Contro i femminicidi più donne al lavoro
di Paolo Pagliaro
Oggi sui maxi-schermi digitali che Urban Vision gestisce nelle grandi città non scorrono messaggi pubblicitari ma i nomi di tutte le donne uccise in Italia, con la data della loro morte e il modo in cui sono state assassinate. E’ una delle molte iniziative varate in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare le emergenze. Quelli proposti questa mattina da Openpolis dicono che il 61% delle donne vittime di omicidio volontario sono state uccise dal loro partner o ex partner, una cifra che sale all’84% se consideriamo anche gli omicidi commessi da familiari Non esistono parti invertite, perché gli omicidi commessi da donne sono il 5% e spesso si tratta di legittima difesa. Durante il lockdown sono aumentate del 73% le chiamate al 1522, il numero antiviolenza. E sono 2 mila gli orfani di femminicidio a cui lo Stato assegna un sussidio in seguito all’omicidio della madre, e che spesso per questo si ritrovano anche senza padre.
Con altri dati la Fondazione consulenti del lavoro dimostra che c’è un nesso tra la disoccupazione femminile e l’aumento dei casi di violenza. Una più elevata emancipazione professionale aiuta le donne a denunciare i loro aggressori, poiché le rende non solo economicamente più indipendenti, ma anche più consapevoli dei comportamenti maschili. E dunque la parità di genere intesa soprattutto come parità di accesso al lavoro, a posizioni professionali coerenti con le qualifiche possedute, a condizioni contrattuali adeguate, a pari livelli retributivi non è solo un diritto fondamentale, ma è la condizione necessaria per arginare la violenza.