione nel Consiglio Nazionale Elettorale rappresenta un grosso passo avanti”. Società: “La già difficile situazione del paese è stata ulteriormente aggravata dalla pandemia”. Collettività: “Importante la partecipazione alle elezioni del Comites il 3 dicembre”. Consolato Generale: “Prossimo l’avvio della digitalizzazione dell’archivio”. Ospedale Italiano: “Un’impresa tra le più importanti nella storia del Venezuela”. L’Ambasciatore d’Italia a Caracas ha parlato proprio di tutto. E lo ha fatto senza esitazioni. Quella con Placido Vigo è stata più che un’intervista una conversazione a 360 gradi, avvenuta grazie ai vantaggi del mondo digitale con il quale siamo costretti a convivere obbligati dalla pandemia.

Il primo argomento affrontato non poteva che essere la situazione attuale dell’Ospedale Italiano, un’opera nella quale l’Ambasciatore Vigo crede fortemente. E che per i connazionali meno abbienti sarebbe un importante salvagente, in molti casi farà la differenza tra la vita e la morte.

– Come si ricorderà – fa un po’ di storia il nostro Ambasciatore – il primo febbraio del 2020 fu firmato lo statuto della Fondazione. Non siamo riusciti, però, a costituire il Consiglio Direttivo, cosa che tutti auspicavamo. Durante la pandemia – prosegue – ne è stato nominato uno.

Tra le raccomandazioni dell’Ambasciatore Vigo al Consiglio Direttivo, c’era anche la firma di un accordo con il Consolato Generale d’Italia che aveva sottoscritto una convenzione con il “Grupo Médico Dr. J.Soteldo”.

L’Ambasciatore Placido Vigo

Individuata la possibile struttura che opportunamente riformata sarebbe dovuta diventare la sede dell’Ospedale Italiano, l’Ambasciatore Vigo, trattandosi di un’iniziativa intergovernativa, procedeva ad informare le autorità competenti. Spiega che non si può aprire un ospedale senza che i governi lo sappiano. A brevissima scadenza, e in risposta alla lettera da lui scritta per indicare che era stata individuata una possibile sede ed esprimere la volontà di iniziare un negoziato, gli fu comunicato che quella sede era stata requisita per ospitare i malati di Covid.  Il Governo, comunque, ne promise un’altra o un terreno. Ma, sostiene l’Ambasciatore, quelle offerte sono “opzioni assolutamente non percorribili”.

– Giorni fa – commenta -, ho informato che il Consiglio Direttivo sarà cambiato. Il comitato promotore sarà convocato a breve scadenza. L’obiettivo – assicura – è sempre lo stesso. Purtroppo, con la pandemia le difficoltà sono aumentate. Tutti coloro i quali volevano partecipare si sono tirati indietro; molti imprenditori si sono trasferiti all’estero. Le sanzioni, poi, hanno creato ulteriori ostacoli. Ho intenzione di nominare un nuovo Consiglio Direttivo che svolgerà compiti ben definiti e chiari.

È convinto che l’Ospedale Italiano sarà l’iniziativa più importante nella storia del Venezuela.

– La creazione di un ospedale, cosa che io fortemente voglio – asserisce -, beneficerà tutti. È una Fondazione senza fini di lucro. Solo mettendo in campo le forze migliori si otterranno i risultati sperati. Dobbiamo fare l’Ospedale Italiano – afferma -. E si farà. Andremo avanti a piccoli passi.

La realtà del Venezuela

Altro argomento affrontato, nel corso dell’interessante conversazione, è stata la situazione attuale del Venezuela: la crisi istituzionale ed economica, che viene da lontano; la lotta per arginare la diffusione della pandemia, in un Paese in cui è difficile se non impossibile rispettare le distanze e il confinamento; le sanzioni economiche che rendono difficile la quotidianità dei venezuelani; la finestra che si apre alla politica con il nuovo Consiglio Nazionale Elettorale. Chiediamo al nostro Ambasciatore una sua analisi.

– La situazione del paese – ci dice – è ancora molto grave. È evidente che sono stati fatti errori. Ma chi non ne commette? Il quadro generale si è aggravato con le sanzioni economiche. Credo che questo fosse d’altronde il loro obiettivo. Hanno reso ancora più difficile la vita quotidiana. La pandemia, era inevitabile, ha peggiorato ulteriormente la situazione. Il paese continua immerso in una crisi che non facilita una ripresa.

