Diritti e Doveri
Appartengo ad una generazione che usava dire: “domandare è lecito, rispondere è cortesia”.
Guardandomi in giro mi pare di capire che sia rimasta in vigore la prima parte di quell’enunciato, mentre sull’attualità della seconda ho dei dubbi del tutto personali.
Sarà forse che da qualche tempo a questa parte, in politica e nella società, si è riscontrato un accumulo di domande e una carenza o un difetto di risposte. In genere ci si limita alle promesse.
Sarà anche vero che la cortesia non è uno stile ricorrente nelle relazioni sociali: mancando quella viene meno l’abitudine o la scelta di rispondere che a sua volta, dunque, non è più né un obbligo né un dovere.
Ma senza essere pignoli o attenti osservatori dei costumi l’evidenza più marcata sembra essere l’enorme crescita delle richieste provenienti da ogni persona, contesto o situazione.
Tutti chiedono tutto. Anzi pretendono tutto: basta rivendicare una ragione, ogni punto di osservazione delle cose divental’ombelico dell’universo.
Non esistono evidenze oggettive, le opinioni prendono il sopravvento.
E se qualcuno resta insoddisfatto c’è sempre un torto da lamentare, una ingiustizia subita da stigmatizzare, la sindrome da risarcimento pare essere la patologia al momento più diffusa, persino in epoca di conclamata pandemia.
Non possiedo cognizioni adeguate per analizzare questa tendenza in modo scientificamente documentabile, mi guardo semplicemente intorno e colgo nei comportamenti più frequenti e intercettabili il segno di una deriva diffusa e radicata: la rivendicazione dei diritti, sotto qualunque profilo di considerazione individuale e sociale.
Se tutto spetta a tutti perché mai bisognerebbe ringraziare per entrarne in possesso?
Ma soprattutto: quando mai tornerà (se tornerà) il tempo in cui qualcuno (senza vergognarsene) ci parlerà di rispetto delle regole e di doveri, magari partendo dal ‘buon esempio’ personale, prima e veralezione di vita, di senso civico, di riguardo per gli altri e di buona educazione?
Francesco Provinciali