Per i padovani:”Venezia è la bella e Padova è sua sorella”
Viaggio nelle regioni d’Italia rubrica ideata e curata da Daniela Piesco Vice Direttore Radici
L’Italia è un paese meraviglioso, un tripudio di destinazioni culturali, bellezze naturali uniche al mondo e fantastiche mete dal profondo significato storico. Eppure, il fiore all’occhiello della nostra incredibile penisola sono senza dubbio le sue spettacolari città d’arte, destinazioni sorprendenti che richiamano ogni anno migliaia di visitatori da ogni dove e che non ci si stanca mai di esplorare.
Da nord a sud infatti, ognuna delle nostre venti regioni vanta città dal sapore unico, tanto ricche di opere d’arte, edifici storici e cultura quanto di tradizioni enogastronomiche e attrattive sociali. Insomma, se l’Italia è conosciuta nel mondo come il Bel Paese, il merito è prima di tutto delle sue spettacolari mete cittadine.
Quali città visitare in Italia? Potrei esordire con un “tutte”, ma sarebbe poco utile: sicuramente ogni città italiana, grande o piccola che sia, ha qualche punto di interesse (storico, artistico, ambientale…) che merita la pena conoscere.
Di località da vedere,dunque, non c’è che l’imbarazzo della scelta: dai piccoli borghi, alle grandi città, alle aree protette a…. insomma, è veramente difficile stilare un elenco (ne tanto meno una classifica) dei luoghi più belli da visitare in Italia.
Si pensi a città conosciute in tutto il mondo, come Roma, Venezia,Napoli… ai piccoli borghi della Toscana, alle cittadine sulle sponde del Lago di Garda o del Lago di Como. E poi le cittadine di mare, le isole..
Il nostro paese è una delle mete più amate dal turismo internazionale anche grazie a tutte le cittadine, alcune dei veri e propri gioielli, dei gioielli da proteggere e valorizzare (cosa a volte non sempre così scontata).
Ho scelto Padova
Ho deciso di fare una vacanza qui a Padova con il mio meraviglioso fratello gemello e la mia bellissima sorella . L’abbiamo scelta basandoci su quei fattori che riteniamo diano un contributo fondamentale nel rendere una destinazione cittadina indimenticabile e assolutamente degna di essere visitata.
Vediamo quali sono:
- Importanza storica, artistica e culturale.
- Attrattive e divertimenti cittadini.
- Rilevanza del settore enogastronomico.
- Pulizia e cura delle aree pubbliche.
- Contesto naturalistico circostante.
C’è un detto popolare che recita “Venezia la bella, e Padova sua sorella“.Il paragone con Venezia dovrebbe già far comprendere, a chi non è mai stato in questa città, cosa troverà durante la sua visita. La Cappella degli Scrovegni di Giotto, il più importante ciclo pittorico del mondo, basterebbe già da sola a giustificare una visita a Padova. Sempre in tema di arte, i Musei Civici raccolgono una bella collezioni di pittori soprattutto veneti (Tiepolo, Tintoretto, Veronese) e nel Battistero del Duomo è perfettamente conservato un altro straordinario ciclo di affreschi, quello di Giusto de’ Menabuoi.
Non si può dimenticare la presenza del “Santo” come lo chiamano i padovani: Sant’Antonio la cui presenza secolare in città si ritrova non solo nelle reliquie conservate nella Basilica ma anche nei tanti dolci che portano il suo nome.
Le molte piazze cittadine, in particolare Piazza delle Erbe, della Frutta e dei Signori, tradiscono il piacere dei padovani (o patavini) per la socialità, di cui lo Spritz è l’emblema contemporaneo. Una scelta insolita per gli abitanti di una città del Nord, dove il clima non è sempre clemente. Poi c’è una straordinaria gastronomia, la presenza dotta ma giovane dell’Università e molti altri motivi di interesse..
Ecco le tappe della mia visita.
La basilica di Sant’Antonio
Non si può dimenticare la presenza del “Santo” come lo chiamano i padovani: Sant’Antonio la cui presenza secolare in città si ritrova non solo nelle reliquie conservate nella Basilica ma anche nei tanti dolci che portano il suo nome.
