Mitologia slava meridionale: le vile
Nel folklore
Le vile sono ninfe presenti nella tradizione slava meridionale, soprattutto in quella serba. È forte il loro legame con gli elementi naturali, come si nota nei racconti popolari slavi.
Possono essere acquatiche o boschive e si spostano spesso sul dorso di cavalli o cervi, amano danzare in cerchio nella foresta e si dedicano alla caccia.
Vengono descritte come giovani fanciulle, dalla pelle diafana come la luna, spesso hanno capelli lunghi che ricadono, dorati, sul corpo esile.
Le vile sono le creature della notte e della tempesta e, la loro ira, può essere fatale.
Nella mitologia slava meridionale, queste fanciulle sarebbero morte poco prima di contrarre matrimonio e, in questo caso, appaiono simili alla Rusalka, la ninfa acquatica russa.
Consumate dalla sofferenza d’amore, possono essere vendicative poiché incapaci di trovare il riposo eterno. Alle vile non appartiene il riposo eterno della morte.
Nei racconti tradizionali slavi, le vile si legano ad un particolare eroe, come le Valchirie, le divinità femminili della mitologia germanica.
La più famosa è Ravijola, legata al destino dell’eroe della poesia epica serba Marko Kraljevich. La figura di Marko è modellata sul personaggio di Marko Mrnjavcevich, storicamente esistito nel XIV secolo.
Marko Kraljevich e Ravijola nei poemi epici slavi
Marko nacque dalla regina Jevrosima, la quale, prima di partorire, incontrò una veggente che le chiese che cosa desiderasse per suo figlio. La donna, prontamente, disse che desiderava che suo figlio divenisse un eroe, per i quali era più facile farsi amare, mentre se fosse divenuto re, sarebbe stato facilmente odiato.
La veggente disse alla donna di immergere il neonato in nove diverse fonti, così il desiderio di Jevrosima si sarebbe avverato.
Nacque così Marko Kraljevich, ovvero Figlio del Re.
Una volta adulto, a causa della sua stazza troppo robusta, si rese conto che qualsiasi destriero gli venisse offerto era troppo debole e inadatto per il suo peso. Un giorno, però, vagando per le foreste, incontrò un animale che nitriva disperatamente causa delle ferite sul manto scuro.
Marko, impietosito, decise di prenderlo con sé e lo curò con l’aiuto di una fanciulla, la quale consigliò a Marko come curare le ferite del cavallo.
Grazie alla misteriosa fanciulla Marko ora aveva un destriero degno di lui ed era pronto a divenire un eroe al servizio dell’imperatore.
Marko ebbe moltissime avventure, ma presto si batté con la vila che sarebbe stato legato a lui per il resto della vita.
Un giorno, stando nella radura con il suo amico e guerriero Milosh, Marko decise di riposare, ma prima si rivolse all’amico: “canta con la tua bella voce per conciliarmi il sonno.” Il canto di Milosh attirò l’attenzione della vila, la quale apparì in forma di vento scuotendo l’intera foresta e, liberandosi nell’aria, scagliò una freccia bianca al cuore di Milosh, il quale terminò la ballata.
Marko, con il peso del senso di colpa nel cuore, rincorse la vila che correva veloce accompagnata dal vento e, in fine, la catturò e la portò dall’amico. Le vile, infatti, sono le uniche a poter curare le ferite da loro stesse inferte.
La vila alla fine curò Milosh e, resasi conto della forza di Marko si legò per sempre a quest’ultimo.
Dal mondo slavo all’Italia
Il fascino di questa creatura ha raggiunto anche l’Italia con il movimento letterario della Scapigliatura, nonostante venga descritta come una creatura inquietante e spesso fatale.
Giacomo Puccini, nel 1883 scrive un’opera lirica intitolata proprio “Le villi”, le quali sono descritte come creature ultramondane e spietate vendicatrici.
Anche d’Annunzio cita queste creature:
«E grida la candida Vila
dal crine del Rùdnico monte,
sopra la lacèniza lene;
grida e chiama in Tòpola Giorgio
che ristà poggiato all’aratro.»
(Gabriele D’Annunzio, Ode alla nazione serba, 1918)
In questo passo, le vile, compaiono come protettrici degli eroi di guerra e appaiono più simili alle Valchirie della mitologia germanica.
Il fascino della mitologia slava compare per la prima volta nell’Europa centro-orientale e, successivamente, fa la sua comparsa nell’Italia meridionale. La creatura compare, in fine, nella celebre saga di Harry Potter, Il Calice di Fuoco.
Durante la finale della coppa del mondo di Quiddich la vila si trova al fianco della squadra bulgara. La Rowling ci regala una minuziosa descrizione attraverso gli occhi del protagonista:
“Le Veela erano donne… le donne più belle che Harry avesse mai visto… solo che non erano — non potevano essere — umane. Harry rimase interdetto per un attimo, mentre cercava di indovinare che cosa potessero essere; che cosa potesse far brillare in quel modo la loro pelle di un candore lunare, o far ondeggiare i loro capelli d’oro pallido senza che ci fosse il vento… ma poi cominciò la musica, e Harry smise di preoccuparsi del fatto che non erano umane: in effetti, smise di preoccuparsi di qualunque cosa.”
(Harry Potter e il Calice di Fuoco, cap.8 La Coppa del Mondo di Quidditch)