Sostiene che la comunità internazionale ha lanciato messaggi d’aiuto. È la sua interpretazione dell’accordo firmato tra il Venezuela e il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite.

– Solo qualche mese fa sarebbe stato impossibile – afferma -. L’accordo contempla l’arrivo di un team iniziale di 70 esperti, guidato da un italiano che spero di conoscere presto. Verrà, poi, un gruppo molto più numeroso che aiuterà nel programma di sostegno alimentare di cui si beneficerà circa un milione e mezzo di bambini.

Stando all’Ambasciatore Vigo, poi, messaggi positivi sarebbero arrivati anche dalla politica. Considera che la “partecipazione di esponenti dell’Opposizione nel Consiglio Nazionale Elettorale è assai importante, indipendentemente dalle critiche”.

– Se partiamo da un vizio di origine, e cioè dal mancato riconoscimento delle elezioni presidenziali e di quelle parlamentari – commenta -, è ovvio che si dovrebbe ritenere non valida, dal punto di vista giuridico, la designazione del nuovo Consiglio Nazionale Elettorale. Abbiamo incontrato molte persone, tra cui sindaci dell’Opposizione. Abbiamo anche incontrato coloro i quali erano candidati al Consiglio Nazionale Elettorale, per l’Opposizione. Riteniamo, ma credo che anche l’Unione Europea si sia espressa in questi termini, che le persone designate, anche se espulse dai rispettivi partiti, rappresentino l’Opposizione. Consideriamo che la loro presenza ad un tavolo, pur se in minoranza, serva per eventualmente denunciare brogli. Nessun governo, di nessun paese, cede all’opposizione l’intera gestione degli organismi. Quindi, la loro presenza permetterà, qualora ci fossero irregolarità, di denunciarle. È un grande passo avanti.

Dialogo ed elezioni

L’opposizione è divisa. C’è chi valuta la possibilità di partecipare alle prossime elezioni. E chi, invece, è contrario. Il nostro Ambasciatore ritiene che “se si abbandonano spazi, poi non si avranno basi su cui lavorare”.

– È difficile; è veramente difficile pensare che qualcuno ti ceda il potere in un piatto d’argento – spiega -. Si parla di un governo di transizione. È un mantra… Un governo è difficile farlo anche in Italia. Si fa col bilancino. Andiamo direttamente alle elezioni. Se il CNE fosse stato designato prima, forse in Parlamento oggi non ci sarebbero stati 256 “chavistas”. Forse ce ne sarebbero stati 70… 100. La maggioranza, comunque, l’avrebbe nuovamente avuta l’Opposizione. Auspico che ci possa essere un dialogo. Ogni piccolo messaggio va raccolto. Accusare immediatamente di cospirazione, collaborazione, complicità non è certo il cammino migliore per superare le difficoltà attuali.

Juan Guaidó, leader dell’Opposizione

– Il vero problema è la radicalizzazione della politica. I grigi, nelle sue complesse tonalità sono scomparsi. Si è “chavista” o non “chavista”. Non ci sono vie di mezzo. 

– Non esprimo giudizi – ci dice prudente -. Fotografo una realtà. In Venezuela la figura di Chávez è il prodotto della crisi del sistema politico. Un grosso settore della popolazione crede nella rivoluzione “bolivariana”. Chi è presidente, lo è di tutti. Non solo di alcuni partiti o di alcuni deputati. La riconciliazione nazionale significa riconoscere che non ci sono nemici ma avversari con cui si può dialogare per raggiungere un accordo. Tutto è migliorabile.

– Quando lei ha iniziato la sua missione, il Venezuela viveva già una crisi economica ed istituzionale di notevoli proporzioni. Per diplomatici navigati come lei, certe circostanze sono il pane quotidiano. Ma, in Venezuela, oltre alla crisi economica e sociale, che ha raggiunto proporzioni impensabili in un paese ricco di risorse naturali, all’instabilità istituzionale e alla radicalizzazione politica, che rendono difficili quando non impossibili il dialogo e la convivenza, si aggiunge l’inefficienza dei servizi pubblici e, soprattutto, la pandemia. Il Venezuela è investito da una tormenta perfetta. Immaginava di dover svolgere la sua missione diplomatica in circostanze così difficili? Ci può fare un bilancio?

