Gli Emirati Arabi hanno vietato il sorvolo a un aereo italiano diretto in Afghanistan
Nella base italiana Camp Arena di Herat la cerimonia dell’ammaina bandiera del tricolore alla presenza del ministro della Difesa Lorenzo Guerini che segna la conclusione della missione. Il C 130 dell’Aeronautica è stato costretto ad un atterraggio nell’aeroporto saudita di Dammam
No delle autorità degli Emirati Arabi Uniti al passaggio nel suo spazio aereo a un C130 dell’Aeronautica militare italiana che, con a bordo numerosi giornalisti italiani oltre a militari, era diretto a Herat, in Afghanistan, per la cerimonia dell’ammainabandiera, oggi solo simbolico, del tricolore nella base di Camp Arena.
Le autorità emiratine sono state irremovibili, riservandosi fino all’ultimo di dare un via libera che poi non hanno comunque concesso. La fase di trattativa ha costretto il C130 ad effettuare un atterraggio nell’aeroporto saudita di Dammam, per una lunga sosta mentre la trattativa tra il comandante del velivolo italiano, il maggiore Valentina Papa, e le autorità emiratine procedeva.
Il diniego degli EAU al sorvolo del proprio spazio aereo è però rimasto. A bordo è stata anche valutata, in contatto con le autorità della Difesa italiana interessate, l’ipotesi di tornare indietro, annullando la presenza della stampa alla cerimonia di Herat, nel frattempo spostata in avanti di alcune ore.
Poi si è deciso di proseguire, il C130, effettuato il rifornimento, alle 8 (ora italiana) è decollato con una nuova rotta verso l’Afghanistan. Rotta necessariamente più lunga per aggirare il territorio degli EAU.
Inoltre, nel lasciare lo stesso territorio saudita il velivolo dell’Aeronautica italiana ha dovuto seguire una aerovia che non prevedesse il sorvolo di basi militari.
E anche questo ha contribuito ad allungare di ore la durata del volo, partito a mezzanotte da Pratica di Mare e che inizialmente prevedeva l’arrivo a Herat per le 9,30 locali (le 7 italiane), invece avvenuto alle locali (le italiane).
Su istruzione del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il segretario generale del ministero degli Esteri ambasciatore Ettore Sequi, ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Omar Al Shamsi. Lo rende noto la Farnesina.
Sequi -aggiunge la nota- ha manifestato all’ambasciatore “la sorpresa e il forte disappunto per un gesto inatteso che si fa fatica a comprendere“.
La cerimonia dell’ammaina bandiera del tricolore
Il tricolore italiano viene ammainato in Afghanistan. Un’epoca è al termine. Un grosso, se non il più imponente, sforzo logistico-militare italiano in un teatro operativo all’estero tra i più impervi e complicati per le caratteristiche del territorio si avvicina alla parola fine. La cerimonia si svolge nella base di Camp Arena, a Herat, dopo 20 anni di missione in questa provincia importante e delicata per gli equilibri politici del Paese asiatico.
E dove l’Italia, con le sue attività di cooperazione civile ad ampio spettro – dall’istruzione alla sanità, alla parità di genere – svolte nell’ambito della missione militare ha giocato un ruolo fondamentale.
È un ammainabandiera che oggi ha un aspetto prettamente simbolico, fatto comunque con la rilevanza dovuta: ci sono il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, il comandante del COI, generale Luciano Portolano, il capo della missione ‘Resolute Support’ (ex missione Isaf), il generale statunitense Austin Scott Miller, quindi il generale Beniamino Vergori, l’attuale responsabile del comando di Herat (che sostituisce il TAAC – Train Advice Assist Command) del settore Ovest del territorio afghano il cui controllo è appunto affidato all’Italia e che attualmente vede schierata la brigata Folgore, oltre al ten. col. Gianfranco Paglia, in rappresentanza delle medaglie al valore militare italiane, e autorità militari e civili locali.
È un ammainabandiera simbolico del tricolore perché in realtà nella base italiana si continua a lavorare, si procede via via a smobilitare il resto del notevole materiale logistico destinato a rientrare in Italia, dove già dal primo maggio scorso una parte imponente vi ha fatto o vi sta facendo ritorno con l’impiego di aerei-cargo militari.
Il comando Herat, appunto l’ex TAAC-West, sta gestendo questa fase di rientro di personale e mezzi. Altro materiale, comprese strutture realizzate in questi 20 anni, resterà invece nella piena disponibilità delle autorità afghane.
Il numero di militari italiani presenti a Herat si va riducendo, di pari passo con le operazioni di smobilizzo di Camp Arena.
Poi a breve – ma per ora è top secret la data già fissata dalle autorità militari – arriverà per davvero la giornata in cui l’ultimo nucleo del contingente italiano si congederà dall’Afghanistan. E il tricolore calerà definitivamente dal pennone di Camp Arena.