La Grancontessa Matilde di Canossa
La forza femminile nel Medioevo italiano
Le origini
Contessa, duchessa e marchesa; Matilde nacque forse a Mantova nel 1046 dalla potente famiglia dei Canossa, marchesi di Tuscia e di origine longobarda. Il padre, Bonifacio di Canossa “il Tiranno”, era diretto discendente di Adalberto Attone, fondatore della Casata degli Attoni, una potente famiglia di stirpe longobarda. La madre, Beatrice di Lotaringia, apparteneva ad una delle più potenti famiglie di stirpe imperiale imparentata con i Duchi di Svevia e Borgogna, nonché con gli imperatori Enrico III ed Enrico IV.
Figlia del signore della Tuscia, a Matilde spettò, dunque, il titolo di marchesa, un titolo che, a partire dalla riorganizzazione dell’Impero attuata da Carlo Magno, si riferiva a coloro incaricati di amministrare i territori di confine: le marche.
La Tuscia, tuttavia, nell’ Alto Medioevo costituiva una circoscrizione longobarda che veniva indicata come “ducato”, per questo a Matilde vengono attribuiti entrambi i titoli.
Matilde, durante la sua adolescenza e giovinezza, dedicò molto tempo alla cultura letteraria, scrive a tal proposito Donizone:
“
Fin da piccola conosceva la lingua dei Teutoni e sapeva anche parlare la garrula lingua dei Franchi”
(Vita Mathildis, II, IV)
Il Castello di Canossa ospitava sfarzose feste e banchetti e, Matilde, crebbe nel lusso e nell’agiatezza, nel mondo mondano e raffinato.
Tuttavia, a soli sei anni, Matilde sperimentava il dolore e la sofferenza dovuta alla perdita del padre. Bonifacio morì infatti nel 1052, ucciso da uno sei suoi vassalli durante una battuta di caccia.
L’anno successivo, la madre, rimasta vedova, e i fratelli minori di Matilde, ricevettero la protezione dell’imperatore Enrico III, ma, sempre nello stesso anno, Matilde dovette sopportare anche la perdita dei fratelli, rimasti uccisi in seguito a un avvelenamento, forse involontario.
Pochi anni dopo la morte di Bonifacio, Beatrice sposò Goffredo il Barbuto di Lorena, mentre Matilda venne promessa sposa al figlio del Barbuto, Goffredo detto il “Gobbo”. Questi matrimoni andavano a costituire un importante “potentato” territoriale pericoloso per l’Impero.
Visto il crescente potere, Matilde e sua madre vennero prese in ostaggio dall’imperatore Enrico III che le portò in Germania. Tuttavia, anche Enrico III morì poco dopo e così Matilde e sua madre tornarono in area italica.
Il matrimonio con Goffredo
Le nozze tra Goffredo il Gobbo e Matilde vennero celebrate nel 1069.
Nonostante Goffredo fosse affetto da importanti difetti fisici, Matilde, lasciandosi persuadere dalla madre, decise comunque di adattarsi ai “compiti” di moglie. Il matrimonio comportava, infatti, l’unione tra la Casata dei Canossa e la Bassa Lorena.
Nel 1071 Matilde partorì una bambina, Beatrice, ma morì pochi giorni dopo.
Nel periodo coniugale Matilde soggiornò in Lotaringia, ma fu una permanenza difficile, non solo per i postumi del parto, ma anche perché Matilde venne accusata di portare il “malocchio” poiché non riuscì a concepire un erede maschio. La situazione spinse la contessa a tornare in Italia nel 1072.
Un anno dopo, il marito Goffredo discese in Italia allo scopo di riconquistare l’amata moglie, ma quest’ultima rifiutò l’offerta del marito, il quale offrì alla Grancontessa molti dei suoi possedimenti.
Nel 1076 Goffredo il Gobbo morì in seguito a un incidente descritto da Lamberto di Hersfeld: Goffredo, intento ad espletare fu colpito da un sicario il quale, secondo Lamberto, gli conficcò una spada tra le natiche.
Il Gobbo morì pochi giorni dopo tra atroci sofferenze.
Il regno di Matilde e la lotta per le investiture
Beatrice morì nel 1076 e Matilde divenne così l’unica sovrana. I suoi possedimenti si estendevano tra l’attuale Tarquinia fino al lago di Garda.
Avendo anche titoli in Lorena, Matilde era sovrana incontrastata.
La Grancontessa fu protagonista della lotta tra Impero e Papato.
La lotta alle investiture – che fa riferimento al diritto di investire ecclesiastici nonché il papa – iniziò con l’imperatore Enrico IV e Ildebrando da Soana, ovvero papa Gregorio VII.
Il contrasto tra le due autorità portò alla scomunica dell’imperatore da parte del pontefice. La scomunica spinse Enrico IV a scendere in area italica dove Gregorio VII lo attendeva ospite nel Castello di Canossa.
Secondo la leggenda, l’imperatore attese tre giorni dinanzi all’ingresso a piedi nudi nella neve. Dopo la revoca della scomunica, Matilde donò al papa i suoi possedimenti poiché l’imperatore ne vantava diritti essendo imparentato con la famiglia, di origine regia, della madre defunta.
Successivamente, Enrico IV decise di nominare l’antipapa Clemente III e nel 1081 discese nuovamente in Italia per revocare i possedimenti.
La battaglia di Volta Mantovana
Enrico IV bandì la contessa dall’Impero. Successivamente le truppe fedeli all’imperatore (incoronato solo nel 1084) si scontrarono con quelle fedeli a Gregorio VII e comandate da Matilde di Canossa. La battaglia di Volta Mantovana rappresentò per la Grancontessa la prima grande sconfitta.
A questa prima sconfitta seguì però un’importante vittoria.
Nel 1090 Enrico discese in Italia per la terza volta allo scopo di sconfiggere l’autorità papale in modo definitivo.
Stabilendosi al confine con i possedimenti dei Canossa, tra il Brennero e Verona provocò così Matilde, la quale inizialmente riuscì ad assicurarsi la fedeltà degli abitanti esentandoli da alcune tasse. Questi ultimi, persuasi dall’imperatore passarono però al fronte nemico, ma ciononostante le truppe al comando della Grancontessa prevalsero dopo alcune sanguinose battaglie nei pressi di Mantova.
L’eredità della Grancontessa
Matilde di Canossa ribalta il punto di vista comune, ovvero, quello che vede, soprattutto in periodo medioevale, la donna subordinata all’autorità maschile.
Figura importantissima nel medioevo italiano, Matilde riuscì a lasciare il segno la cui memoria inizia dai cronisti e biografi a lei coevi:
«Matilde, splendente fiaccola che arde in cuore pio.
Aumentò in numero armi, volontà e vassalli,
Il proprio principesco tesoro profuse, causò e condusse battaglie.
Se dovessi citare ad una ad una le opere compiute da questa nobile signora,
i miei versi aumenterebbero a tal punto da divenire innumerevoli come le stelle.»
(Donizione, Vita Mathildis, libro II, prologo)