Storie di medici tra Italia e Bielorussia
di Paolo Pagliaro
Negli ospedali italiani mancano 25 mila medici e 60 mila infermieri, ed è difficile far fronte in queste condizioni a una possibile nuova ondata di ricoveri. L’assessore alla Salute della Regione Lazio, Alessio D’Amato, ha proposto oggi di ricorrere a professionisti stranieri, reclutando personale sanitario anche tra gli immigrati. Si tratta di una possibilità offerta dal decreto Cura Italia, che da marzo 2020 consente di assumere per l’esercizio di professioni sanitarie anche i cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, purché titolari di un permesso di soggiorno.
Ma questa norma viene di fatto vanificata dall’ostinazione con cui molte aziende sanitarie continuano a bandire concorsi che, quanto ai medici, prevedono il requisito della cittadinanza italiana o di Paesi dell’Unione Europea. L’Amsi, che è l’associazione dei medici stranieri, fa notare che l’Italia è tra i pochi paesi nel mondo a mantenere queste barriere.
Nessuno naturalmente sa con precisione quanti siano i medici tra i migranti. Conosciamo però i dati dell’Ocse secondo cui oltre un quarto delle persone che bussano alle porte dell’Europa ha un diploma di laurea. E conosciamo le storie di alcune di loro .
Oggi il Corriere della Sera ci racconta quella di Hilda Naaman, dottoressa siriana di 25 anni intrappolata tra il filo spinato polacco e i bastoni elettrici dei soldati bielorussi. Dice il padre, che Hilda ha prima perso le unghie per il gelo e la fame, poi ha smesso di camminare e ora non risponde più al cellulare.