“Sono felice. Io ho fallito nelle migliori condizioni di spirito. Sono molto contento di essere arrivato nella cinquina. Qui tutti vivono la cinquina come una vittoria. Quindi io sono felice”. A dirlo, collegato attraverso la piattaforma Zoom con la stampa italiana, il regista Paolo Sorrentino, dopo la lunga notte degli Oscar che ha assegnato il premio al miglior film straniero al giapponese ‘Drive my car’.
Sorrentino racconta che questa notte ha fatto tardi “perché ho portato mio figlio a una festa privata di un imprenditore discografico dove c’erano i musicisti famosi che voleva vedere”. A chi gli chiede se è deluso dal verdetto dell’Academy, cita Robert Louis Stevenson: “Il nostro compito non è riuscire, ma fallire nelle migliori condizioni possibili. E io fallisco nelle migliori condizioni di spirito. Non lo considero un fallimento”. Per lui, negli Oscar di questo anno, “la pandemia ha inciso. Tutto è meno efficace, meno attrattivo. Ora non so per quali ragioni, ma una di queste è la pandemia. E ci sono anni con film meno dirompenti. Questa edizione era sottotono, ma è fisiologico visto le difficoltà che il cinema ha affrontato in questi due anni dai quali siamo usciti tutti ammaccati”.
La sua personale statuetta l’assegna “al film di Paul Thomas Anderson (Licorice Pizza, ndr.) che non ha preso nulla”. Quanto ai suoi progetti nell’immediato, c’è quello di “riposare”. “Certo adesso riposerò – ripete – non mi sto occupando del prossimo film. Abbiamo fatto 7 mesi di campagna per l’Oscar. Io sono contentissimo, sia ben chiaro, di essere arrivato in cinquina. Il mio era un piccolo film che doveva rimanere tale e invece ha fatto più di quello che si poteva immaginare. Quindi sono felicissimo e qui sono tutti molto felici, la vivono come una vittoria e nessuno si lamenta che non vince. Per me è stato meraviglioso che il film abbia fatto tutto questo cammino”.
“A me interessa fare dei film, in America o in Italia – aggiunge Sorrentino – il cinema si sta facendo e si farà sempre meglio. Andiamo a migliorare dopo la pandemia. Io inseguo le belle storie, ma ora riposerò”. “Non ho ancora prossimi progetti. Il progetto principale è quello di riposare – dice ancora – è in piedi qualsiasi cosa. Noi lavoriamo su più cose in contemporanea nel cinema, e abbiamo il problema di trovare il denaro. Ma non ho fretta di tornare a fare un film. Sono ormai grandicello e penso di fare film con calma”. Quindi il verdetto della notte degli Oscar, “va bene. A me va bene tutto. E’ un gioco, uno se non vince ci rimane male, ma io avevo capito da qualche mese che non c’erano speranze perché conosco la procedura. Tra l’altro, ‘Drive my car’ è un film bellissimo, che merita. Essere nei cinque è la cosa che dà prestigio e dà ricadute su registi e produttori qui in America, pone le basi per avere migliori condizioni nel prossimo progetto”.
E questa volta, al meccanismo degli Oscar, anziché partecipare “carico di meraviglia” e rimanendo “a bocca aperta” come otto anni fa, quando vinse con ‘La grande bellezza’, “ne ho colto più i lati ironici, quelli che mi aiutano a fare questo lavoro. Guardare cioé le cose con distacco e con capacità di sorridere. Io comunque sono rimasta entusiasta dell’esperienza, per me è stata avventura meravigliosa, sei mesi stupendi grazie anche a Netflix che si è impegnata perché il film fosse conosciuto in giro. Non mi sento disunito, per citare la battuta che nasce da un gioco con il mio montatore che la usa quando io deraglio dal lavoro, mi annoio. L’ho presa in prestito da lui, non so bene cosa significa ma se ne serve per dire ‘stiamo concentrati'”. “I film durano tanto sia nella testa che nella vita delle persone che li fanno – conclude – per me l’avventura di questo film è finita ieri. Il suo percorso principale lo ha fatto secondo me egregiamente. Questo film l’ho fatto per mettere un punto e per andare avanti”. AGI