– Chi, come me, dall’inizio della missione ad oggi, ha avuto la fortuna di visitare tante regioni del Venezuela, non può che innamorarsi del Paese – sostiene -. Non può che sentire un profondo attaccamento per questa terra… proprio come il “mal d’Africa”. Nei primi 9 mesi ho visitato ben 27 città. Ho notato immediatamente che la crisi era profonda e che, anche nell’ambito della sicurezza, permanevano gravissime problematiche. La pandemia è stata come una doccia fredda. I primi mesi sono stati terribili. Tutto era chiuso. Non si sapeva cosa sarebbe potuto accadere. Il governo Maduro, grazie anche al sostegno dei suoi alleati, è riuscito a superare questa fase terribile.  Osservo, sia detto “tra virgolette”, una normalizzazione. Pare che le persone si siano abituate. Permane, purtroppo, la fila di automobili nei distributori di benzina. Ma è ovvio che, se non si possono importare additivi, anche avendo tutto il petrolio del mondo è impossibile produrre carburante.

In quanto alla campagna di vaccinazione, osserva che il presidente Maduro è riuscito a pagare il denaro necessario per accedere al meccanismo Covax.

– Il Venezuela – aggiunge – ha la fortuna di avere una popolazione molto giovane. Ciò permette ai contagiati di superare la malattia. Ma la variante amazzonica è molto più virulenta. È drammatico che su 2200 morti, secondo i calcoli ufficiali –sottolinea-, 537 siano del settore salute. È deceduto il 25% dei medici, infermieri e assistenti sanitari.

Quindi, lo sfogo:

Nella Metropolinata

– I paesi ricchi non capiscono che questa pandemia colpisce tutti. È come quando si acquista un biglietto aereo. C’è chi viaggia in prima classe e chi in seconda. Ma se l’aereo cade, muoiono tutti. Non importa chi ha pagato di più o di meno.

Spiega che l’esperienza, nei secoli, ha dimostrato che le pandemie si superano confinando la popolazione e che, durante il confinamento, l’umanità si inventa nuovi lavori per sopravvivere.

– Il problema – aggiunge – è che se non riusciamo, come umanità, a consentire a tutti un piano di vaccinazione rapido, dalla pandemia non ne usciremo se non tra 10 anni. Questo è il tempo previsto di durazione secondo le statistiche. C’è chi ancora non ha capito che è necessario indossare la mascherina, lavarsi le mani con l’alcol e rispettare una certa distanza sociale. In questi giorni abbiamo assistito a scene assurde. Ad esempio, in piazza Duomo a Milano i festeggiamenti per l’Inter…

Scene assurde

Tornano alla mente le immagini di quanto accaduto in Italia, in Spagna ed in altre parti del mondo, all’indomani della fine dei confinamenti. Anche le manifestazioni di piazza dei negazionisti, naturalmente senza mascherine e senza rispettare le distanze minime di sicurezza. È vero, le libertà democratiche sono sacrosante. È vero che ognuno è libero di manifestare e di difendere le proprie opinioni. Ma non si può confondere libertà con libertinaggio né mettere a repentaglio la sicurezza di tutti. La nostra libertà finisce dove inizia quella del nostro prossimo.

– Sono una persona che non sta mai ferma – ci dice sorridendo -. Credo che la vita sia molto breve. Un diplomatico, poi, è in servizio le 24 ore del giorno. Sabato e domenica compresi. Come il medico… Se c’è un’emergenza non può dire: “Oggi è sabato non opero”. Siamo stati obbligati a chiudere l’Ambasciata per la “quarantena radicale”. Ma i Consolati non sono mai stati chiusi. Abbiamo fatto i turni. Abbiamo avuto numerosi contagi ed anche perdite a causa del virus. Capisco che questa situazione è difficile soprattutto per i ragazzi. Oggi è tutto più complesso, molto più triste, fuori dalla realtà. D’altra parte, dobbiamo tutelarci. Rimprovero sempre il Console Generale, Nicola Occhipinti. Gli dico di stare più attento. Negare un abbraccio, una stretta di mano, un bacio ad un connazionale o ad una connazionale non vuol dire volergli meno bene. Sono il primo a volerlo fare. Ma oggi non si può.

