Finisce l’era degli sprechi
di Paolo Pagliaro
Quando si mise a punto il programma della conferenza nazionale sull’economia circolare, che si è tenuta oggi a Roma, nessuno immaginava che una guerra in Europa avrebbe terremotato il mercato delle materie prime, facendo esplodere i prezzi, creando serie difficoltà di approvvigionamento, mettendo a rischio imprese e posti di lavoro.
L’economia circolare, cioè la capacità di riutilizzare i materiali riducendo al minimo gli sprechi, trova in questo nuovo drammatico contesto una sua urgente ragion d’essere, che non è solo di tipo ambientale.
Il rapporto presentato da Circular Economy Network ed Enea dice che l’Italia è sulla buona strada. Ci distinguiamo per produttività delle risorse, con 3,5 euro di Pil per ogni chilo di materiale consumato, a fronte di una media europea di 2,1. Vantiamo una buona percentuale di materiali riutilizzati rispetto a quelli consumati, 8 punti in più della Germania.
E siamo al primo posto per tasso di riciclo dei rifiuti, speciali e urbani. Ma abbiamo un eccessivo consumo di suolo, bassi investimenti per l’eco-innovazione e scarso interesse per il settore della riparazione, dove abbiamo perso aziende e occupati rispetto al 2010. Ci si attendono significativi progressi grazie alle direttive della Commissione europea e agli investimenti previsti dal Pnrr.
Il rapporto, illustrato da Edo Ronchi, ci dice che nel 2021 abbiamo consumato, a livello mondiale, 101 miliardi di tonnellate di materiali, con una crescita rispetto al 2018 del 13%. La parte ricca di un pianeta con risorse naturali limitate dovrà per forza invertire l’assurda tendenza ad accorciare il ciclo di vita di tutto ciò che acquista.