Il Papa che portò la Chiesa nel III millennio
Markus Krienke
Qualche giorno fa, il 2 aprile, sono 17 anni che dopo una lunga malattia morì Papa Giovanni Paolo II, uno dei personaggi più significativi della storia contemporanea e di importanza cruciale per comprendere la Chiesa e il suo rapporto con il mondo oggi.
Al primo Papa polacco della storia – e il primo non italiano dopo 455 anni – il governo comunista della Polonia non poteva rifiutare un viaggio ufficiale nella sua patria, sebbene Breznev cercò di impedirlo in tutti i modi. E doveva avere ragione: dopo l’incontro con alcuni milioni di Polacchi tra il 2 e il 10 giugno 1979 durante le messe e attraverso la TV, e la formazione del sindacato Solidarnosc, fondato l’anno successivo e a cui si riunirono presto 8 milioni di lavoratori, Giovanni Paolo II non si sarebbe più fermato nella sua decisa volontà di vedere cadere il Muro di Berlino.
Una sorta di conferma divina di non arrestarsi in nessun modo prima del traguardo è stata per lui il miracolo di aver sopravvissuto all’attentato di Ali Agca del 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro, probabilmente organizzato dai servizi segreti comunisti. Il successivo avvicinamento con gli USA di Reagan – dopo 117 anni il Vaticano e Washington ripresero le loro relazioni diplomatiche – e la decisa battaglia – spesso con sostegno delle dittature militari nell’America latina – contro chi sosteneva il marxismo delle varie “teologie della liberazione”, facevano parte del deciso anticomunismo di Papa Wojtyla. Gorbaciov, infatti, avrebbe affermato nel 1992 che «tutto ci che è successo nell’Europa Orientale in questi ultimi anni non sarebbe stato possibile senza la presenza di questo Papa, senza il grande ruolo, anche politico, che lui ha saputo giocare sulla scena mondiale». Ironia della storia: nel 1964, per la sua elezione ad arcivescovo di Cracovia, egli godeva del – allora necessario – consenso dei comunisti, i quali lo ritenevano una figura “troppo intellettuale, non politica”.
Compattezza organizzativa e dottrinale della Chiesa furono uno dei principi base del Pontificato in cui confluirono senz’altro le sue esperienze sotto il comunismo al quale ogni segno di debolezza della Chiesa era benvenuto per attaccarla. Gli stessi principi lo guidarono anche nella sua seconda grande sfida, ormai dopo il 1989, ossia di contrastare la dilagante secolarizzazione specialmente dell’Occidente nell’epoca che ormai fu quella della globalizzazione e del consumismo. Così, al divieto di ogni dibattito sulla possibilità dell’ordinazione di donne al servizio presbiterale nel 1994 – del resto riconfermato da Papa Francesco nel 2016 – si aggiunse solo un anno dopo la fervida condanna di qualsiasi uso di anticoncezionali. Una Chiesa verso l’interno sempre più gerarchica e dottrinalmente controllata – già al 1989 risale la famosa “dichiarazione di Colonia” (firmata da 160 teologi tedeschi) contro il centralismo del Papa polacco – trovò il suo equilibrio nel carattere carismatico del Papa stesso: con i suoi 104 viaggi – Giovanni Paolo II ne ha fatti più di tutti i Papi precedenti messi insieme – in 127 Paesi, raggiunse decine di milioni di persone direttamente. Non una rock star o un politico, ma il Papa ha rappresentato l’occasione per il raduno più grande della storia dell’umanità: 4 milioni di persone a Manila nel 2004. Ed è stato lui ad istituire le famose Giornate mondiali della Gioventù.
Sovente scelse come mete Paesi che si trovavano in momenti decisivi di possibili aperture verso diritti e democrazia. Mentre questi principi, fortemente reclamati nelle sue tre encicliche sociali, non furono considerati importanti per la vita e la struttura della stessa Chiesa, costituirono però la forza della sua voce verso il mondo: ben due volte intervenne di fronte all’Assemblea generale dell’ONU (1979, 1995). Così mise le basi per l’autorità morale e sovrapolitica che il Papato a livello internazionale gode fino ad oggi.
Tra le ombre sul suo pontificato rientrano sicuramente gli scandali dello IOR, a partire dal caso del Banco Ambrosiano nel 1981, e dei Preti pedofili. Mentre nel primo caso, si dibatte quanto il Papa davvero poteva sapere della politica di Paul Marcinkus, nel secondo caso le sue scelte di coprire il cardinale di Boston e il fondatore dei Legionari di Cristo – motivate probabilmente dalle sue esperienze con il comunismo del passato dove accuse del genere furono un mezzo per colpire la Chiesa – non si rivelavano affatto felici. Fatto sta che al Papa polacco queste e altre coperture sembravano l’unica via percorribile per salvare l’istituzione in un momento storico in cui l’opinione pubblica ancora non era sensibilizzata quanto oggi. Con questa scelta che al di là delle giuste contestualizzazioni resta un errore di valutazione, ha di fato lasciato un’enorme ipoteca ai suoi successori.
Per quanto riguarda l’ecumenismo, il Papato di Giovanni Paolo II entrò nella storia perché per la prima volta un romano Pontefice visitò una sinagoga, quella di Roma nel 1986 chiamando gli Ebrei «i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede», e una moschea, a Damasco nel 2001. I quattro incontri delle religioni a Assisi per la pace a partire dal 1986 segnarono grandi aperture. Inoltre, nessun Papa prima di lui viaggiò in Gran Bretagna incontrando i rappresentanti della Corona e della Chiesa anglicana (nel 1982). Questi furono senz’altro gesti di apertura e grande umiltà, ancora superati nel 2000 quando chiese scusa per i peccati della Chiesa, specialmente per la persecuzione degli ebrei, l’inquisizione e le guerre di religione. Già nel 1992 era stato riabilitato Galileo Galilei.
È oltremodo difficile tentare un bilancio di uno dei Papati più rilevanti della storia dominato da una delle figure senz’altro più grandi dell’intero XX secolo, inoltre dichiarato Santo (nel 2011). Per molte valutazioni probabilmente è passato ancora troppo poco tempo. Ma due cose credo si possano dire già oggi al fine di una valutazione il più possibile oggettiva: da un lato sembra evidente che la sua battaglia più importante e alla fine vinta – contro il comunismo – abbia pregiudicato in modo decisivo tutte le altre scelte.
Dall’altro lato, accanto alla definitiva trasformazione della Chiesa in un’autorità internazionale a livello globale, sono precisamente i nodi non risolti del suo pontificato – ruolo delle donne nella Chiesa, disciplina gerarchica e dogmatica della vita ecclesiale, scandalo della pedofilia, chiusure nella teologia morale, modello di famiglia, riforma della curia a partire dallo IOR – che costituiscono i punti principali dell’agenda di Papa Francesco che proprio per questo, pur nella diversità delle risposte cercate, sta in piena continuità con quello di Giovanni Paolo II.