Le sanzioni

Le sanzioni economiche hanno inciso, e continueranno ad incidere, sulla quotidianità venezolana. Ma hanno anche riflessi nei rapporti tra stati, sia nell’ambito politico sia in quello economico. Chiediamo:

– Come hanno inciso nelle relazioni commerciali tra Italia e Venezuela?

– Le nostre sanzioni, quelle dell’Ue – precisa immediatamente -, non sono di carattere economico ma solo di indole personale, di carattere politico. Con esse si vuole inviare un messaggio. Quelle americane, dal 2017 – aggiunge -, hanno danneggiato l’aspetto economico commerciale. C’è la paralisi. Non so se sia il metodo migliore. Nella storia sono servite soltanto in Sud Africa, dove si è ottenuto effettivamente un cambiamento radicale.  Negli altri paesi, non mi sembra che abbiano avuto l’effetto sperato. Anzi, hanno determinato il rafforzamento del regime, come avvenuto in Venezuela. Quando sei attaccato, trovi il modo di compattare la popolazione per difenderti dal nemico.

Sostiene che bisognerebbe seguire il cammino del dialogo. Ma un dialogo vero, serio.

– Quali sono le aziende italiane che ancora operano in Venezuela?

–  Ormai quasi tutte sono andate via – ammette con rammarico -. Noi, in seguito ad un accordo firmato nel 2001, avevamo dei piani infrastrutturali molto importanti. C’erano aziende storiche. Ad esempio, Ghella che ha costruito importanti infrastrutture. Le nostre imprese sono tutte in attesa di vedere cosa accadrà. Anche il gruppo Eni che, in questo momento, si trova in difficoltà. Rischia, di essere sanzionato se compra o vende una goccia di petrolio…

– Qual è il ruolo che l’Italia può svolgere nel contesto europeo per aiutare il Venezuela a superare il clima di polarizzazione, ad imprimere una svolta come lei dice pacifica e democratica?

– Credo che stiamo svolgendo il nostro compito in maniera molto attiva – commenta -. La viceministra Sereni è sempre in contatto con tutti gli interlocutori in Venezuela. Il ministro è informato in prima persona. Nell’ambito dell’Unione Europea stiamo svolgendo un’attività di chiarimento e di trasparenza della reale situazione del paese. Nel gennaio del 2019, quando Juan Guaidó giurò come presidente ad interim, tutti pensavano che in poche settimane ci sarebbe stata una svolta. Gli stessi interlocutori dell’Opposizione oggi riconoscono di avere compiuto una serie di errori. In politica, bisogna prima saper organizzare il potere. Noi possiamo senz’altro aiutare, sostenere un percorso trasparente, indipendente, imparziale che permetta un accordo che conduca alla realizzazione di elezioni. Deve essere un cammino progressivo. Bisogna restaurare il clima di fiducia. Quindi, se da un lato si reclama giustamente la liberazione dei detenuti politici, la libertà di stampa, il recupero dei partiti politici, l’abbandono delle persecuzioni, dall’altro bisogna lanciare piccoli messaggi.

– Il chavismo sembra una realtà che non si può evadere…

– Certo – coincide -. Tutti devono collaborare in questa fase.

– Ci sono conversazioni per giungere ad un qualche accordo che permetta all’Italia di aiutare il Venezuela? Magari con vaccini, medicine… ci sono contatti o conversazioni in processo?

– Il piano di vaccinazione è nazionale.

– È gestito dal Governo, lo sappiamo. D’altronde è così ovunque…

Covid, in un mese dimezzati i ricoveri. (ANSA)

– Ed anche quello Covax sarà gestito allo stesso modo – spiega -. Avevo chiesto all’inizio della pandemia, ad un medico di fiducia di verificare la possibilità d’importare dei farmaci per la vaccinazione. Fu quando si cominciò a parlare del vaccino. Mi rispose che alcune case farmaceutiche l’avrebbero potuto importare. In Venezuela, al momento, non è consentita l’importazione privata di vaccini. Ma non lo è neanche in Italia. Non è che in Italia vai in farmacia paghi e ti vaccini. Non vorrei apparire pessimista, ma dobbiamo considerare che la pandemia potrebbe durare 10 anni. È cominciata nel 2019, quindi potremmo averla fino al 2029. La vaccinazione è appena cominciata. C’è bisogno di due dosi di siero. Tra breve probabilmente ci diranno che c’è bisogno di una terza dose. E poi altre di rinforzo. Qual è il problema?  Prima di tutto, l’Italia dovrà essere in grado di vaccinare gli italiani in Italia.  Dopodiché penserà anche agli italiani all’estero.

