La schiavitù dei bianchi: Una storia dimenticata
Gli schiavi Slavi nel Medioevo
Moltissimi viaggiatori arabi si erano recati al Nord della Pianura Russa e molti di loro ci hanno lasciato testimonianze scritte. In queste fonti compare il termine “saqaliba”, termine che nella letteratura araba medievale indicava le popolazioni slave dell’Europa centrale, più precisamente, fa riferimento agli slavi schiavi e mercenari del mondo arabo. Tuttavia, le testimonianze non ci forniscono informazioni precise, poiché non ci indicano una regione circoscritta e ben delimitata che ci aiuti ad individuare un punto in cui il commercio degli slavi si concentrava maggiormente.
Il termine “saqaliba” è probabilmente un adattamento del termine greco “sklavinos”, ovvero schiavi.
Gli storici, a tal proposito, hanno ipotizzato che il mondo arabo abbia stretto contatti con gli slavi della Pianura Russia proprio con la mediazione dei “greci” di Costantinopoli, a contatto con la Pianura Russa e con i primi Stati slavi medievali.
Come si diventava schiavi?
Molto spesso i soldati sconfitti sul campo di battaglia venivano presi e catturati dai vincitori, decadendo nello stato di celjad’, termine che nella Rus’ di Kiev indicava la classe degli schiavi, divenuti tali per causa di guerra, ma anche vendita degli stessi. Solo in rare occasioni un soldato, specie se di basso rango, poteva essere riscattato. Lo schiavo era, dunque, una preda di guerra. Un caso fortunato era, paradossalmente, l’infortunio. Se un soldato era moribondo o ferito, veniva lasciato al proprio destino.
La schiavitù poteva essere determinata dalla condizione economica.
Le famiglie contadine meno agiate della Rus’ di Kiev, specialmente nei primi anni dell’Alto Medioevo, preferivano vendere i propri figli a un ricco padrone per ricevere in cambio una somma in denaro e per garantire alla prole una vita migliore, con un rifugio e del cibo migliore di quello che la famiglia era in grado di offrire. I terreni coltivabili dei villaggi si esaurivano e le risorse non bastavano per tutti i componenti della grande famiglia slava, così occorreva necessariamente fare spazio. La maggioranza degli schiavi era di sesso maschile, perché per le ragazze era previsto il matrimonio esogamico che comportava il trasferimento della sposa nel villaggio della famiglia ospitante, ovvero quella del coniuge.
I ricchi padroni erano più inclini ad accogliere i giovani ragazzi, perché più sani e forti, soprattutto se questi ultimi avevano delle abilità speciali, come quella artigiana. Questo caso particolare riguarda principalmente i novgorodesi. A Novgorod, una delle più grandi città medioevali caratterizzata da un vivace dinamismo sociale ed economico, risiedevano moltissimi fabbri e artigiani, che spesso lavorano al servizio dei ricchi bojari, ovvero i nobili e proprietari terrieri.
Si diveniva schiavi anche per debiti o per “credito”. Questo era molto comune per i contadini colpiti da calamità naturali o da incendi, che molto spesso finivano per “prestarsi” al creditore per tempi assai prolungati, durante uno stato di schiavitù, teoricamente, a tempo determinato.
Come già detto, alcune famiglie contadine erano costrette a vendere i propri figli ai ricchi mercanti, i quali preferivano acquistare giovani ragazzi, bambini o donne. Alcuni lavori, ritenuti socialmente inferiori o troppo impegnativi dai ricchi signori, venivano affidati agli schiavi.
I bambini e i più giovani erano utilizzati per il servizio militare, perché erano più agili e imparavano a cavalcare e a combattere più velocemente rispetto a un adulto. In questo caso si trattava di schiavi di sesso maschile.
Gli schiavi, sia uomini che donne, venivano impiegati anche per i lavori domestici, inclusi i servizi sessuali e, anche in questo caso, si trattava principalmente di giovani adulti.
Contrariamente a quanto si pensa, i giovani schiavi non venivano torturati o maltrattati, dato che la “merce” doveva essere in ottime condizioni, che di conseguenza facevano alzare il prezzo per il venditore.
Molto probabilmente, coloro che venivano esposti erano i ragazzi scartati, forse perché ritenuti troppo deboli e denutriti. Inoltre, i giovani destinati alle corti signorili non venivano esposti nelle piazze di mercato dato che venivano selezionati privatamente da parte dei ricchi compratori.
Gli schiavi venivano esposti completamente nudi dinanzi al ricco signore, in modo che quest’ultimo potesse valutarne l’aspetto. Non dovevano presentare segni di maltrattamenti o torture, come lividi, graffi o qualsiasi altro difetto fisico, non funzionali per i lavori che dovevano svolgere all’interno delle corti.
Il viaggiatore arabo Ibn Fadhlan che aveva visitato la Pianura Russa nel X secolo, all’interno dei suoi diari di viaggi racconta che gli schiavi venivano esposti all’interno delle tende dei venditori, dove venivano ospitati i compratori che li osservavano con cura e in fine ne concordavano il prezzo.
Il compratore che poteva permettersi di acquistare i ragazzi più belli, era generalmente un esponente dell’aristocrazia; un esponente dell’élite al potere. Gli schiavi venivano accolti come se fossero membri della famiglia e crescevano in ambienti colti e raffinati, acquisendo la cultura dei componenti famigliari ospitanti. Questi schiavi, che arrivavano giovanissimi nelle corti dei signori, dimenticavano le loro tradizioni autoctone e l’unica cosa che li distingueva dall’ambiente arabo circostante era sicuramente il colorito pallido e malaticcio – dal punto di vista degli arabi – e i capelli biondissimi.
Le ragazze spesso si occupavano della cucina e della casa, prestandosi spesso anche ai signori, alla ricerca di compagnia femminile.
I ragazzi potevano svolgere il servizio di guardiano o essere impiegati in qualsiasi lavoro che richiedesse la fiducia da parte del padrone.
Le corti arabe e musulmane furono i “clienti” più assidui. Gli arabi, durante il periodo medioevale, descritti spesso come invasori e distruttori, non imposero mai la propria cultura in seguito alle azioni di conquista nei confronti di altri popoli. Gli arabi tendevano, a loro volta, ad adattarsi alle culture dei popoli conquistati e, di conseguenza, erano propensi ad instaurare rapporti e relazioni – culturali e commerciali – con terre lontane, non solo geograficamente.
Chiara Fiaschetti