Donne delinquenti
“”Voi credete questo che le donne possano essere pari agli uomini?“
È una domanda che noi donne ci poniamo da lungo tempo .Ma riconosciamo che gli uomini abbiano un certo valore e dunque li accettiamo come pari “ Nathalie Portman ne il film” l’Altra donna del re “
Di Daniela Piesco Vice Direttore Radici
Esiste la donna delinquente?O meglio la donna delinquente è necessariamente una prostituta?E una prostituta non può essere una donna normale?
La citazione che ho scelto è di un film dedicato ad Anne Boleyn , nota ai più quale seconda moglie di Enrico VIII, re d’Inghilterra e signore di Irlanda, e da lui condannata al patibolo per presunte infedeltà coniugali, incesto e arti di strega. È stata rappresentata come una donna moderna, con il coraggio delle proprie idee in un mondo dominato da uomini: un’icona femminista. E se alcuni ambasciatori la descrivono quale consorte reale perfetta nei modi, frivola forse, ma intelligente, lo spagnolo Eustace Chapuys la bolla come “concubina del re”: calcolatrice e vendicativa.
In questo breve scritto vorrei cercare di mettere insieme i tasselli di un argomento spinoso e lacunoso quale quello della criminalità femminile, argomento che presenta ancora poca letteratura e poche ricerche a riguardo e che sarebbe interessante approfondire ulteriormente.
Dalle informazioni estrapolate sembra emergere l’idea che le donne non delinquono e che quel poco debba essere tenuto nascosto; infatti le donne assassine e criminali in genere rappresentano il 10-15% della popolazione criminale e il numero maggiore viene raggiunto negli Stati Uniti.
Secondo quanto estrapolato dal libro di Tani C. “Assassine”,un così basso tasso di criminalità
femminile può essere fatto risalire a molteplici concause, in primo luogo alla mancanza di studi sull’argomento, in quanto, in passato, la maggior parte della letteratura e degli studi sul delitto si sono concentrati sugli uomini perché considerati più aggressivi, violenti e portati alla criminalità rispetto alle donne.
I reati di violenza non sembrano essere facilmente conciliabili con lo stereotipo tradizionale di femminilità e comportamento femminile, i condizionamenti sociali fanno sì che le donne passino raramente all’atto delittuoso, inoltre per molto tempo si è ritenuto che la donna fosse incapace di uccidere.
Donne e uomini: la differenza biologica
Si teorizzava una sorta di differenza biologica tra i due sessi: il corpo femminile, predisposto per accogliere e dare la vita, non poteva essere in grado di toglierla.
Cesare Lombroso, padre della moderna criminologia, nel suo saggio “La donna delinquente, la prostituta e la donna normale” (1893), ha studiato il crimine femminile cercando di individuarne i
segnali fisici. Secondo lui la donna criminale o “delinquente nata” ha caratteristiche fisiche che la avvicinano agli uomini più che alle donne normali.
Per Lombroso la donna criminale riproduce alcuni tratti maschili e a questi vengono ad aggiungersi spesso “le qualità peggiori della psicologia femminile: l’inclinazione alla vendetta, l’astuzia, la crudeltà, la passione per il vestiario, la menzogna, il rancore, l’inganno, formando così frequentemente dei tipi di una malvagità che sembra toccare l’estremo” (1893).
L’autore riteneva che le donne fossero ‘più crudeli dell’uomo e portate ad essere vendicative, feroci e fredde; la donna omicida, secondo lui, gioca con l’idea di disporre della sua vittima per ragioni che le sembrano giuste ma possono non esserlo per un uomo. Se decide di uccidere è capace di giustificare l’atto a se stessa e inventare una propria moralità adatta a quel particolare caso’
Paradossalmente Lombroso,a mio modesto avviso, proprio con queste parole finisce con il teorizzare una superiorità intellettiva propria della natura femminile.
