“La diplomazia è una delle carte per uscire dai conflitti, tuttavia in questa fase non è determinante”, chiarisce l’ambasciatore, certo che “la fine della guerra dipenderà dall’evoluzione della situazione militare sul terreno più che dalle azioni diplomatiche. Ma leviamoci dalla mente che la Nato intenda intervenire e che scoppi la Terza guerra mondiale“.
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A dimostrarlo sarebbe il fatto che nessuna nazione in questo momento sembra intenzionata ad assumersi il ruolo di “interlocutore primario” tra Mosca e Kiev. “Tutti sanno che è presto”, sottolinea il diplomatico. In questo senso, la linea del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è chiara: “Continua a fare richieste irricevibili, e lo sa bene” dice Pontecorvo. “Né la Nato né i Paesi europei gli daranno la ‘no-fly zone’ e non entreranno in guerra. Ma insistendo Zelensky preme sulle nostre opinioni pubbliche, ottenendo dall’Occidente molte altre cose: risorse, armamenti e tutte quelle azioni di pressione che dovrebbero portare il presidente Putin a capire che il costo che lui e la sua popolazione stanno pagando per questo conflitto è troppo alto, in termini economici e di prestigio internazionale”. Il problema, secondo Pontecorvo, è che “a Putin non interessa quali ricadute ci saranno sui suoi cittadini“.
Il diplomatico si dice certo che il conflitto, nonostante l’invio di armi ai Paesi confinanti e la prevedibile risposta di Mosca, che domenica ha bombardato una base militare vicina al confine polacco, non innescherà una nuova guerra mondiale. C’è però una conditio sine qua non: “La Nato deve restarne fuori, ma di questo è più che consapevole”, spiega Pontecorvo. “Non è un caso che gli armamenti all’Ucraina siano consegnati dai Paesi Ue in veste di membri dell’Unione europea“.
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Il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, ricorda Pontecorvo, “continua a ribadire che non arriveranno uomini in Ucraina né sarà istituita una no-fly zone“, tutte posizioni che escludono “una possibile provocazione da parte della Nato”. Ma questo “non deve spingere l’Occidente ad auto-assolversi dalle proprie responsabilità”.
Da “almeno venti anni”, prosegue l’ambasciatore, “sappiamo che l’allargamento ad est della Nato rappresenta un problema per la Russia. Mosca ritiene di aver ricevuto delle promesse su questo punto, e stando alle inchieste del Der Spiegel (che ha citato documenti che dimostrerebbero la promessa di Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest di respingere la richiesta di annessione presentata dai Paesi dell’Europa orientale, ndr) non avrebbero tutti i torti. Nascono qui le incomprensioni che hanno generato il conflitto odierno”.
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È dai tempi della caduta del Muro di Berlino e della fine dell’Urss che “bisogna parlare”, sottolinea Pontecorvo, aggiungendo: “Inizialmente il dialogo con Mosca era scorrevole”. Ma poi, avverte il diplomatico, “un po’ per l’ostinazione dei russi, un po’ per la nostra politica muscolare, c’è stato un irrigidimento“. Secondo Pontecorvo, aprire la porta all’ingresso nella Nato di Ucraina e Georgia, nonché alle operazioni militari Nato in quell’area, dimostra che i rischi non sono stati presi “nella dovuta considerazione”. Grave anche che nelle settimane precedenti all’offensiva russa in Ucraina del 24 febbraio, solo i capi di Stato e di Governo dei Paesi europei abbiano fatto la spola a Mosca. “Noi europei siamo percepiti come cortigiani – osserva Pontecorvo – Il Cremlino ritiene che non siamo noi quelli che prendono le decisioni che contano“. Invece, il rinvio dei colloqui tra il ministro degli Esteri Sergej Lavrov e il segretario di Stato americano Antony Blinken avrebbe “rappresentato un problema”.
Così, secondo Pontecorvo, oltre alla guerra che uccide civili e crea milioni di profughi dall’Ucraina, l’Europa dovrà fare i conti con il fatto che “si è creata una nuova cortina di ferro“. L’ambasciatore avverte: “Le azioni di Putin sono inqualificabili” e l’Ue “dovrà affrontare conseguenze dolorose”. Quell’ecosistema culturale ed economico che legava Europa e Russia, dice Pontecorvo, “non esisterà più”. In parte però questo sarebbe anche un bene. “È l’occasione – nota l’ambasciatore – per imparare che bisogna diversificare e proteggere le proprie linee di approvvigionamento alimentare ed energetico, ragionando in modo serio sulle alternative strategiche, che evidentemente ora non possediamo”.
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Sul piano sociale, Pontecorvo ritiene che “l’unità europea, che già non è mai stata convincente, ora è spezzata. Ma bisogna fare una distinzione: non siamo in guerra contro il popolo russo, che è vittima di Vladimir Putin quanto noi”.