Libertà e Politica
Di Apostolos Apostolou
Ai drammatici eventi della politica e della libertà, ci sono certezze e ricompense, possiamo vedere alcuni elementi. Elementi dello sviluppo della storia. Benjamin Constant (1767-1830 è stato uno scrittore, politico, scienziato politico, nobile ed intellettuale francese di origini svizzeri) nel suo saggio, Sulla libertà degli antichi e dei moderni (De la liberté des Anciens comparée à celle des Modernes discorso pronunciato nel 1819) descrive che per gli antichi la libertà era partecipazione e quindi adesione alla vita dello Stato, mentre per i moderni il problema era quello dei limiti tra la libertà dell’individuo nella sua vita privata e il potere pubblico.
Era giusto quello che sosteneva Benjamin Constant, perché per la filosofia politica greca antica esistevano tre libertà. La libertà dell’individuo, la libertà sociale, e la libertà politica. Però l’uomo della moderna storia stava nel subordinare la coscienza individuale al potere politico, nel credere che effettivamente l’uomo potesse rinunciare alla propria sovrana coscienza morale in cambio di una fittizia moralità impostagli dallo Stato, nell’immaginare che vi potesse essere una vita etica, che non aveva la propria sede e la propria fonte nella coscienza dell’uomo.
Cosi la “faccenda” non è la libertà sociale e la libertà politica, com’era nella filosofia politica greca antica, perché secondo la filosofia politica occidentale, l’uomo può diventare materialmente schiavo, ma non può “alienare” la propria coscienza.
L’alienazione è una categoria centrale della logico-metafisica, della politica occidentale. L’“alienazione” che il nuovo umanesimo deve superare, è intesa in senso mondano, come dominio dell’uomo e, nel mondo moderno, come dipendenza economica del proletariato nei confronti del capitale. Cosi la politica diventa solo una “faccenda” della coscienza, e non diventa una “faccenda”, della partecipazione.
Scrive per esempio Benjamin Constant: …» (Traduco dal libro di B. Constant: « De la liberté des Anciens comparée à celle des Modernes. Mille. Et. Vine. Nuits») «Risulta da ciò che ho dimostrato, che noi non possiamo più godere della libertà degli antichi, che consisteva nel prender parte attiva e costante al potere collettivo.
La nostra libertà deve consistere nel pacifico godimento dell’indipendenza privata. La parte che anticamente ciascheduno prendeva alla sovranità nazionale, non era certo, come al giorno d’ oggi, una supposizione astratta. La volontà di ciascuno aveva un’influenza reale; l’esercizio di questa volontà era un piacere vivo e ripetuto. In conseguenza gli antichi erano disposti a far molti sacrifizi per conservare i loro diritti politici, e la loro influenza sull’amministrazione dello stato.
Ciascuno conoscendo con orgoglio quanto valeva il suo voto, trovava in questa coscienza della sua importanza personale, un grande compenso. Questo compenso oggi non esiste più fra noi. L’individuo perduto nella moltitudine, non s’accorge quasi mai dell’ influenza ch’egli esercita. Giammai la sua volontà s’imprime sull’insieme, niente prova a’suoi occhi la sua cooperazione.
L’esercizio dei diritti politici non ci offre. Dunque, che una parte di quelle soddisfazioni che vi trovavano gli antichi; nello stesso il progresso della civiltà, la tendenza commerciale dell’epoca, le comunicazioni dei popoli tra loro, hanno moltiplicati e variati infinitamente i mezzi del benessere privato…Il primo bisogno dei moderni è, dunque, l’ indipendenza individuale. Per conseguenza non bisogno mai chiederne il sacrificio, per stabilire la libertà politica. Ne segue che nessuna delle istituzioni tanto numerose e vantate, che nelle antiche repubbliche impacciavano la libertà individuale, sono compatibili coi tempi moderni.»
Questa storia ha iniziato con un certo grado di confusione e forse con una buona dose d’ignoranza.
Montesquieu cercava di introdurre nel concetto dello Stato sovrano moderno l’idea della libertà del cittadino, che non è più il suddito. Voleva trasformare il “sujet” in “citoyen”, diventando la sovranità dello stato in tre distinte sovranità. Cosi egli intende la libertà essenzialmente come garanzia giuridica. Montesquieu ha organizzato un costituzionalismo formale è una concezione statica e meccanica.
Staël ha visto che nel pensiero di Montesquieu manca l’etica, cosi la concezione statica e il costituzionalismo formale di Montesquieu, con lo sforzo di Staël si arricchisce di motivi etici. Però Staël non segue semplicemente la dottrina del costituzionalismo di Montesquieu, ma reca in esso questa esigenza etica e difettava la cultura giuridica ed amministrativa.
Da qui abbiamo il pensiero di calvinisti nella politica. Cosi l’etica, la giuridica e l’amministrativa e non la partecipazione, è il nuovo luogo della politica. Nel caso della tradizione politica filosofica greca antica – dai presocratici fino al XIV secolo d.C, la problematica ontologica resta sottratta alle visioni individuocentriche, insiste sulla verifica «comunionale» delle proposizione politiche, e la verifica «comunionale» della conoscenza.