In quanto alla richiesta, mossa da alcuni esponenti della nostra comunità, all’ Ambasciatore Vigo circa la possibilità che l’Italia proceda alla vaccinazione anche dei connazionali all’estero precisa che gli italiani iscritti all’Aire possono rientrare in Patria e vaccinarsi. In quanto ad una campagna di vaccinazione in Venezuela, magari in seno ai Consolati ha spiegato che, a differenza dell’influenza aviaria, che si curava con una semplice pasticca, il vaccino anti-Covid ha caratteristiche particolari.

– Innanzitutto – sottolinea -, la sua conservazione è complessa. Poi, la somministrazione può avere conseguenze che devono essere eventualmente monitorate e valutate. Infine, il vaccino deve essere registrato, secondo i criteri dell’Organizzazione Mondiale della Salute. Come facciamo a mandare i vaccini in un altro paese? Chi farebbe l’iniezione? Chi controllerebbe e gestirebbe una situazione d’emergenza come un’embolia o altra reazione che potrebbe causare la morte del paziente?. In questa fase, è molto difficile immaginare una ipotesi di questo genere. È un reclamo che crea false aspettative. Una cosa è valutare la possibilità di collaborare con gli organi competenti dei paesi in cui sono presenti e numerose le nostre collettività, per assisterli nella vaccinazione. Ed un’altra è dire: “dovete mandarci i vaccini”.

Elezione Comites e Servizi Consolari

Per concludere, l’elezione dei Comites. Se non ci saranno contrattempi, si voterà il 3 dicembre prossimo. L’appello del nostro Ambasciatore, non poteva essere altrimenti, è alla partecipazione.

– Se c’è una partecipazione alta – ci dice – potrò reclamare denaro al ministero per i connazionali. Se alle elezioni del 3 dicembre, sempre che si facciano e non vengano posticipate, partecipa il 12 o 13% degli iscritti all’Aire, mi diranno che in Venezuela non ci sono più connazionali… che se ne sono andati.

– Bisogna essere coscienti che, almeno nel caso del Venezuela, sono tante le problematiche, e non solo la pandemia, che non permetteranno obiettivamente una grossa partecipazione alle elezioni… Non prenderle in considerazione sarebbe una irresponsabilità.

– Sarebbe preferibile posticipare le elezioni – ammette l’Ambasciatore Vigo -. Ma è stata decisa questa data.

Referendum Costituzionale, Nicola Occhipinti, Console Generale d'Italia a Caracas
Nicola Occhipinti, Console Generale d’Italia a Caracas

In quanto ai servizi consolari, l’Ambasciatore Vigo non ha dubbi: “con l’arrivo del Console Generale Nicola Occhipinti, sono migliorati radicalmente”.

–  Grazie anche al lavoro di tutti i suoi collaboratori – precisa -. Gli uffici di Caracas non hanno mai chiuso. Non così a Maracaibo, perché sono rimaste contagiate quattro persone su sette. Così, non si possono organizzare turni. A Caracas, anche con 8 contagiati, l’ufficio è rimasto aperto. E rimaniamo aperti per ricevere i connazionali che hanno bisogno dei nostri servizi, ma – ci tiene a precisare – senza intermediari. Il 2 giugno – prosegue – sarà pubblicata la guida che ho fatto anche in altri paesi. Sarà un’opera molto importante. Permetterà di avere informazioni aggiornate e complete. Consentirà ai connazionali di andare in consolato sapendo tutto. Inoltre – annuncia -, con il Console Generale a Caracas, stiamo iniziando la digitalizzazione dell’archivio. Si tratta della creazione di un sistema che permetterà la dematerializzazione degli stessi moduli. Il connazionale, al momento della prenotazione, compilerà il modulo. Entrerà in Consolato con un codice QR che gli permetterà di non fare file e rivolgersi direttamente allo sportello. Qui firmerà il modulo già stampato e, in tempo reale, riceverà il documento di cui ha bisogno. Si tratta, quindi – conclude -, di un sistema che migliorerà l’efficienza dei servizi.

Mauro Bafile

Redazione

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