Il Medioevo e la vita terrena tra il visibile e l’invisibile
Il Regno dei cieli a Bisanzio
L’esistenza del terrena per l’uomo del Medioevo non era altro che un breve passaggio per poter accedere a quella realtà superiore e senza tempo che costituiva il soprannaturale.
Dio e il regno dei cieli, nell’immaginario collettivo medievale, altro non erano che una “replica” di tutti quegli elementi terreni tipici della corte imperiale, solo che molto più grandi e maestosi.
La vita terrena era, dunque, un riflesso della corte celeste.
La visione del monaco Cosma ci mostra l’immaginario del regno dei cieli. Cosma, un ciambellano dell’Imperatore Alessandro (912-13), decise di abbandonare il mondo terreno per condurre la vita ascetica all’interno di un monastero dell’Asia Minore. Qui si ammalò e dopo alcuni mesi cadde in trance e il giorno seguente descrisse ciò che aveva visto.
“(…) giungemmo a un città di bellezza inenarrabile. Le mura erano costrutte da dodici corsi e ciascuno era di una diversa pietra preziosa; le porte erano d’oro e d’argento. Entro le mura trovammo dorato il terreno, dorate le case, dorate le ville. (…) In vetta alla città giungemmo a un palazzo mirabile ed entrammo in un salone vasto. Dall’una all’altra estremità si estendeva una tavole in porfido e attorno ad essa molti ospiti s’appoggiavano. Da un angolo partiva una scala a chiocciola che portava a una loggia interna.”
La narrazione di Cosma inizia con l’incontro degli apostoli Andrea e Giovanni, i quali secondo il monaco assomigliavano molto alle rappresentazioni delle icone. Gli apostoli condussero Cosma dinanzi a una porta che conteneva “una bella pianura”.
La grande sala, la scala a chiocciola, la loggia e la tavola in porfido erano tutti elementi caratteristici della corte imperiale, dove Cosma, prima di farsi monaco, aveva servito come ciambellano. Inoltre, più avanti il monaco descriverà anche gli eunuchi, gli attendenti imperiali.
La descrizione è intensamente accentuata e vivida e manifesta l’equivalenza tra la corte celeste e la corte terrena.
I corrispondenti terreni
Gli angeli, l’esercito di Dio, fungevano anche come emissari, proprio i magistriani per l’imperatore. Tuttavia, a Bisanzio il culto degli angeli non era così diffuso. Nella devozione popolare solo gli arcangeli Michele e Gabriele venivano considerati. I corrispondenti terreni degli angeli erano sicuramente gli eunuchi, molti di essi occuparono la posizione di comandante militare, come Narsete, fedele generale di Giustiniano. Gli eunuchi si trovavano sotto il comando del praepositus sacri cubiculi, analogo a san Michele.
La Vergine Maria ricopriva, per il bizantino, un posto speciale, in quanto era la protettrice di Costantinopoli, capitale dell’Impero.
La vita “un terreno di battaglia tra forze del bene e forze del male” (C. Mango, La civiltà bizantina), era costituita anche da demoni, una realtà visibile e concreta.
Ciascun demone aveva un preciso compito e una precisa natura ed erano legati, inevitabilmente, alle vecchie tradizioni pagane.
Essi potevano penetrare nello spirito e nella carne e rappresentavano un pericolo, specialmente per i monaci lontani da ogni distrazione terrena.
Alcuni demoni, secondo le credenze, avevano delle funzioni specifiche se pensiamo, per esempio, al demone della noia o della fornicazione.
Satana, in fine, poteva mostrarsi in forma di mercante arabo o di un’anziana, vecchia e con la pelle aggrinzita che spesso emanava cattivo odore. L’anziana suggeriva pensieri sconci e faceva avvertire una sensazione di noia.
L’elemento invisibile, vissuto anch’esso sulla terra, era sicuramente il più significativo.
Chiara Fiaschetti