Patrice Lumumba, un’eredità democratica in tempi di golpe

Patrice Lumumba, un’eredità democratica in tempi di golpe

“Grandi leader alimentarono il sogno del panafricanismo, che oggi sembra invece molto lontano”. L’incontro alla Società geografica italiana

 Orgoglioso e democratico, forse contraddittorio ma desideroso di un cammino nuovo per il suo Paese. Per molti semplicemente un eroe dell’Africa, che dovrebbe poter riposare nella terra dei suoi antenati. Sono alcune delle parole usate oggi a Roma per riflettere sull’eredità di Patrice Lumumba, primo capo di governo eletto del Congo indipendente, arrestato, assassinato e divenuto mito. A definirlo “un eroe”, in un videomessaggio proiettato a palazzetto Mattei, nella sede della Società geografica italiana, è l’ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo. Il filmato arriva da Abidjan, dove a dicembre il politico settantaseienne ha fondato il suo Parti des Peuples Africains.

“Mi stringo ai figli di Lumumba e sostengo la loro lotta affinché i resti del padre possano tornare nella terra degli antenati” scandisce Gbagbo. Da socialista e panafricanista, evidenzia il significato dell’esperienza del primo ministro congolese, ricordando l’arresto e la consegna ai separatisti del Katanga fino all’assassinio del 17 gennaio 1961 e a quei resti sciolti nell’acido, sparsi tra l’Africa e il Belgio, l’ex potenza coloniale accusata di complicità nell’omicidio. Ancora in queste settimane si è scritto di un dente che da Bruxelles dovrebbe tornare in Congo. Doveva essere a gennaio, potrebbe essere a giugno. Ma il punto, oggi a Roma, non è questo. Il titolo dell’incontro è ‘Patrice Lumumba a 60 anni dalla morte’, il sottotitolo ‘Attualità per il Congo e per l’Africa di un’eredità politica e umana’. Il focus è su indipendenza e democrazia, in una fase particolare. Lo sottolinea Giuseppe Mistretta, direttore centrale per l’Africa subsahariana del ministero degli Esteri: “Con tutti questi colpi di Stato sembra di tornare agli anni ’70 o ’80 del secolo scorso; a volte la storia appare andare indietro e non avanti”. Il riferimento è al golpe di lunedì in Burkina Faso, l’ultimo di una serie, dopo che giunte militari hanno preso il potere dalla Guinea al Ciad passando per il Mali.

Si torna a Lumumba: “Grandi leader alimentarono il sogno del panafricanismo, che oggi sembra invece molto lontano, tanto che perfino all’interno degli stessi Stati non si riesce ad andare d’accordo”. Del primo ministro, come “simbolo dell’orgoglio dell’indipendenza e del desiderio di essere artefici del proprio destino”, parla l’ex viceministro degli Esteri Mario Giro. Scrittore ed esperto, tra le voci della Comunità di Sant’Egidio, ricorda “l’iniziale sforzo per la democrazia in Congo” che Lumumba profuse da primo ministro. Solo pochi mesi, mentre i venti della Guerra fredda sferzavano la foresta tropicale, come ricorda Paolo Sannella, già presidente del Centro per l’Africa della Società geografica italiana. Nel suo intervento ricorda la propria esperienza di professore universitario a Elizabethville, la città dove Lumumba era stato assassinato poco prima e che adesso si chiama Lubumbashi. “Parlarne oggi”, dice Sannella, “mi emoziona”.

Prova a guardare al futuro Marie-Jeanne Balagizi, presidente dell’Associazione delle donne africane in Italia. “C’è una guerra che va avanti da 25 anni nell’est del Congo, con 12 milioni di morti e vite spezzate che avrebbero invece potuto servire lo sviluppo del Paese” denuncia, richiamando alle proprie responsabilità sia la politica di Kinshasa che la comunità internazionale. Alle violenze dei gruppi armati, ribelli o solo criminali, si torna a poche settimane dal primo anniversario dell’agguato nel quale il 22 febbraio 2021 rimasero uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, l’autista dell’Onu Mustapha Milambo e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Ne parla Giuseppe Morabito, coordinatore del Centro relazioni con l’Africa. “Attanasio era un diplomatico di tipo nuovo che non restava dentro le mura dell’ambasciata e che sapeva ascoltare” dice: “E’ una caratteristica nient’affatto scontata, che gli è costata la vita”. 

Redazione Radici

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