La Nato, la Russia, la crisi e la “leva del gas”
Di Giuseppe Morabito
“Il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha annunciato che la Federazione Russa da novembre sospenderà le operazioni della missione diplomatica presso la NATO e, conseguentemente, chiuderà gli uffici di collegamento NATO a Mosca. Lavrov ha dichiarato che quanto messo in atto è la risposta all’espulsione da parte della NATO di otto membri della missione di Mosca a Bruxelles.
“In risposta alle azioni della NATO, sospendiamo l’attività della nostra missione permanente presso l’Alleanza Atlantica, compresa quella del rappresentante militare””.
“La NATO aveva annunciato il 6 ottobre di aver ridotto alla metà (10 membri) il personale della missione russa presso l’Alleanza e al contempo revocato l’accreditamento di alcuni diplomatici disponendo che dovevano lasciare il NATO Headquarters di Brussels entro la fine di ottobre.
Quanto reso noto dal Ministro Lavrov è una reazione che prevede la fine della missione di collegamento dell’Alleanza Atlantica a Mosca. In conclusione e per chiarezza, Lavrov ha dichiarato che: “Stiamo sospendendo le attività della missione di collegamento militare della NATO a Mosca. L’accreditamento dei suoi dipendenti è stato ritirato dal 1° novembre”. Il Ministro ha aggiunto che: “E’inutile fingere” che i rapporti con la NATO possano “cambiare nel prossimo futuro. La NATO non è interessata né al dialogo paritario né al lavoro comune” e “se la NATO avrà delle questioni urgenti da trattare potrà contattare l’ambasciatore di Mosca in Belgio”.
Sempre in queste ore, sul terreno, quasi certamente in supporto alla controversia sulle espulsioni, sembrerebbe che la 1a armata di carri armati delle guardie d’élite della Russia, in combinazione con la 41a armata, si stiano muovendo e concentrando verso l’Ucraina, causando ancora una volta preoccupazione a Kiev e al quartier generale della NATO.
Mosca attua la deterrenza in modo attivo e coordinato mentre appare chiaro che l’Alleanza ha urgente bisogno di colmare il divario tra la teoria della deterrenza e la realtà dei fatti o meglio delle sue azioni. La deterrenza è sempre un compromesso tra storia, politica, tecnologia e denaro, ma a volte tali compromessi creano un buco nella deterrenza perché convincono i leader democratici di essere più “sicuri” di quanto non siano e soprattutto si dilatano i tempi di applicazione delle misure.
Alla conferenza NATO di Riga del mese scorso si è parlato a riguardo dell’idoneità della NATO per la sua attività principale di deterrenza. Secondo l’opinione dei più qualificati esperti dell’Alleanza, pare che la NATO, oggi, stia diventando un po’ come la linea Maginot della Francia, nel 1940, o il Muro Atlantico di Hitler, nel 1944, e cioè una sottile barriera dispiegata in avanti che, se sfondata, rivelerebbe poco più di un ampio spazio effettivamente indifeso. In tali circostanze, la missione di difesa della NATO si trasformerebbe rapidamente in una missione di salvataggio e, forse, in una guerra totale. Naturalmente un conflitto senza uso dell’arma nucleare visto che qualsiasi azione russa, si ipotizza, sarebbe probabilmente “limitata” sia per portata sia per ambizione. Quindi, l’uso difensivo del nucleare strategico della NATO, quale deterrente, semplicemente mancherebbe di credibilità. Inoltre, alcuni paesi dell’Alleanza sono estremamente cauti nel collocare loro unità terrestri od aeree sul territorio degli alleati che sono stati membri dell’ex Patto di Varsavia per paura di rompere qualche accordo economico (soprattutto energetico), cosa di cui il presidente Putin non ha avuto timore alcuno quando ha invaso la Crimea, nel 2014. La NATO dispone di una “forza di Risposta” (Response Force-NRF) che semplicemente non è abbastanza grande, abbastanza pesante, abbastanza reattiva, né abbastanza esercitata da riempire il “buco di credibilità deterrente” dell’Alleanza atteso quello che alcuni analisti suppongono sia il possibile “attacco” che potrebbe affrontare.
