Lucida follia del conflitto
Dario Patruno
Con la rivoluzione bolscevica del 1917, in Ucraina scoppia una guerra civile, con due repubbliche ucraine in competizione tra loro, una nella parte occidentale e una nella parte orientale, diventando il teatro principale del conflitto tra “rossi” (i bolscevichi) e “bianchi” (le forze anticomuniste legate al vecchio esercito zarista). Soltanto nel 1922, con la vittoria dei “rossi”, l’Ucraina entra a fare parte dell’Unione Sovietica.
L’Ucraina è diventata indipendente nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica, o meglio è tornata ad esserlo dopo la breve esistenza di una repubblica ucraina durante la guerra civile 1917-22. Nei successivi trent’anni fino a oggi ha avuto una successione di governi, alternativamente filo-russi o filo-europei.
La cosiddetta Rivoluzione Arancione nel 2004 e la rivolta di Maidan nel 2013 hanno riaffermato il desiderio della maggioranza della popolazione di stringere rapporti con l’Unione Europea.
Nel 2014 milizie armate, ispirate da Mosca hanno proclamato due repubbliche filo-russe nelle regioni di Donetsk e Lugansk, anche conosciute come l’area mineraria del Donbass, la parte orientale dell’Ucraina confinante con la Russia e in cui la maggior parte della popolazione è di lingua russa; e l’esercito russo ha occupato la penisola della Crimea, sul mar Nero, più tardi annessa formalmente alla Russia. Da allora nel Donbass va avanti una guerra fino a questo momento a bassa intensità, che però ha fatto ben 14mila morti e decine di migliaia di feriti.
Alcuni giorni fa Vladimir Putin ha firmato il riconoscimento delle “Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk”,, inviando truppe russe e di fatto annettendole alla Russia. Ieri è stata attaccata la centrale nucleare Zaporizhzhia. La strategia di controllare le centrali nucleari significa avere il controllo dell’elettricità di un quinto dell’intera Ucraina.
Considerando la nostra dipendenza dal gas russo per il 43% delle nostre forniture è urgente accelerare sulle energie rinnovabili quali eolico, solare e biomasse perché nel medio periodo questo potrebbe renderci più autonomi dal gas e la nascita delle prime comunità energetiche va salutata con favore e incentivata. Se siamo all’anno zero dobbiamo ricominciare da tre e non da zero come ci ricordava Troisi. Le procedure amministrative vengano velocizzate e i controlli vengano effettuati a monte e non a valle quando le patologie delle illegalità vengono lasciate alla repressione della magistratura.
“Son forse io il custode dell’altro?” L’interrogazione di Dio a Caino “Dov’è tuo fratello Abele?” esige una risposta concreta, chiede conto di un dove, di un luogo. Per rispondere non si può guardare solo a sé stessi: bisogna aprirsi alla realtà e al mondo. Sono interrogativi ai quali non si può sfuggire, che implicano la responsabilità di vedere nell’altro la sua sofferenza, la sua precarietà, la sua fragilità, la sua rabbia, ma anche il suo essere risorsa e aiuto per noi. L’assunzione di questa responsabilità richiede un’interrogazione profonda nelle comunità, l’instaurarsi di relazioni pratiche umane, un ascolto attento delle paure, l’aprirsi ad uno scambio sociale, basato sulla reciproca conoscenza. Non sembra un caso che il termine “responsabilità” trovi la sua radice etimologica nella parola risposta: l’altro ci interpella, chiede di “esserci”, di diventare interlocutore. Secondo Lèvinas, in questa domanda, che di fatto presuppone che l’altro non ci riguardi, troviamo l’origine dell’immoralità, per Lèvinas, infatti, la naturale responsabilità verso l’altro ci costituisce come esseri morali.(cfr.https://filosofiaenuovisentieri.com/2020/10/04/son-forse-io-il-custode-di-mio-fratello)
Ed ecco che la luce in fondo al tunnel si vedrà, appena il cessate il fuoco diventerà realtà e il risveglio ci vedrà più preparati e meno spaesati in una Europa di cittadini e di popoli, anzi di un popolo accomunato dalla umanità che ci rende fratelli tutti. L’ONU deve incessantemente farsi sentire, non basta una risoluzione approvata a stragrande maggioranza, la ragione e il diritto devono dimostrare di essere più forti se è costante e incessante il lavoro. Paolo di Tarso ci ha parlato di spes contra spem.
Un’ultima annotazione i conflitti mondiali sono diventati nel 2021 ventisette. Sono diventate 21 le guerre ad alta intensità nel 2020, sei in più rispetto all’anno precedente, quando erano 15. Tra le più gravi lo Yemen, la Siria, il Sud Sudan. Con il conflitto nella regione etiopica del Tigrai salgono a 22 nel 2021.
Penso ci bastino. L’ Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo – edito da Terra Nuova Edizioni e curato dall’associazione culturale 46° Parallelo. Secondo un rapporto dell’Onu, si legge nel volume, «dopo un conflitto di oltre sei anni, la Regione dell’Ucraina Orientale è il territorio più minato al Mondo. Tra il 2014 e il 2019, quasi 2mila sono state le vittime, soprattutto nei villaggi e nelle zone rurali. Circa il 43% di questi sono bambini». https://www.osservatoriodiritti.it/2021/10/22/atlante-delle-guerre-e-dei-conflitti-nel-mondo-raffaele-crocco/
Ma questo conflitto continua a dimostrare che gli uomini non si stancano di odiarsi. A proposito, per negoziare bisogna essere in due e se uno non lo vuol fare non lo puoi costringere. Esempio, il diritto civile mutua la nozione di obbligazione dal diritto romano quando chi non voleva pagare i debiti veniva legato, obligatus e venduto trans Tiberim. Oggi con l’abolizione della schiavitù questo non è più possibile. Forse il diritto internazionale dovrebbe studiare strumenti più efficaci che, sottoscritti preventivamente, costringano gli Stati, tutti, a trattare sin dall’insorgere del conflitto il cessate il fuoco e l’attivazione di corridoi umanitari immediatamente come automatica assunzione di responsabilità. La guerra comporta oneri più che onori e tutti dobbiamo esserne consapevoli.