“Καθ΄ ὅ,τι ἃν κοινωνήσωμεν, ἀληθεύομεν, ἃ δε ἃν ἰδιάσωμεν, ψευδόμεθα” Eraclito.
Qui troviamo la partecipazione della politica. Partecipare significa, o vuol dire, prendere parte alla vita politica della società in cui si vive alle attività politiche della propria comunità.
Senza esagerazione un altro pensatore che sostiene il concetto della libertà civile sul piano etico era Jean-Jacque Rousseau. J.J.Rousseau aveva dato (contro i giusnaturalisti come Hobbes e Diderot che vedevano nel contrato sociale un patto utilitario) al contrario sociale il carattere di un acquisto della morale mercé la totale rinuncia alla propria individualità.
Jean –Jacque Rousseau, esisteva lettore di Plutarco, e aveva in mente l’austera Sparta, i cui cittadini trovavano la loro libertà nella totale dedizione delle leggi della patria. In tal mondo attribuendo un valore etico assoluto o un imperativo categorico, alla volontà dello Stato, del singolo Stato, cui l’individuo appartiene, Rousseau veniva a negare qualsiasi superiore istanza, qualsiasi principio universale, qualsiasi legge mortale o religione, cui l’ individuo potesse appellarsi.
L’individuo che anche soltanto nel proprio intimo, si ribellava alla volontà generale, (qui si trova anche il pensiero di Kant, di Hegel, di Heidegger, di Lacan, ecc), ricadeva nella selvaggia libertà naturale, era un reprobo che andava ucciso. L’errore di Rousseau – come l’errore del pensiero filosofico occidentale – stava nel subordinare la coscienza individuale al potere politico nel credere che effettivamente l’uomo potesse rinunciare alla propria sovrana coscienza morale.
Qui ha l’inizio, il pensiero dell’imperativo categorico di Kant e l’assoluto Stato di Hegel.
Il moralismo di Rousseau, avevano amato i Tedeschi pensatori come Gervinus, e i liberali romantici. Avevano amato quello “vedere il reale nelle cose”, di Rousseau, e il reale, è diventato l’esigenza d’un dover essere ideale, che si pone come una norma al di sopra della storia, – qui, possiamo ricordare anche, quello che ha detto Hegel “ciò che è razionale è reale”.
Il reale era lo “spirito di sistema” ricompare soprattutto nel pensiero politico dei costituzionalisti dell’età della Restaurazione e della Monarchia. Il reale era quella borghesia che già i vecchi aristocratici presentavano come la classe speculatrice e sfruttatrice, responsabile dei dolori del popolo, concependo il problema politico come un problema di educazione politica. Il reale oggi, sono i criteri di convergenza e la disciplina di bilancio.
Che abbiamo dimenticato noi i moderni e i postmoderni cittadini?
Abbiamo dimenticato che ci sono tre luoghi nella politica. Sono i luoghi che troviamo nel pensiero politico della classica greca.
I) Personalistica riguarda la società come un tutto di persone la cui dignità è anteriore alla società.
II) Comunitaria riconosce che la persona tende naturalmente alla società e alla comunione, in particolare alla comunità politica e perché riguarda il bene comune come superiore a quello degli individui.
III) Pluralistica comprensiva del fatto che lo sviluppo della persona umana esige normalmente una pluralità di comunità autonome aventi i loro diritti, le loro libertà e le loro proprie autorità.
Giorgos Kontogiorgis Professore di Scienze Sociali ed ex Rettore all’Università Panteion, ha parlato di cosmosistema che non esiste. Il cosmosistema era il modello della democrazia, un modello, che si trova oggi in mancanza. Il cosmosistema antropocentrico in cui a vissuto l’ellenismo durante il periodo pre-etnocratico è stato – dovrebbe sorprendere – quello delle città-stato. Si tratta del cosmosistema antropocentrico su piccola scala che vide nascere l’epoca creto-micenea e che si cristallizzò nel periodo classico, prima di tramutarsi in ecumene.
La fase che attraversarono le società greche, mentre l’Europa viveva il Medio Evo feudale, il Rinascimento e l’Illuminismo fino al XIX secolo, è stata quella dell’ecumene post-statocentrico il cui contenuto si è fissato in modo definitivo essenzialmente durante l’epoca bizantina. Questa fase erediterà dall’epoca statocentrica non solo il sistema delle koina (città) e l’economia crematistica (o monetaria), ma anche le politéia inerenti, come la democrazia, l’oligarchia, la rappresentanza, ecc… Si evolverà ancora, ad esempio sulla questione della costituzione della relazione tra lavoro e capitale che, nella sua trasformazione in relazione di partenariato, condurrà alla dissoluzione completa del lavoro mercantile o schiavista.
Libertà e politica nella storia. Nella storia ai drammatici eventi della quale tenti di riconoscere il cenno d’assenso, la certezza della ricompensa, e come sempre il migliore sonnifero dell’impazienza per una democrazia che sempre manca.
Apostolos Apostolou. Scrittore e Professore di Filosofia, corrispondente Progetto Radici Atene Grecia