I padovani chiamano Sant’Antonio proprio così “Il Santo“, senza aggiungere il nome. Questo fa comprendere non solo l’affetto ma anche l’importanza per Padova della Basilica che ospita le reliquie di Sant’Antonio.
Meta di un pellegrinaggio senza sosta che raggiunge il culmine con la processione del 13 giugno, la Basilica di Sant’Antonio merita una visita anche per la presenza di molti capolavori dell’arte italiana. La prima cosa che si nota è la compresenza di stili diversi dovuti agli interventi che si sono susseguiti: la facciata romanica, il deambulatorio gotico con le sette cappelle, le cupole bizantine i campanili moreschi. All’interno, partendo da destra, si susseguono la Cappella del Gattamelata e quella di San Giacomo affrescata nel 1300 da Andriolo de Santi, uno dei maggiori architetti e scultori veneziani d’allora. Subito dopo c’è la Cappella della Crocifissione e poi la Sala del Capitolo, con un frammento di Crocifissione attribuito a Giotto. Il “Tesoro della Basilica” con le reliquie del Santo si trova al centro del Deambulatorio. In diverse teche sono visibili la lingua e il mento intatti di Sant’Antonio, segno, secondo la Chiesa, del riconoscimento che Dio ha voluto dare all’instancabile opera di evangelizzazione del Santo. Nella Piazza antistante la basilica da non perdere Il monumento equestre al Gattamelata, statua in bronzo di Donatello, autentica rivoluzione nella storia dell’arte: è stata la prima statua equestre di grandi dimensioni svincolata da altri elementi architettonici.
Prato della Valle .
I padovani sono fieri della grandezza di Prato della Valle (88620 mq), una piazza che per estensione totale è seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca. Per comprendere quanto effettivamente sia grande, basta pensare che è formata da un’isola centrale, completamente verde, chiamata Isola Memmia in onore del podestà che commissionò i lavori.
Intorno all’isola c’è una canale di circa 1,5 km di circonferenza, circondato da una doppia fila di statue numerate (78) di personaggi famosi del passato. Per raggiungere l’isola centrale ci sono 4 viali incrociati con relativi ponti sul canale. Prato della Valle sorge in un luogo da sempre fulcro della vita di Padova: qui c’era un grande teatro romano e un circo per le corse dei cavalli. Qui furono martirizzati due dei quattro patroni della città, Santa Giustina e San Daniele. Nel Medioevo si svolgevano fiere, giostre e feste pubbliche. Oggi in Prato della Valle turisti e padovani passeggiano, vanno in bici, prendono il sole d’estate o fanno tardi la sera. Dopo anni di abbandono, la Piazza ha finalmente ripreso la sua centralità nella vita di Padova e dei padovani.
La Cappella degli Scrovegni a Padova
Un visitatore distratto che passi davanti all’edificio che ospita la Cappella degli Scrovegni, potrebbe tranquillamente tirar dritto pensando che non ci sia nulla di eccezionale per cui valga la pena entrare.
In realtà, quella “semplice costruzione” come la definì lo stesso Giotto, ospita il più importante ciclo di affreschi del mondo.
Mi sono stupita ammirando il cielo stellato sotto il quale si svolgono gli episodi della vita di Gioacchino e Anna (riquadri 1-6), quelli della vita di Maria (riquadri 7-13) e gli episodi della vita e morte di Cristo. Sono rimasta affascinata di più pensando che Giotto ci mise solo due anni a completare il tutto,infatti nel 1303 riceve l’incarico da Enrico Scrovegni e nel 1305 ha già terminato. Enrico volle costruire la Cappella in suffragio dell’anima del padre, Reginaldo Scrovegni, che di cose da farsi perdonare ne aveva molte. Banchiere e usuraio, talmente famoso e temuto, da essere collocato da Dante nell’inferno della Divina Commedia. Con la Cappella degli Scrovegni, Giotto cominciò la rivoluzione della pittura moderna.
