Cresce l’interesse del mondo della scuola per la proposta di estendere l’insegnamento della filosofia
L’insegnamento della filosofia dai licei alle scuole di ogni ordine e grado
L’insegnamento della filosofia in Italia è tradizionalmente caratterizzato da un marcato approccio di tipo storico che ne costituisce la specificità rispetto alla maggior parte degli altri Paesi, tanto che ancora oggi la disciplina presente nella scuola superiore è denominata “Storia della filosofia” e non “filosofia”. Tale orientamento trova le proprie origini nella cultura italiana del Novecento. I programmi di filosofia attualmente in vigore sono ancora in gran parte quelli inseriti da Giovanni Gentile nella riforma scolastica del 1923. Gentile, idealista, identificava, come Hegel al quale si richiamava per molti aspetti, la filosofia con la storia della filosofia. Lo storicismo era, negli anni ’20, profondamente radicato nella cultura italiana, anche negli ambienti non fascisti: lo sosteneva, come è noto, Benedetto Croce, anch’egli idealista ma di orientamento liberale, ma anche il marxista Antonio Gramsci, i cui scritti (i Quaderni del carcere, pubblicati a partire dal 1948) esercitarono una profonda influenza sulla cultura italiana del secondo dopoguerra. Gentile sosteneva anche l’inutilità della didattica, affermando che “chi sa, sa anche insegnare”.
A causa di questa eredità, per insegnare nella scuola superiore, in Italia, non è mai stata richiesta una specifica preparazione didattica, pedagogica o psicologica. Gentile aveva però sottolineato l’importanza della lettura diretta delle opere per l’apprendimento della filosofia (“i testi dei filosofi sono il laboratorio della filosofia”, affermava). Attualmente la forma più diffusa dell’insegnamento, e quella prevista dai programmi ufficiali, prevede la spiegazione degli autori e delle correnti principali, seguita da interrogazioni per verificarne la comprensione e lo studio.
Non sono previsti esercizi né composizioni scritte da parte degli alunni (la Storia della filosofia è considerata una materia orale). Negli ultimi anni il dibattito sul rinnovamento dell’insegnamento della filosofia e le sperimentazioni dell’ultimo decennio ne hanno ridefinito un radicale cambamento dei contenuti e dei metodi. Per questo aspetto, i problemi maggiormente dibattuti attualmente in Italia sono i seguenti:
- Importanza dei testi tratti dalle opere dei filosofi, a partire dai quali vengono proposti esercizi e vengono sviluppate varie attività.
- Organizzazione dell’insegnamento della filosofia in modo che gli studenti non apprendano semplicemente dei contenuti, ma delle abilità, imparando a filosofare. Per far ciò, è importante la conoscenza dei concetti filosofici e la capacità di usarli ricostruendone i rapporti e applicandoli all’elaborazione di argomentazione, anche relativamente a problemi dell’attualità e dell’esperienza personale degli studenti.
L’uso dei testi tratti dalle opere dei filosofi è molto importante non solo per conoscerne dall’interno il pensiero, per seguirne i momenti dell’elaborazione, ma anche per conseguire obiettivi “di competenza”, cioè per far propri gli strumenti del ragionamento filosofico e le diverse procedure argomentative. La lettura delle opere e il lavoro sui testi consente di apprendere strategie argomentative e modalità di pensiero, permettendo allo studente di maturare una serie di competenze concettuali che vanno al di là della semplice conoscenza dei contenuti. Tali obiettivi non sono però raggiungibili attraverso la sola lettura dei testi. Occorre fare dei testi il materiale per una serie di attività didattiche da sviluppare su di essi e grazie ad essi.
È importante in ogni caso usare i testi dei filosofi per una serie di esercizi che stimolino l’attività diretta degli studenti, la loro capacità di comprendere e di rielaborare i testi, in modo che essi costituiscano il materiale non solo per comprendere il pensiero del filosofo, ma anche e soprattutto per sviluppare una serie di abilità e di capacità da applicare a contesti diversi; attraverso i testi lo studente non dovrà imparare contenuti filosofici, ma dovrà apprendere a fare filosofia, o a “filosofare”. Come si è detto, in Italia si tende attualmente a ridurre l’approccio di tipo storico, a vantaggio di quello tematico e problematico, ma esso conserva ancora molta importanza. Nella tradizione dell’insegnamento storico il testo filosofico è considerato anche un documento di un’epoca, che si apre al confronto con le altre produzioni culturali contemporanee.
