La profezia di Yatsenko
Produttore cinematografico, 44 anni originario del Donbass, lo scorso settembre era al festival di Venezia a presentare la nuova opera di Valentyn Vasyanovych ‘Vidblysk’. “I russi hanno pensato di poter fare tutto, vi hanno corrotto con i loro soldi e avete chiuso gli occhi. Adesso è troppo”
“È in gioco la nostra esistenza, veramente. Putin ama l’idea dell’impero russo, lo vuole ricostituire e l’Ucraina ne faceva parte. Ci ha attaccato perché l’Occidente in questi anni non ha reagito: prima c’è stata la Georgia, poi la Moldavia, la Crimea, infine il Donbass. I russi hanno pensato di poter fare tutto, vi hanno corrotto con i loro soldi e avete chiuso gli occhi. Adesso è troppo: se l’Ucraina cade, non sarà l’unica. Poi sarà la volta della Polonia, i Paesi baltici, la Serbia. Vi mangeranno pezzo a pezzo“.
Non usa mezze parole Vladimir Yatsenko, produttore cinematografico ucraino. Il 44enne originario del Donbass, che lo scorso settembre era al festival di Venezia a presentare la nuova opera di Valentyn Vasyanovych ‘Vidblysk’ (Riflesso), oggi si trova a Kiev con i bombardamenti in sottofondo, deciso a “combattere per il Paese”.
“I russi ci vogliono ridurre in schiavitù, io non voglio esserlo“, scandisce parlando all’AGI. Portati al sicuro moglie e figli, è rientrato nella capitale nella notte: “A un certo punto, hanno bloccato il treno per timore di bombardamenti, hanno spento le luci e siamo andati avanti così. Ora la capitale è deserta, la notte è stata più tranquilla e fino a stamattina alle 8 c’è il coprifuoco, in vigore continuativamente da venerdì. Nessun civile può girare per le strade, tranne coloro che si sono offerti di difendere la città armi in mano. Le hanno distribuite (ai volontari) ma questi non hanno uniformi né documenti, un gran confusione…”.
Dalla sua posizione, Yatsenko denuncia le “bugie dei russi” ma anche il “tradimento” dei Paesi europei. “Molti di loro non sono pronti a combattere per i loro valori”, sottolinea, puntando il dito contro il “consumismo” che ha sostituito i principi che li animava. “Nel 2014, a Maidan gli ucraini sono morti per i principi e i valori europei, ma l’Unione europea ha detto che non eravamo pronti a entrare. La questione è se l’Ue è pronta a combattere per i suoi principi. Noi siamo la frontiera, lo siamo sempre stati, e la nostra scelta è sempre stata quella dell’Europa”.
In questa situazione, di fronte all’invasione russa, ci continuano a esprimere “le più profonde condoglianze, ma nient’altro”, per diverso tempo “hanno preso soldi russi e tenuto le bocche chiuse”. Ora le cose sono cambiate e “ne siamo contenti” ma “quello di cui abbiamo bisogno dall’Europa sono armi per difenderci”.