Pollack ,mi conferma questo poiché a proposito di criminalità femminile,parla di criminalità mascherata o dietro le quinte: “È vero che esiste un comportamento femminile frequente cioè quello del favoreggiamento e dell’istigazione, della manipolazione, un modo di non esporsi in prima persona”.
Secondo lui le donne commettono lo stesso numero di delitti degli uomini ma vengono raramente scoperte..
Allora pur di non riconoscere questa intelligenza sopraffina nelle donne capaci di delinquere e nonostante tutto rimanere ‘innocenti’ si è creato uno stretto rapporto tra crimine femminile e malattia mentale : un rapporto assai ambiguo in quanto la malattia mentale viene utilizzata come spiegazione alla criminalità femminile, per cui le donne devianti sarebbero mentalmente insane o deviate dal punto di vista psicologico. ( Morris, 1987: 52).
Le azioni di tali donne devianti non erano viste come risposta a specifici problemi sia interni che esterni, ma come cause della malattia e quindi da curare o allontanare dalla società.
Donne normali
Dunque la donna ‘normale’ e non malata è quella che accudisce casa e figli e ciò contrasta con l’emancipazione da essa
raggiunta in questi ultimi anni tanto è vero che tale duplicità del ruolo femminile sarebbe,(Faccioli) fonte di conflitti e di tensioni per la difficoltà di realizzare un equilibrio fra i due momenti: o esistere solo nel focolare domestico o riuscire ad essere donna anche aldifuori di esso .
Lo stato di ribellione che ne deriva troverebbe espressione non solo in atti criminosi quanto piuttosto in forme di devianza quali la prostituzione, la malattia mentale, il suicidio.
“Diverse opportunità strutturali e i differenti processi di socializzazione portano uomini e donne ad agire in modo diverso di fronte a problemi o a situazioni analoghe. Si può così arguire che la ristretta normativa cui le ragazze sono abituate ad attenersi, le indurrebbe ad essere non aggressive,
premurose, ambiziose […]. “
Di conseguenza ci sarebbe nelle donne la tendenza a diventare introverse e, nel caso di devianza, anche auto-distruttive. Invece, la socializzazione dei maschi li incoraggia ad
essere aggressivi, decisi a proiettarsi verso l’esterno, con il risultato che essi hanno maggiori probabilità di diventare ,se devianti,violenti o anti-sociali a livello criminale….
Ma questa netta separazione dei sessi dimentica che non tutti i membri della società accettano acriticamente i ruoli tradizionali dei rispettivi generi loro assegnati dalla società
A tal proposito mi torna alla mente la chiarezza straordinaria di Anna Radius Zuccari novellista e poetessa (Neera ,questo lo pseudonimo di Zuccari )che a Lombroso risponde che «uomini e donne non sono maschio e femmina».
Neera coglie in sintesi e con estrema lucidità la distinzione tra natura e cultura che sta alla base della categoria di genere, verso una radicale storicizzazione del sesso.
Misurato, soppesato, classificato, il corpo delle donne non ha nessuna stabilità anatomica, ma è oggetto e soggetto di contesa in un dibattito scientifico che, proprio perché si preoccupa di tutelare l’ordine sociale dal movimento che lo attraversa e lo minaccia, è eminentemente politico.
L’aggettivo delinquente è uno dei segni del carattere storico del nome a cui è affiancato: senza ricorrere alla categoria di genere, «donna» si rivela un concetto politico, reso continuamente instabile dal conflitto tra chi ha preteso di definire le donne per fissarne la subalternità sociale, e le donne che quella definizione e questa subalternità, da posizioni diverse, le hanno contestate.
L’emancipazione femminile si contrappone all’impostazione positivista che considera i ruoli femminili come
naturali, negando la possibilità di deviare, e soprattutto negando la visione in cui il perno di ogni confronto restano gli uomini in un ottica di omogeneizzazione o di scontro.
Ma allora la parità o la diversità sono entrambe rivendicazioni astratte?