All’approccio di tipo storico vengono ancora riconosciute funzioni positive, tanto da essere considerato ineliminabile. Tra queste va evidenziato che la filosofia esprime la visione del mondo propria di un’epoca. Non è necessario riandare a Hegel e alla sua nota metafora (la filosofia, come l’uccello di Minerva, spicca il proprio volo quando il giorno è già compiuto) per sostenere la validità di questa affermazione, anche perché la metafora di Hegel non è del tutto convincente. La filosofia non comprende semplicemente l’esistente ma contribuisce a determinarlo. Pensiamo piuttosto al Wittgenstein delle “Ricerche filosofiche”.
La filosofia è dunque la via di accesso privilegiata per capire le diverse “forme di vita” o, come potremmo dire oggi, le diverse culture, intese non come insieme di conoscenze, ma come atteggiamento verso la vita, come insiemi di valori e di norme morali. È una prospettiva che dà il senso dell’unità storica e getta una nuova luce sui diversi aspetti di un’epoca. La filosofia ci permette di cogliere la logica comune del sapere di un’epoca, e dunque dà allo studente una visione unitaria delle diverse espressioni (artistiche, scientifiche, letterarie) del sapere stesso che, al di là delle suddivisioni nei vari ambiti, ha sempre un denominatore comune, una logica di fondo che consente di interpretarlo come fenomeno unitario.
È per questo, come sostiene Kuhn, che raramente si verificano cambiamenti in un settore specifico, mentre di solito si determinano delle vere e proprie “rivoluzioni” dell’intero paradigma conoscitivo e quindi di tutti gli ambiti del sapere. Questa caratteristica della filosofia si traduce, in ambito scolastico, nella importante funzione di raccordare i diversi ambiti disciplinari che costituiscono il curricolo.
La filosofia può fornire allo studente gli strumenti per comprendere l’unità del sapere nelle diverse epoche storiche, il terreno comune al quale fanno riferimento, dal proprio punto di vista ed esprimendolo con un linguaggio specifico, la letteratura e l’arte, ma anche la scienza nelle sue diverse articolazioni. La filosofia è una disciplina che insegna a pensare, e i mezzi per pensare in modo corretto sono i concetti. È importante partire dall’analisi dei testi perché lo studente possa vedere i concetti in azione, nell’uso che ne fanno i singoli filosofi, ricavandoli dalle opere con un’attività di rielaborazione personale. È però anche importante che, a partire da qui, li comprenda e sappia usarli in generale. In essa sono evidenziati i concetti che costituiscono il fondamento della concezione moderna dello Stato, come si definisce a partire dal sec. XVII: il contrattualismo e il giusnaturalismo; è mostrata la loro relazione con le principali teorie politiche dell’epoca, l’assolutismo e il liberalismo e sono infine esposti i caratteri distintivi di queste teorie in relazione ai diritti, all’organizzazione dello Stato, ai rapporti tra lo Stato e il cittadino.
La costruzione di mappe concettuali come attività che “insegna a pensare” presuppone che sia lo studente stesso a costruirle, producendo più mappe relativamente allo stesso tema, in modo da considerarlo da prospettive diverse. Strettamente congiunta alla rielaborazione concettuale è la costruzione di argomentazioni, finalizzata allo sviluppo della capacità di produrle in modo autonomo. Infatti una caratteristica fondamentale del pensare in modo filosofico, del “fare filosofia”, è l’esigenza di giustificare le proprie tesi, sulla base di argomenti validi intersoggettivamente, analizzabili in modo razionale indipendentemente dalle opinioni individuali. La costruzione di mappe concettuali e di argomentazioni fa riferimento all’esigenza che gli studenti apprendano, attraverso i contenuti, anche “conoscenze procedurali” cioè metodi e strategie per organizzare e rielaborare dati, o in altri termini strategie e metodi di pensiero. Lo studente dovrebbe, in altri termini, “imparare ad imparare”.
