Quirinale, perché l’intesa è difficile

Quirinale, perché l’intesa è difficile

di Paolo Pagliaro

Ci sono diverse ragioni che spiegano perché questa volta sia così difficile trovare un accordo sul nome del nuovo capo dello Stato. La prima ragione è che un accordo ci vuole, visto che né il centro-destra né il centro-sinistra raggiungono, da soli, i 505 voti che da giovedì saranno necessari per eleggere il successore di Mattarella. Secondo i calcoli del politologo Roberto D’Alimonte il blocco di centrosinistra è davanti a quello di centrodestra, 463 a 452.

Dato il sostanziale equilibrio, l’esito della partita sarebbe dunque nelle mani dei 94 parlamentari che mancano all’appello, molti dei quali iscritti al gruppo misto e a formazioni politiche minori. Va detto peraltro che mentre il centrodestra è sostanzialmente compatto, lo stesso non si può dire per l’altro fronte, che sulla carta comprende 5Stelle, Pd, Leu e Italia Viva ed è dunque anche la somma di inimicizie politiche recenti e profonde.
Un’ulteriore difficoltà è il fatto che mai prima d’oggi si era profilata la possibilità che fosse eletto al Quirinale il presidente del Consiglio in carica. Se così fosse, sarebbe automatica una crisi di governo, ipotesi di cui legittimamente i partiti si stanno occupando.

D’altra parte difficilmente il governo potrebbe reggere se al Quirinale si insediasse un presidente eletto da una maggioranza alternativa a quella che ha votato la fiducia a Draghi. E anche di questo occorre tener conto. Come si vede, sono ingenerosi e forse anche autolesionistici gli appelli a fare in fretta.

Redazione Radici

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