Piazza delle Erbe e della Frutta a Padova
Da secoli, Piazza delle Erbe, è il luogo di Padova deputato al mercato. I nomi che si sono susseguiti per definire questo ampio spazio ne hanno sempre indicato l’origine e la funzione commerciale per i padovani: “Piazza della Biada“, “Piazza Del Vino“, così come le scale dell’imponente Palazzo Ragione venivano chiamate “Scala delle Erbe” perché ci si mettevano i venditori di lattughe, cipolle, porri, verze o “Scala del vino” o la “Scala dei ferri lavorati“.In realtà anche i nomi delle vie circostanti la piazza tradiscono la loro funzione commerciale: osti, macellai, fruttivendoli, ogni angolo aveva una specializzazione. Alle spalle di Piazza delle Erbe, divisa dal Palazzo della Ragione, c’è l’altra piazza commerciale di Padova: è Piazza della Frutta. Anche in questo caso il nome tradisce origine e funzione originaria, anche se adesso ospita un mercato in cui si vendono quasi esclusivamente abiti. Da notare il Peronio, una colonna medievale il cui nome deriva dal latino perones, le calzature in cuoio che qui venivano vendute.
Le due piazze sono unite dal “Volto della Corda” o “Canton delle busie“, passaggio coperto chiamato così perché qui i bugiardi, i falliti, gli imbroglioni e i debitori venivano colpiti sulla schiena con una corda. Le corde rimanevano sempre appese a cinque anelli di pietra infissi nel muro come monito. L’angolo sotto al “Volto della Corda” prende il nome di “Canton delle busie” (angolo delle bugie) perché qui i commercianti tenevano le loro trattative. Sono ancora oggi visibili le pietre bianche con le antiche misure padovane, riferimento per impedire che i venditori imbrogliassero i clienti.
Duomo e Battistero di Padova
La Basilica di Sant’Antonio prende gran parte dell’attenzione dei turisti che si recano a Padova, mettendo in secondo piano il Duomo e il Battistero.Ma per i padovani sono importantissimi .In particolare Il Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta, fu costruito a partire dal 1522 su progetto di Michelangelo Buonarroti.
La facciata su cui si aprono i tre portali è incompleta mentre l’interno è ampio e armonioso anche se di non particolare originalità. Molto più bello è il Battistero adiacente al Duomo con un ciclo di affreschi considerato il capolavoro di Giusto de’ Menabuoi. Appena si alza lo sguardo verso la cupola ci si sente osservati da centinaia di occhi di angeli e santi e lo sguardo severo del Cristo Pantocratore al centro della scena. Sulle altre pareti e sui pennacchi sono rappresentate “Storie della Genesi“, “Profeti ed evangelisti” e le “Storie di Cristo e del Battista
La cucina padovana
La cucina padovana è una cucina di orto e di corte, basata cioè sulle verdure che si possono coltivare negli orti di casa e sugli animali che si allevano in cortile.
Abbondano, quindi, i piatti in cui i protagonisti sono la Gallina Padovana e tutti i suoi parenti stretti: l’oca, il cappone, l’anatra, la faraona, la Gallina Polverara, il galletto nano e i più comuni polli. Da questi ingredienti nascono i piatti tipici della tradizione: tra i primi, da assaggiare i bigoli (spaghetti grossi e ruvidi) e i tradizionalissimi risotti: non solo “risi e bisi“, riso e piselli ma anche con asparagi, o il radicchio. I bigoli si sposano splendidamente con “l’Oca in Onto“, carne d’oca dissossata, salata e conservata nel suo stesso grasso, usata anche come secondo piatto. Ancora tra i primi piatti: la pasta e fagioli, la zuppa con verze o altri ortaggi. I secondi seguono la linea della tradizione: bollito misto alla padovana, prosciutto di petto d’oca, i salami, la soppressa, la salsiccia luganega e il cotechino. Non mancano secondi piatti e salumi a base di cavallo e mulo. Tra i dolci da provare, la fugassa padovana (focaccia), la figassa (torta di fichi), la smegiassa (con uvetta) e la sbrisolona. C’è poi una lunga tradizione pasticciera legata a Sant’Antonio con il Pan del Santo, il Dolce del Santo gli Amarettoni e i Merletti. Ogni pranzo,per i padovani, si apre con un classicissimo aperitivo Spritz e si chiude con una grappa. Per i vini non avete che da scegliere: siete in Veneto!
In conclusione, spero vivamente di avervi ispirato a visitare almeno una delle meravigliose tappe della meta nostrana , perfetta per un viaggio 2022 tutto italiano.