Il grido di Samir
“Algeri ,il grido” è l’ultimo libro di Samir Toumi (Astarte 2021) che offre senza dubbio un’occasione per dialogare e riflettere sulla storia recente di questo paese al di là del Mediterraneo.
Le parole chiave che guidano questa riflessione sono identità, esilio e protesta perché meglio descrivono i movimenti di rivolta del 2010 e la necessità del popolo algerino di far sentire il proprio grido.
Tra le strade di Algeri e le campagne cabile, tra i caffè di Tunisi e le spiagge di Capo Bon, Samir , esplora sé stesso alla ricerca della sua identità, delle sue parole, del suo grido appunto.
“Algeri, il grido” è un diario lirico per immagini, dove alle memorie della guerra fa da sottofondo il rap della casba, mentre le danze sfrenate nei cabaret raï e le proteste della cosiddetta primavera araba si uniscono in un unico affresco, intenso e struggente.
Ma com’è cambiata l’Algeria negli ultimi dieci anni, dallo scoppio delle primavere arabe a oggi?
Sono trascorsi dieci anni da quell’ondata di proteste frutto del malcontento e della frustrazione popolare. Alla base delle rivendicazioni, c’erano richieste di libertà individuali, di lavoro, di modernizzazione sociale e istituzionale, oltre alla fine della corruzione di politici e pubbliche autorità.
Nonostante la fine di alcuni regimi autoritari e i processi di transizione verso la democrazia da parte di alcuni paesi, nell’area rimangono diversi problemi di instabilità politica e sociale e molte delle richieste avanzate dalla società civile restano disattese.
In Libano, in Iraq o in Algeria sono emersi,oggi come allora , gli stessi malcontenti : in Algeria ancora una volta contro il presidente Abdelaziz Bouteflika, costretto a dimettersi il 2 aprile del 2019.
Migliaia di manifestanti tunisini, algerini, come in passato e iracheni e libanesi per la prima volta, sono scesi negli ultimi anni in strada accusando le forze di sicurezza e l’élite al potere di corruzione e di gravi violazioni dei diritti umani.
Questo aiuta a comprendere oggi come alcuni fenomeni rimandino più all’idea che le Primavere arabe furono la manifestazione di una “malattia cronica” e non “semplicemente acuta”.
I ragazzi che oggi manifestano hanno vissuto,il grido di una dittatura durante la loro infanzia e vivono la condizione di una democrazia sospesa.A questo va aggiunto il ruolo delle forze del sedicente Stato Islamico che hanno portato un aggravio di situazioni sociali e politiche già logorate.
Cosa è rimasto quindi del grido della Primavera Araba?
A distanza di dieci anni dall’inizio delle proteste in Medio Oriente e Nord Africa ,il processo di mobilitazione popolare che aspira ad un cambiamento sostanziale dello status quo non si ferma . Nell’ultimo decennio ,le piazze arabe hanno assistito alla nascita e alla trasformazione di diversi movimenti di resistenza popolare nonché a reazione da parte dei governi nazionali differenti,il tutto in un contesto geopolitico sempre più conflittuale .
In estrema sintesi ,quindi si può affermare che anche se le richieste politiche economiche e sociali sono rimaste disattese ,occorre forse che trascorra ancora del tempo affinché il grido delle istanze civili possa effettivamente determinarsi con un conseguente cambiamento del sistema politico e del ruolo della società civile.
Sarà tuttavia il popolo capace di resistere ancora una volta?
Notorie sono alcune tappe della storia algerina: dal movimento berberista, che propugnava una “Algeria algerina”, all’esperienza maturata nel 1988, quando scoppiò la cosiddetta rivolta del cuscus, seguita dalle grandi mobilitazioni berbere; dalla repressione cieca degli anni ’90 alle rivolte del 2010-2011, fino alla nascita del movimento Hirak negli ultimi due anni.
L’ultimo periodo di repressione, insieme alla cattiva gestione da parte delle autorità della pandemia COVID-19, e l’incapacità di affrontare le crisi economiche e sociali ,hanno acuito le tensioni che potrebbero riportare gli algerini nelle strade.