La classe è organizzata come “luogo del confilosofare”. Il termine “confilosofare” è stato introdotto in Italia da Mario De Pasquale, autore di molti saggi sull’argomento. In uno di essi “Apprendere la filosofia attraverso il confilosofare” egli descrive in modo chiaro ed efficace questo nuovo metodo didattico che è anche un nuovo modo di considerare l’insegnamento della filosofia. In classe si passa da un apprendimento della filosofia raccontata, dal manuale o dal docente che spiega, e ascoltata dagli studenti, ad un’esperienza di filosofia, di dialogo con i grandi autori della tradizione, confilosofando con essi attraverso i testi.
Lo studente, attraverso l’apprendimento di una molteplicità di modelli di filosofia e di razionalità filosofica, sviluppa un’esperienza di formazione, una bildung, da cui acquisire gradualmente un habitus fatto di atteggiamenti filosofici, di riflessione, di intenzionalità, di capacità di interrogazione radicale sulle cose, di ricerca, di ragionamento argomentato, di valutazione, di comunicazione dialogica, con cui conoscere e interpretare sé, il mondo e gli altri. Il “confilosofare” è inteso in due sensi diversi e complementari: dialogo con i filosofi attraverso le opere nonché dialogo con i compagni e con il professore come metodo di ricerca e di arricchimento reciproco, in questo modo gli studenti fanno esperienze di filosofia, imparando a “filosofare”. Il metodo del “confilosofare” prevede un lavoro individuale sui testi: gli studenti leggono le opere, svolgono attività sui testi, li rielaborano, avvicinandosi alla filosofia attraverso il dialogo con i filosofi. Poi discutono insieme, apportando ognuno il proprio contributi.
Confilosofare vuol dire, dunque, fare filosofia con gli altri, insieme ai compagni di classe il che evidenzia per un verso la dimensione della ricerca, in senso socratico, come superamento delle particolarità per individuare ciò che è comune e per altro la dimensione del dialogo, che è confronto, argomentazione, interesse verso le tesi altrui, educazione alla razionalità, alla tolleranza e al confronto democratico.
Il dibattito attuale in Italia mette in rilievo l’importanza dell’insegnamento della filosofia, rinnovato nei contenuti e nei metodi, per le seguenti ragioni. In un’epoca caratterizzata dalla complessità e dalla rapidità dei cambiamenti, la filosofia acquista una forte importanza nella formazione: essa può offrire un supporto fondamentale per lo sviluppo di persone capaci di autodeterminarsi, di interpretare in modo adeguato la realtà, di riflettere, di giudicare criticamente, di interpretare i sistemi simbolici e di rielaborare il sapere in maniera personale; la filosofia può contribuire alla formazione di un individuo in grado di progettare consapevolmente il futuro, sia relativamente alla propria attività, sia nella partecipazione creativa alla vita sociale.
La filosofia permette di comprendere in modo organico le idee fondamentali di una determinata epoca (inclusa l’attuale), il quadro epistemologico che sta alla base delle diverse forma del sapere. La filosofia si basa sulla produzione di argomentazioni e sul modello argomentativo, cioè sulla necessità di esplicitare le ragioni delle proprie tesi, di analizzare le ragioni dell’altro e di accettare la pluralità di posizioni e concezioni. In conclusione, la finalità dell’insegnamento della filosofia è di sviluppare capacità e abilità e, in questa prospettiva, i contenuti sono principalmente dei mezzi per conseguirle. Il nucleo centrale della proposta è imparare a fare filosofia attraverso esperienze filosofiche
Ed è proprio il Ministro della Pubblica Istruzione Bianchi che da qualche tempo va sostenendo con grande convinzione la necessità e l’utilità che l’insegnamento della filosofia, presente attualmente presente soltanto nei “Licei”, sia esteso, sia pure in forma rinnovata, a tutti i tipi di scuola superiore. Sarebbe una prima vera riforma di una scuola ancora legata a vecchi schemi ottocenteschi ovviamente ormai obsoleti che purtroppo ci allontanano sempre più dagli standard europei. Abbiamo, però, se vogliamo la capacità di essere competitivi., a trarne i benefici sarebbero proprio gli studenti, i docenti e la stessa società civile.
Giacomo Marcario