Aveva capito tutto con venti anni di anticipo Emanuele Severino, uno dei più grandi filosofi italiani dell’ultimo secolo, morto nella sua Brescia il 17 gennaio 2020. E chissà cosa penserebbe della crisi attuale, innescata dall’invasione russa dell’Ucraina.
Nella prefazione dell’edizione 2002 del suo libro Techne, apparso per la prima volta nel 1979, Severino scriveva profeticamente che la contrapposizione Usa-Russia non era mai venuta meno, perché “non è mai venuta meno la capacità dell’arsenale nucleare russo di competere con quello americano”.
Parole che potrebbero essere scritte oggi, dopo l’invasione dell’Ucraina (preceduta dalla prova di forza in Crimea nel 2014). Nel 2002, infatti, i segnali per pensare a un disgelo Est-Ovest c’erano tutti: l’accordo anti-terrorismo firmato da Nato e Russia e, quattro anni prima, il Nato-Russia Permanent joint Council che avrebbe dovuto portare all’ingresso di Mosca nell’Alleanza Atlantica.
Severino, però, non si fa ‘ingannare’ da questi accordi e tenta di guardare il complesso della situazione, calata nel suo contesto e antefatto storico: “Dal 1989 ho sempre sostenuto che, nonostante la crisi profonda dovuta al crollo dell’Unione Sovietica, la Russia, ma propriamente, l’apparato scientifico-tecnologico sotteso all’Unione Sovietica e alla Russia-Csi, sarebbe riuscito a sopravvivere sino al momento in cui avrebbe potuto attivare e sfruttare le enormi risorse naturali della Russia e delle altre repubbliche ex sovietiche della Csi” (Comunità stati indipendenti, l’organizzazione delle ex repubbliche sovietiche nata nel 1991).
Dunque “sia pure continuando in forma diversa, il bipolarismo – cioè la competizione tra Usa ed ex-Urss – non è mai venuto meno. E il motivo è che non è mai venuta meno la capacità dell’arsenale nucleare russo di competere con quello americano. Non si è capito cioè che la fine del socialismo reale non era la fine di quell’apparato tecnologico che all’Est avrebbe dovuto salvaguardare il socialismo marxista, ma che, per salvare la propria capacità competitiva rispetto all’Occidente, ha finito col togliere di mezzo l’intralcio costituito appunto dal marxismo”.
Il discorso sviluppato da Techne a proposito della tensione Est-Ovest, secondo il filosofo, indica “una costante che va ben oltre la forma ideologica che questa tensione ha assunto durante la guerra fredda”. AGI