La NRF è una forza multinazionale di 20.000 unità comprendente unità aeree, marittime, terrestri e forze speciali, con il compito di reagire con breve preavviso a tutte le emergenze nell’intera area euro-atlantica, inclusa quella prevista dall’articolo 5 della Carta costituente della NATO che prevede il reciproco supporto tra membri dell’Alleanza in caso di attacco ad uno di essi.
Tuttavia, oggi dopo la crisi pandemica da Covid-19, l’Europa è diventata un territorio molto diverso dal 2004, quando è stata costituita la NRF, sebbene sia stata potenziata nel 2014. A valle di un’analisi di esperti delle recenti esercitazioni russe è stato ipotizzato che Mosca abbia deliberatamente progettato le sue forze per entrare in battaglia con la NATO e causare il caos per circa 30 giorni, tanto che si ipotizza in alcuni ambienti che si stia sviluppando una pericolosa simbiosi tra la limitata forza militare della Russia e la limitata capacità di risposta militare della NATO.
Limitazioni nella risposta NATO che sarebbero accentuate dalle divisioni di vedute interne ai 30 paesi membri (primo fra tutti la Turchia) e dalla “inerzia” americana conseguente all’elezione del Presidente Biden che ha già dato dimostrazione di precarietà, quantomeno decisionale, durante il mese di agosto nella vicenda afghana.
Esempio delle diverse vedute interne alla NATO è anche quanto ha dichiarato il Ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, in merito alla inizialmente citata crisi diplomatica: “la decisione odierna di Mosca di chiudere la rappresentanza russa alla NATO mette a dura prova i rapporti NATO-Russia e prolunga la situazione già difficile in cui ci troviamo.
La Germania resta aperta al dialogo”. È chiaro che Berlino teme ripercussioni per la fornitura di gas russo tramite il gasdotto nel Mar Baltico, Stream 2, che è alla base dello sviluppo economico tedesco dei prossimi anni.
Atteso che l’ipotizzato, ma mai concretamente perseguito, ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica equivarrebbe al superamento di una “linea rossa” per gli ‘interessi nazionali russi” rimane il fatto che la ferma risposta della Russia alle espulsioni e alle restrizioni imposte dalla NATO alla missione di Mosca a Bruxelles congela di fatto le relazioni e autorevoli studiosi di geopolitica russi si sono affrettati a sottolineare che: “l’unico canale di comunicazione a livello militare ora è quello Federazione Russa-USA, la NATO è fuori dall’equazione”.
Per aggiungere un altro argomento divisivo, ricordo che il Presidente Putin ha deciso che la compagnia russa del gas, Gazprom, inizi dall’8 novembre l’operazione di riempimento delle riserve di gas europee dichiarando che: “Questa operazione servirà a facilitare le condizioni di mercato e concorrere a un raffreddamento dei prezzi”. Quanto precede è collegato a quanto dichiarato qualche giorno prima: “Il gas supplementare potrà arrivare già dopodomani, se domani arriveranno le concessioni necessarie per Nord Stream 2”.
Certamente ora, a stagione fredda iniziata, il prezzo del gas scenderà rendendo “felice” l’opinione pubblica europea e spingendo Brussels (e soprattutto Berlino) verso la concessione delle autorizzazioni al Nord Stream 2 e, nel contempo, creando confusione nell’opinione pubblica europea qualora dovesse sentire apostrofare la Federazione Russa come un pericoloso nemico a cui prestare massima attenzione. Un nemico che crea l’urgenza di destinare fondi allo strumento militare occidentale in crisi di “deterrenza” togliendo risorse all’azione di sostegno alla ripresa economica necessaria dopo la pandemia.