Scelgo la risposta di Bisi :
“Il pensiero femminile si muove ancora fra rivendicazione di parità e valorizzazione delle differenze, molte teorie recenti, anche sull’emancipazione, partono dal presupposto che il modello maschile è quello comunque a cui bisogna uniformarsi o diventare uguali ma è possibile considerare la criminalità e la devianza femminile al di fuori del confronto fra i sessi, o come realtà autonome, al cui interno studiarne peculiarità e cambiamenti, o come un’unica realtà in cui le spiegazioni del crimine possono/devono essere le stesse per la criminalità maschile e per quella femminile”
Ma vi è di più ..
La psichiatria entrò nel dibattito e lo influenzò profondamente: se la missione “vera”, “naturale” della donna era la maternità la prostituzione diventava un fenomeno destabilizzante dal punto di vista sociale. Forse ineliminabile e ritenuta da alcuni osservatori , naturalmente maschi , indispensabile allo sfogo sessuale maschile, i teorici della “degenerazione” (con la quale venivano spiegate molte patologie mentali) avvertivano che la prostituta era necessariamente una donna malata e che donne sciagurate come le prostitute non potevano che generare figliolanze altrettanto degenerate.
Pur essendo malate però in una sorta di caduta rovinosa nel vizio, le donne una volta superata la barriera della prostituzione poi potevano diventare delinquenti molto più pericolose , e non di rado raffinate , degli uomini.
Più pericolose e raffinate significa più intelligenti?
Prima di procedere a sommarie conclusione in quanto ho prospettato solo miei liberi pensieri sul tema non proponendo nessuna verità universale vorrei citare anche un libro che ho letto recentemente:”Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate”
Michela Zucca nel suo ultimo libro ‘Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate'(2021 ,368 p., ill. , Brossura)si pone questo interrogativo: le streghe, le eretiche, le donne delinquenti dove sono andate a finire?Dove sono le antiche femmine ribelli delle Alpi e delle foreste d’Europa? Bruciate sui roghi, naturalmente! Ridicolizzate dagli intellettuali e dimenticate..
Ma siamo sicuri che siano state dimenticate?
E così la foresta, liberata dal suo incantesimo, poté essere sfruttata secondo la tecnologia moderna: la solcarono le strade, e i rettifili disboscati penetrarono fin nel più fitto degli alberi. La distruzione dell’ambiente ebbe inizio, e il “popolo dei boschi” perse l’unica risorsa di cui disponeva: il rifugio in cui ritirarsi dall’influenza dei “civili”.
E perse Dio. O, meglio, la Dea.
Una Dea che non poteva per definizione essere alla pari degli uomini
Vi è una probabilità molto alta che se non altro, nella misura in cui i romanzi fanno riferimento alla società del passato (si prenda ad esempio la protagonista delle “Relazioni pericolose” di Coderlos de Laclos che è una donna che dispone di un patrimonio, che si sceglie gli amanti, che dispone come vuole della propria libertà) si sia voluto fortemente negare la superiorità femminile poiché appariva sempre più evidente che la donna aveva il suo significato di essere vivente non solo e non soltanto reclusa tra le mura domestiche o poco oltre,e la sua “naturale” vocazione alla procreazione non poteva essere anche “naturale” inferiorità fisica, psicologica e mentale.
In conclusione risulta chiaro, ed è necessario ribadirlo, che molte delle interpretazione sulla violenza femminile siano fortemente condizionate dallo stereotipo culturale del ruolo femminile e che una vera
comprensione del fenomeno possa nascere solo da numerose ricerche sul campo che tengano conto delle variabili culturali, sociali e di contesto in cui i crimini avvengono e in cui le donne criminali vengono a trovarsi.
Sicuramente ci poniamo le domande sbagliate e anziché chiederci e tentare di spiegare perchè la criminalità femminile è così esigua, dovremmo chiederci: perchè quella maschile è così elevata? L’uomo moderno si è davvero emancipato liberandosi da costrizioni e resistenze di carattere tradizionale?