…un buon gelato italiano a Francoforte!
La maggior parte delle gelaterie presenti oggi in Germania è gestita da immigrati italiani provenienti dalla zona settentrionale del Veneto e precisamente dalle valli Zoldana e Cadorina.
Su circa 6.000 gelaterie italiane in Germania, il 90% è gestito da proprietari di origine veneta.
Il Cadore è una zona montuosa che si trova a nord della città di Belluno e che confina con l’Austria, mentre Zoldo è una valle che si trova ai piedi del monte Civetta.
Fino a quando in queste zone non si sviluppò il turismo le due valli rimasero isolate e le attività di sussistenza principali furono per decenni l’agricoltura e la pastorizia.
D’estate gli uomini e le donne erano impegnati nella coltivazione dei campi e nell’allevamento.
Durante l’autunno e l’inverno, a causa della rigidità del clima, la maggior parte dei capifamiglia trovò nell’emigrazione stagionale una forma di guadagno alternativa.
Le destinazioni principali furono il sud del Veneto o le grandi città dell’Impero austro-ungarico. Inizialmente trovarono lavoro come commercianti ambulanti di prodotti agricoli ed in seguito come aiutanti presso famiglie della borghesia veneziana o austro-ungarica.
È presso queste famiglie che si suppone che gli zoldani e i cadorini, a contatto con i pasticceri siciliani, fiorentini o veneti, abbiano imparato a confezionare il gelato.
Essendo il mercato italiano già saturo decisero di spostarsi all’estero per vendere il gelato e già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, iniziarono a lavorare in Austria e in Ungheria, per poi spostarsi in Olanda e in Germania nel periodo successivo alla caduta del regime nazista.
La Germania offriva loro un nuovo mercato con maggiori possibilità di guadagno rispetto all’Italia e minori difficoltà di accesso, soprattutto dopo la nascita della Comunità europea .
Nasce così, in questa zona del Veneto, un’intensa attività stagionale che offre ai gelatieri la possibilità di alternare periodi di lavoro in Germania a periodi di permanenza in Italia. Il rientro al paese d’origine viene non solo sfruttato per tornare a trovare i propri familiari ma anche per cercare i nuovi dipendenti da impiegare nella stagione successiva.
In queste valli inizia così a prendere piede un flusso migratorio a catena verso la Germania.
Nella maggior parte dei casi i gelatieri lavorano come dipendenti per poi, dopo alcuni anni, attraverso propri guadagni, prestiti o risorse economiche familiari, avviare attività commerciali autonome in Germania e costruire o acquistare grandi case in Italia.
Tali tipi di attività iniziano ad essere pianificate a livello familiare e soprattutto ad essere tramandate di generazione in generazione, cercando così di custodire all’interno della famiglia “i segreti” della professione, intesa come artigianato artistico.
In passato, nella maggior parte dei casi, la gelateria di famiglia veniva lasciata al figlio maschio. Anche l’aiuto delle mogli diventava fondamentale in gelateria, rappresentando soprattutto una forma di manodopera poco costosa e flessibile.
Le donne alternavano però periodi di attività lavorativa in Germania a periodi di rientro in Italia finalizzati ad accudire i figli, affidati durante la stagione primaverile ed estiva ai parenti rimasti al paese d’origine.
Fino ad oggi le gelaterie italiane hanno un forte legame con l’Italia. I prodotti, i macchinari utilizzati per la produzione del gelato, l’arredamento dei locali sono da sempre stati importati dall’Italia. È anche questo aspetto che, come sottolinea L. Storti nella sua ricerca “Imprese per la gola. Una ricerca sugli imprenditori della gastronomia italiana in Germania” , permette tutt’ora di individuare dei chiari spazi transnazionali all’interno dell’attività imprenditoriale dei gelatieri.
U. Apitzsch spiega come non si tratti di spazi geografici identificabili, bensì di spazi sociali e relazionali che si concretizzano nella struttura della biografia di emigrazione. Sono strutture invisibili, costituite da differenti collegamenti di varia natura, giuridici, statali, culturali, verso i quali gli individui si orientano, sia personalmente che collettivamente, creando istituzioni alle quali appartiene proprio l’”ethnic business”.
Come spiega ancora L. Storti nel suo articolo “Gli italiani in Germania: un quadro di sintesi e l’imprenditoria del gelato” , i gelatieri italiani rappresentano certamente un esempio di imprenditori transnazionali ante-litteram: il loro obiettivo è sempre stato quello di mantenere viva la tradizione del “gelato italiano”, elemento simbolico che ancora oggi riporta all’immagine che i tedeschi hanno dell’Italia e che attribuisce a questo tipo di mercato un aspetto quasi “esotico”.
I gelatieri italiani in Germania hanno cercato nel corso del tempo di mantenere il prodotto nella “versione originale”, a differenza dei pizzaioli e ristoratori che hanno invece di frequente adeguato i prodotti culinari italiani ai gusti tipici della popolazione tedesca, facendone perdere l’identità non solo culinaria ma anche etnica.
Un fenomeno tra gli “imprenditori etnici” al quale si sta inoltre assistendo negli ultimi decenni è che i titolari di ristoranti, pizzerie, come anche di gelaterie italiane, è che le giovani generazioni hanno iniziato ad intraprendere percorsi professionali alternativi all’attività di famiglia.
Questo ha comportato il passaggio della gestione a concittadini turchi, albanesi, rumeni , aspetto che sta certamente facendo cambiare non soltanto la tradizione, le biografie familiari, ma anche i processi di trasmissione intergenerazionale.
Redazione Radici