Le imitazioni dei prodotti “made in Italy” valgono oltre 100 miliardi di euro
È quanto emerge dalla prima classifica dei prodotti più imitati esposta dalla Coldiretti a Tuttofood. La specialità tricolore più taroccata nel mondo è la mozzarella, ma anche Parmigiano Reggiano e Grana Padano vantano molte imitazioni. Senza dimenticare i vini, i salumi e, persino, il pesto
Imitazione Parmigiano reggiano denunciata dalla Coldiretti
AGI – Dalla mozzarella al pesto, la top ten dell’agroalimentare Made in Italy taroccato ha superato i 100 miliardi di euro, il doppio delle esportazioni di cibo italiano nel mondo. È quanto emerge dalla prima classifica dei prodotti più imitati esposta dalla Coldiretti a Tuttofood alla Fiera di Milano a Rho. Per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo – stima la Coldiretti – più due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale, togliendo opportunità economiche e lavorative al nostro Paese.
Con la lotta al falso Made in Italy a tavola si possono creare ben 300mila posti di lavoro in Italia. La specialità tricolore più taroccata nel mondo è la mozzarella, grazie soprattutto al fiorente mercato del falso sviluppatosi negli Stati Uniti dove ne vengono prodotti ogni anno circa 2 miliardi di chili, secondo un’analisi Coldiretti su dati Usda, pari a venti volte il volume totale delle esportazioni di vera mozzarella italiana nel mondo.
Ma le imitazioni del tradizionale formaggio fresco si trovano un po’ ovunque, dal Brasile all’Argentina, dalla Thailandia allo Sri Lanka, dalla Danimarca ai paesi dell’est come Slovenia, Ungheria e Romania, mentre in Germania cambia addirittura nome in Zottarella. E, per effetto dell’embargo sui prodotti europei deciso da Putin, pure in Russia è nata un’industria del Made in Italy tarocco che vede proprio nella mozzarella uno dei prodotti più presenti.
Al secondo posto tra i prodotti più imitati ci sono Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con l’infinita serie di varianti Parmesan, dal Parmesao al Reggianito. In terza e quarta posizione – continua Coldiretti – ancora due formaggi come il Provolone e il pecorino Romano, diffusissimi soprattutto nelle Americhe, dagli Usa fino all’Argentina. A metà della top ten c’è, invece, il salame che a seconda dei Paesi taroccatori acquista denominazioni di origine inventate di sana pianta. Si va dal salame Calabrese al salame Toscano, ma ci sono anche quello Firenze, Milano, Genova, Fiuliano, Napoli e persino un improbabile salame Bolzano, oltre che Casalingo.
Al sesto posto la Mortadella, con i tedeschi tra i principali taroccatori anche se il tipico salume emiliano trova falsari anche in Brasile, Argentina, Ungheria, Spagna (dove diventa Mortadela Siciliana) e addirittura Qatar, con versioni fatte con carne di manzo e di pollo, per rispettare il divieto di consumare maiale da parte dei musulmani.
Fiorente anche la produzione di sughi e passate “italian style”, al settimo posto della top ten, grazie soprattutto all’impegno di francesi, belgi e inglesi, ma anche degli americani. Si va dal sugo San Marzano a stelle e strisce al sugo bolognese, inesistente nella cucina tricolore ma onnipresente nei ristoranti italiani all’estero in accoppiata con gli spaghetti.
Ma nella “classifica degli orrori a tavola” non mancano i vini, a partire da quello più esportato all’estero, il Prosecco che conquista l’ottavo posto “grazie” ad imitazioni come il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi. Ma in commercio sono arrivati anche il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova mentre in Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione prosecco nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur. Una situazione destinata peraltro a peggiorare se l’Ue dovesse dare il via libera al riconoscimento del Prosek croato.
Fioccano le imitazioni anche per il Chianti, dalle bottiglie di Chianti californiano ai wine kit per prepararlo fai da te usando da polveri e alambicchi. Confezioni che si possono trovare in Usa e Canada, ma anche in Gran Bretagna. Improbabili ma diffusissime anche le imitazioni del Pesto alla genovese, che si può trovare tanto in Germania, quanto negli Stati Uniti con lo Spicy Thai Pesto, e persino in Sudafrica dove c’è il Basil Pesto.
“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost”. agi