Ma quali sono le prospettive e le percezioni delle piazze riguarda alle dinamiche politiche in corso ,alla cooperazione esterna e al futuro della regione?
Occorre fare una riflessione preliminare: i moti di protesta detti Primavere arabe, non sono altro che un fenomeno che rappresenta solamente la punta dell’icerberg di un malessere profondo e generalizzato.
Per anni ,lo stesso, è stato covato negli animi della popolazione civile di diversi paesi impossibilitata a vivere i propri diritti e le proprie libertà perché non riconosciute dai regimi totalitari presenti in essi.
Per Samir è la visione del Mediterraneo quella che manca, in un momento di emergenza per il Paese.
Invero una visione dicotomica del Mediterraneo alquanto comune distingue la funzione che esso può svolgere come ‘ponte’ che unisce le due sponde da quella di ‘muro’ che le separa. In realtà, nell’area non mancano né elementi unificanti né conflittuali e solo una valutazione di entrambi può offrire una visione completa delle relazioni inter-statali e sociali che intercorrono nel Mediterraneo.
L’eredità storico-culturale fornisce diversi elementi comuni al Mediterraneo. La civiltà mediterranea del passato si è sviluppata grazie agli scambi sul piano culturale, sociale e politico. La storia dell’antica Grecia e dell’antica Roma offre numerosi esempi di flussi culturali oltreché commerciali. L’aumento dei trasporti e delle comunicazioni dell’era ellenica favorì i movimenti migratori e permise un’elevata mobilità territoriale che, mettendo in contatto comunità distanti, incentivò la circolazione di idee e scoperte culturali tra le comunità. I continui contatti tra le società dell’area produssero un’elevata interpenetrazione socio-culturale
Samir Toumi il suo grido da ingegnere, che da sempre si occupa di risorse umane, coltivando anche la passione della letteratura e della fotografia.
Il grido ad Algeri lo cercherà invano, tra le voci soffocate dei martiri dell’indipendenza, torturati, che hanno preferito la morte al silenzio.
C’è tutta Algeri nelle sue pagine: la violenza, la rabbia, lo smarrimento, la delusione e rassegnazione dei giovani.(definiti i ‘sostenitori dei muri’)Ma viene descritta anche la sua luce incantevole, la notte che porta sollievo e che al chiaro di luna nasconde il grigiore dell’appassimento nel quale vive la città . Piuttosto vi è ancora il mare vissuto come una minaccia, quel Mediterraneo del quale gli Algerini hanno paura e le periferie degradate, metafora della difficoltà e del rischio di non arrivare al cielo.
In particolare la sua lingua poetica è un francese che respira profondamente l’algerino e il berbero, che conosce fin da piccolo. E si nutre dell’anima di Algeri, profondamente radicato nella sua città, con lo sguardo che spazia tra le due rive.
Ma Samir non si presenta come un intellettuale investito di una missione di testimonianza o di educazione ma,come un semplice cittadino innamorato della lingua e delle parole, che ha deciso di esprimere il proprio sentire attraverso la letteratura.
Perché scrivere è anche una singolare forma di protesta, per certi aspetti.
Da Algeri, all’Algeria al Mediterraneo esiste per lui, solo una visione del mare bianco di mezzo: “l’unica proiezione di grande respiro sul Mediterraneo che ho è la letteratura“
Samir Toumi, nato nel 1968 a Bologhine (provincia di Algeri), si è formato in patria come ingegnere e negli anni Novanta ha vissuto fra la Francia e la Tunisia. Nel 2003 è tornato a stabilirsi ad Algeri, dove ha fondato e dirige una società di consulenza aziendale, oltre a promuovere attività artistiche e culturali all’interno dello spazio “La Baignoire”. Dopo l’esordio con Alger, le cri (Algeri, il grido, Astarte, 2021), ha pubblicato il romanzo L’Effacement (Lo specchio vuoto, Mesogea, 2018).