L’emigrazione italiana in Brasile (3)
Dall’emigrazione di massa al dopoguerra
Il periodo che va dal 1887 al 1902 è quello più rappresentativo per quanto concerne l’emigrazione italiana in Brasile: 983.000 espatri secondo le statistiche brasiliane, 865.000 secondo quelle italiane.
Sino al 1896 prevalgono di gran lunga veneti e lombardi, ma a partire da questa data comincia ad assumere importanza la provenienza meridionale.
Nel 1889 il governo brasiliano decide di concedere d’ufficio la cittadinanza a tutti gli stranieri residenti, a meno che non dichiarino di voler mantenere la propria nazionalità. Ciò provoca le proteste di vari stati europei, compresa l’Italia, anche perché molti dei loro cittadini ignorano l’esistenza del decreto.
La norma viene ribadita nel 1891 ma rappresenterà l’unico tentativo di naturalizzazione forzata.
…il decreto Prinetti
A seguito di una lunga campagna condotta contro l’emigrazione, soprattutto sovvenzionata, il Commissariato Generale decide nel 1902 di inviare in Brasile un proprio incaricato, Adolfo Rossi. La relazione che Rossi presenta al ritorno, equiparando gli italiani a schiavi bianchi, é terrificante.
In base a questa, il Governo italiano emana il cosiddetto decreto Prinetti, dal nome dell’allora Ministro degli Esteri, che vieta l’espatrio con viaggio pagato a gruppi di persone, a meno che i contratti non vengano approvati dal Commissariato Nazionale per l’Emigrazione o da istituzioni assistenziali, quali la Società Umanitaria o la Bonomelli.
Rimane libera l’emigrazione spontanea e quella pre-pagata di singoli, chiamati da parenti gia insediati in Brasile, purché la richiesta sia corredata dal nullaosta consolare.
Le restrizioni del decreto Prinetti transitano nel Testo Unico della Legge sull’Emigrazione del 1919, ed in pratica il grande flusso migratorio tra Italia e Brasile finisce in questo periodo.
Negli anni che vanno dal 1903 al 1920, infatti, emigrano soltanto 306.000 italiani, con una media annua di 17.000 unità.
La riduzione degli arrivi dipende però solo in parte dalla misura sospensiva ed è piuttosto motivata dalla crisi di sovrapproduzione del caffè che determina un ulteriore inasprimento delle condizioni di vita e di lavoro nelle piantagioni. Pur attestandosi sul 19% del numero totale degli stranieri, gli italiani perdono il primato del quindicennio precedente a favore di portoghesi (26,9%) e spagnoli (21,9%).
Proprio in questo periodo cresce il numero dei rimpatri (63,4% rispetto ai nuovi arrivi) e chi non rimpatria, normalmente si trasferisce nei centri urbani dedicandosi al piccolo commercio, a quello ambulante, all’artigianato o va ad ingrossare le fila di un proletariato in formazione, per molti anni prevalentemente italiano.
…la legge Gordo
Nel 1907 il governo brasiliano approva la Lei Gordo (dal nome del suo promotore) che prevede l’espulsione dallo Stato degli stranieri che rappresentano un pericolo per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico: verrà utilizzata ampiamente negli anni successivi per colpire i sovversivi che portano le loro ideologie esotiche in un paese libero e felice. Il procedimento é rapido e lascia pochissimo spazio alla difesa. Fra il 1907 e il 1921 sono espulsi 556 stranieri, di cui 121 italiani.
Nel periodo 1921-1940 il flusso migratorio verso il Brasile crolla a poco meno di 90.000 unità, con una media annua di 4.500 unità. Muta anche la composizione professionale: gli agricoltori, che sino ad allora avevano costituito la stragrande maggioranza, diminuiscono progressivamente a favore di operai (che sfiorano il 50 % a partire dal 1930) ed artigiani.
…le quote d’immigrazione
Nel 1934 entra in vigore il sistema delle quote di immigrazione, successivamente confermato nella Costituzione del 1937. Le entrate annuali di stranieri vengono limitate al 2 % dei connazionali sbarcati in Brasile fra il 1884 ed il 1933.
La misura, emanata soprattutto per frenare l’immigrazione giapponese, non colpisce quella italiana che rimane sempre al di sotto delle quantità fissate.
Nel 1938 il Governo brasiliano stabilisce l’obbligatorietà di distinguere le associazioni in nazionali e straniere. Queste ultime non possono accogliere i brasiliani, compresi i naturalizzati.
