Conte e il Russiagate, spunta una cena segreta

Conte e il Russiagate, spunta una cena segreta

Trump lo avrebbe inviato a Roma per indagare sull’eventuale complicità di Matteo Renzi nell’inchiesta sul furto delle mail di Hillary Clinton a opera dei servizi russi

 Giuseppe Conte, oggi capo politico del Movimento 5 stelle, torna al centro della vicenda del Russiagate, per il ruolo svolto quando era presidente del Consiglio. Secondo un’inchiesta di Repubblica, il 15 agosto del 2019 l’allora segretario alla Giustizia degli Stati Uniti, Bill Barr, incontrò segretamente a cena in un ristorante del centro di Roma Gennaro Vecchione, il capo del Dis, il dipartimento per la sicurezza. L’allora presidente americano Donald Trump inviò Barr nella capitale per indagare su una eventuale complicità di Matteo Renzi nell’inchiesta che svelò il furto delle mail di Hillary Clinton per opera dei servizi russi.

Conte raccontò al Copasir di aver autorizzato il colloquio del segretario americano nella sede del Dis, senza rivelare nulla della cena, nè di altri incontri che Barr potrebbe aver avuto in un altro viaggio romano a settembre. Le rivelazioni di Repubblica aprono un caso politico.

Luciano Nobili di Italia viva accusa direttamente Giuseppe Conte: “Avrebbe barattato il sostegno di Trump al suo governo con la rivelazione di segreti dalla nostra intelligence”. Ma è tutto il partito di Renzi a criticare l’ex premier. Durissimo Ettore Rosato che attacca: “Uso dei servizi segreti per fini personali e politici. Subalternità imbarazzante alla Russia di Putin. Questo e molto altro è Giuseppe Conte.

LA REPLICA DI CONTE: “MAI INCONTRATO BARR, SCRITTE DELLE INFAMITÀ”

Dopo gli articoli dell’edizione odierna di Repubblica, mi trovo nuovamente costretto a ripetere ciò che in totale trasparenza ho già più volte chiarito davanti agli organi preposti e davanti ai cittadini. Non ho mai personalmente incontrato l’allora Attorney General degli Stati Uniti, Bill Barr, nel corso delle sue visite in Italia, né nel corso di incontri formali né nel corso di incontri conviviali”. Lo scrive su facebook Giuseppe Conte, leader M5s.

“Il fatto che dopo la riunione ufficiale del 15 agosto 2019 avvenuta nella sede della nostra Intelligence, a Roma in piazza Dante- aggiunge-, si sia tenuta una cena la sera stessa tra la delegazione americana e l’allora Direttore del Dis Vecchione è circostanza di cui non ero specificamente a conoscenza. Se però la cena si è tenuta in un noto ristorante nel centro storico di Roma immagino sia stata motivata da cortesia istituzionale, piuttosto che dalla necessità di avere uno scambio riservato di informazioni. Per completezza, preciso che non mi sono mai state riferite neppure altre cene o pranzi che i nostri vertici dell’intelligence hanno avuto con altri rappresentanti di governi esteri. Confermo di avere riferito, a suo tempo, correttamente e doverosamente, tutte le informazioni in mio possesso riguardanti questa vicenda al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica”. “Il sig. Barr, all’epoca dei fatti- ancora Conte-, non era solo Attorney general ma anche Responsabile delle attività dell’FBI che riguardano la sicurezza nazionale (l’FBI svolge, infatti, attività di intelligence civile e, in particolare, di controspionaggio) e fece pervenire la sua richiesta di informazioni non a me direttamente, ma tramite i nostri canali diplomatici ufficiali, in particolare attraverso il nostro ambasciatore negli Stati Uniti. La sua richiesta non ha avuto a oggetto una ipotesi di cooperazione giudiziaria per cui sarebbe stato improprio indirizzarla al nostro Ministro di giustizia. Credo non sia mai successo nella storia del nostro Paese che a una richiesta di informativa degli Usa attinente al piano dell’intelligence, le nostre Istituzioni abbiano risposto con un rifiuto preventivo di collaborare e, addirittura, di incontrare gli alti rappresentanti degli Stati Uniti. Chi ipotizza uno scenario del genere è in malafede o semplicemente non sa di cosa sta parlando”.

