C’è un banchiere che detesta la finanza
di Paolo Pagliaro
Povertà assoluta significa non avere più di 700 euro al mese per i consumi primari, condizione in cui prima della pandemia si trovava il 7,7% degli italiani. Adesso quella percentuale è salita al 9,4 e i poveri sono diventati 5 milioni e 600 mila. Se a loro si aggiungono le persone a rischio povertà, cioè quelle con un reddito inferiore agli 850 euro, arriviamo a un totale di 12 milioni di italiani, il 20% della popolazione.
Sono i dati riferiti da Pierluigi Ciocca, già membro del Direttorio della Banca d’Italia, in un saggio sulla storia delle disuguaglianze che Einaudi manda in libreria domani con il titolo “Ricchi e poveri” .
La crisi economica associata a quella sanitaria non sono evidentemente estranee ad alcuni dei fenomeni di cui in questi giorni si è occupata la cronaca, dall’inasprirsi delle tensioni sociali al dilagare dell’astensionismo. Ne è convinto anche Ciocca, che suggerisce di correre urgentemente ai ripari. Oltre alla crescita economica, secondo il banchiere occorrono provvedimenti specifici per riequilibrare la distribuzione della ricchezza. Ciocca è favorevole al reddito di cittadinanza o ad altre forme di sostegno pubblico e ricorda che recuperando un quarto dell’evasione fiscale e contributiva lo Stato troverebbe le risorse per innalzare tutti i redditi al di sopra delle soglie di povertà e di rischio di povertà.
Certo la soluzione non potrà venire dalla finanza. Tutto induce a dubitare, scrive l’economista, che “i moderni gestori del danaro – ragionieri con dottorati in finanza matematica – abbiano una visione del mondo, un interesse generale, un pensiero politico”. Ciocca, per anni vicedirettore generale della Banca d’Italia, certamente ne parla con cognizione di causa. 9Colonne