Viene proibito l’insegnamento della lingua straniera ai bambini al di sotto dei 14 anni, anche se la norma rimane di difficile applicazione, soprattutto nelle zone più isolate. Altre leggi proibiscono l’attività politica di organizzazioni straniere; nel caso italiano colpiscono soprattutto le sezioni del Partito Nazionale Fascista (la prima inaugurata nel 1923) e limitano parzialmente il campo d’azione di associazioni che, pur non essendo espressione diretta di partiti, possono fungere da copertura.
…il secondo conflitto mondiale
Il periodo 1942-1945 è segnato dal secondo conflitto mondiale. A seguito della dichiarazione di guerra del Brasile alle potenze dell’Asse, sono emanate diverse norme restrittive contro i sudditi dei paesi che ne fanno parte (e quindi anche dell’Italia), volte a risarcire gli eventuali danni che il Brasile avesse riportato in seguito ad atti di aggressione da parte del nemico: in particolare si dispone il blocco in via cautelativa dei beni appartenenti al Governo, a persone fisiche e giuridiche italiane, ad associazioni ed imprese con sede in Italia, anche se proprietarie di beni in Brasile.
Nel 1946 viene abolita la confisca a favore di appartenenti ad associazioni e a singoli non residenti nel Paese, ma viene mantenuto il divieto di parlare in italiano in pubblico o di servirsi di questa lingua nelle conversazioni telefoniche e nella corrispondenza, così come permangono le restrizioni imposte ai nostri connazionali negli spostamenti territoriali.
L’8 ottobre 1949 viene siglato l’accordo italo-brasiliano che toglie il blocco ai beni dello Stato italiano in Brasile; mentre il 5 luglio 1950 è siglato il primo vero trattato emigratorio fra Italia e Brasile.
A partire dal 1952 il trasporto e l’assistenza dei lavoratori é affidato al Comitato intergovernativo per le migrazioni europee (C.I.M.E.), sorto a Bruxelles nel 1951 e sostenuto finanziariamente dagli Stati Uniti.
In particolare, l’accordo tra il Governo italiano ed il C.I.M.E., sottoscritto a Roma il 16 aprile 1952 e successivamente ratificato dal Parlamento, mira attraverso un’azione plurilaterale, a dare un impulso più coordinato ai flussi migratori. Si cerca di utilizzare, a scopo di sostegno all’emigrazione, quei fondi congelati all’estero nel periodo bellico e postbellico (sterline, pesos, franchi) che difficilmente avrebbero potuto ricevere diversa destinazione.
Nel frattempo, il 28 settembre 1950 sorge a Rio de Janeiro la Companhia Brasileira de Colonização e Imigração Italiana per la costituzione di un centro di colonizzazione che possa valere come base per esperienze future.
Con i contributi dell’Ente Governativo Americano (E.C.A), la Direzione Generale dell’Emigrazione del Ministero Italiano degli Affari Esteri predispone una serie di studi, con l’invio di agronomi direttamente sul posto, al fine di sviluppare la colonizzazione agraria.
Una prima missione é inviata già nel dicembre 1949. La seconda (Missione Italiana di assistenza tecnica per l’emigrazione in Brasile), organizzata dall’Istituto nazionale di credito per il lavoro italiano all’estero, I.C.L.E., assorbito nel 1992 dal Mediocredito Toscano e finanziata ancora dall’E.C.A., parte nel settembre dell’anno successivo.
…il dopoguerra
Nel periodo 1946-1960 (data del secondo trattato di emigrazione) l’emigrazione in Brasile riprende, attestandosi su 111.000 espatri (tasso di ritorno del 28,4%),. comunque inferiore a quella diretta in Argentina, Venezuela, America del Nord e Australia.
Riprendono con lentezza ed in dimensioni assai più ridotte che in passato, le forme di vita collettiva in campo associativo e giornalistico, mentre per le scuole italiane si dovrà giungere alle soglie degli anni Ottanta affinché ricompaiano istituti di questo tipo.
Nei successivi trent’anni cessa l’emigrazione vera e propria ed inizia un semplice trasferimento di manodopera che porterà in Brasile poche centinaia di persone l’anno, con un tasso di rimpatrio superiore al 110 %.
A partire dagli anni Settanta si assiste ad una fortissima ripresa delle forme associative a carattere regionale, legata alle disponibilità finanziarie delle regioni italiane, interessate a trovare propri interlocutori all’estero. Negli ultimi anni, permangono numerose le richieste di passaporti italiani da parte dei discendenti degli immigrati alla ricerca delle proprie radici.
Gallery
E18 São Caetano do Sul (Stato di São Paulo), 11 dicembre 1892. Membri della società di Mutuo Soccorso ‘Principe di Napoli’
E 238 Caxias do Sul (Stato di Rio Grande do Sul), 1923. Fabbrica di formaggio
E 248 São Marcos (Stato di Rio Grande do Sul), 1913. Fabbrica di tini
Paola Cecchini