Per Conte “improprio sarebbe stato incontrare i rappresentanti degli Stati Uniti mettendo a disposizione i nostri archivi o consentendo loro di acquisire in modo indiscriminato informazioni. Proprio per questo, dopo un primo incontro in cui il sig. Barr ha esposto le sue richieste ed è stato definito il perimetro della collaborazione, vi è stato un secondo incontro, con tutti i vertici delle nostre tre Agenzie, in cui è avvenuto il confronto oggetto del colloquio, senza consegna di documenti. Collegare la richiesta di informazioni di Barr alla vicenda della formazione del Governo Conte II è una illazione in malafede, visto che la richiesta di Barr risale al giugno 2019, mentre la crisi del Governo Conte I risale all’8 agosto 2019. Anche il famoso tweet del presidente Trump, del 27 agosto 2019, che espresse apprezzamento per il mio operato come premier, non ha alcun collegamento con questa vicenda, considerato che la richiesta di Barr risale al giugno precedente e che questa richiesta e i suoi contenuti non sono mai stato oggetto di scambi o confronti tra me e l’allora presidente Trump”. E sottolinea: “Le allusioni del quotidiano avrebbero trovato risposta immediata da parte mia se solo mi fossero state poste delle domande, alle quali come sempre non mi sarei sottratto. Invece si è preferito alimentare sospetti infondati, sbattendo il mio nome in prima pagina, corredando il tutto con un articolo di Bonini che contiene giudizi palesemente denigratori e che mi accusa, in modo del tutto slegato dai fatti, di avere barattato un vantaggio personale con lo scambio di informazioni. A Bonini, che mette in discussione il mio operato come Presidente del Consiglio e la mia ‘cultura della sicurezza nazionale’, replico semplicemente che se lui, nello scrivere il suo articolo, avesse dimostrato una sia pur minima ‘cultura della deontologia professionale’ non si sarebbe mai permesso di scrivere queste infamità”.

CONTE: “RENZI RIFERISCA A COPASIR O TEME DOVER DIRE TUTTA LA VERITÀ?

Bonini nel suo pezzo afferma che mi sarei prestato ad attività ostili nei confronti di Renzi. E, infatti, puntualmente Renzi e alcuni suoi solerti compagni di partito si sono immediatamente avventati sul ‘clamoroso scoop’ di Repubblica per rilanciare quei medesimi sospetti che, a suo tempo, furono invocati per giustificare il ritiro del sostegno al Governo Conte II. È passato ormai più di un anno da quegli eventi. Siamo fuori dalla cronaca più immediata. Ci sono le condizioni per valutazioni più serene e oggettive. Mi chiedo: è possibile che il senatore Renzi non abbia mai sentito il dovere, in tutto questo tempo, di andare a riferire al Copasir su questi suoi sospetti? Perché non va, come sempre ho fatto io, a riferire quel che sa? Cosa teme, di dover poi rispondere alle domande dei componenti del Copasir e di essere obbligato, per legge, a riferire tutta la verità?”. Lo scrive su facebook Giuseppe Conte, leader M5s.

RENZI A CONTE: “PRONTO A CONFRONTO IN TV

“Cinque minuti di orologio per spiegare a Giuseppe Conte che su di lui non ho sospetti ma solo certezze. E quando vuole sono pronto a un confronto tv all’americana, se ha il coraggio di farlo”. Lo scrive su twitter Matteo Renzi, leader Iv, che posta anche un video.

RENZI: “MIO COMPLOTTO CONTRO TRUMP È IPOTESI FOLLE”

“Oggi ‘La Repubblica’ spiega perché ci sono dei buchi neri nella ricostruzione di Giuseppe Conte sulla strana vicenda dell’agosto-settembre 2019, quando gli esponenti dell’amministrazione americana vennero in Italia alla ricerca di un presunto complotto da me ordito contro il presidente Trump. Considero una follia questa ipotesi e ancora più folle mi pare chi gli ha dato credito. Ho chiesto chiarezza all’intelligence italiana. E non lo faccio per me, ma per il decoro delle istituzioni italiane”. Così Matteo Renzi nella sua Enews.

Redazione Radici

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