Migranti al confine Polonia-Bielorussia, prigionieri tra fili spinati

Migranti al confine Polonia-Bielorussia, prigionieri tra fili spinati
I volontari denunciano: “Violenze dagli agenti, respinte famiglie”

ROMA – “Sto gestendo l’emergenza di un ragazzo la cui vita è in pericolo. È stato diversi giorni alla frontiera imprigionato tra i due fili spinati. Per salvarsi la vita e tornare indietro a Minsk, insieme alle persone che erano con lui, ha tagliato il filo spinato. Le guardie di frontiera bielorusse per ripicca lo hanno preso e con lo stesso tronchese che il ragazzo aveva usato per tranciare il filo, gli hanno amputato parte del dito. Poi lo hanno colpito svariate volte sui reni e alla testa, ferendolo. In questo momento il ragazzo ha sangue nelle urine“.

A scrivere questa denuncia sui propri profili social è Nawal Soufi, volontaria italiana che da mesi presta assistenza ai profughi mediorientali bloccati tra Polonia e Bielorussia e che, stando alle denunce che da settembre arrivano da ong e volontari polacchi, vengono sistematicamente respinti dai militari delle due frontiere, che negano loro assistenza umanitaria e la possibilità di richiedere l’asilo.

Soufi continua: “Per salvarlo purtroppo non c’era alcuna alternativa se non mandare il ragazzo in ospedale per le cure mediche che, però, saranno a pagamento, perché il suo visto è scaduto da tempo. Ma soprattutto, a fine terapia, riceverà quasi certamente un documento di espulsione dal territorio bielorusso“.

La storia viene confermata all’agenzia Dire anche da Silvia Cavazzini dell’ong Gandhi Charity, rientrata ieri dalla Polonia e in contatto con altri membri del gruppo che le hanno mandato foto del giovane: ha ferite e lividi e la punta del terzo dito della mano destra risulta rimossa. “Stiamo osservando una notevole escalation di violenza da parte dei militari bielorussi contro i profughi che cercano di tornare”, dice Cavazzini.

Queste persone sono partite dal campo profughi di Bruzgi in Bielorussia negli ultimi giorni. nella notte tra domenica e lunedì scorsi risulterebbe partito l’ultimo gruppo di circa 40 persone. All’indomani dello scoppio della guerra in Ucraina, i militari bielorussi che gestivano il campo hanno iniziato a fare pressione sui migranti del centro chiedendo loro di scegliere: o andavano via verso il confine con la Polonia di loro volontà, o accettavano di tornare a Minsk e salire su un volo per Iraq, Siria o Libano.

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La volontaria di Gandhi Charity condivide anche l’audio di uno degli uomini bloccati nei boschi: “Abbiamo freddo, con dei bambini di pochi mesi abbiamo dovuto attraversare un fiume. Abbiamo i vestiti bagnati, aiutateci”, dice l’uomo in inglese. Nello stesso gruppo è presente anche un altro uomo che ha le gambe amputate. “Ci ha detto che camminare con le protesi sul terreno dissestato del bosco, dovendo anche guadare i fiumi, è faticoso e molto doloroso”, continua Cavazzini, sostenendo che “la guardia di frontiera polacca li ha individuati la notte scorsa e respinti”.

La volontaria aggiunge: “Gli uomini sono stati picchiati, anche i disabili. Donne e bambini invece non vengono toccati. Ora sono tutti bloccati tra le due frontiere, tra i fili spinati”. Le foto che condivide stavolta mostrano le famiglie riunite intorno a un fuoco, sedute su materassini e coperte e nessun riparo. Tra i minori, alcuni hanno tra i tre e i quattro mesi: “Le persone con cui siamo in contatto hanno raccontato di aver supplicato le Guardie di frontiera polacche di dar loro protezione, almeno per i bambini. La risposta è stata: ‘Sono figli tuoi, non nostri’”. Contattata sulla questione, la Guardia di frontiera polacca non ha ancora risposto.

Redazione Radici

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