Voto all’estero: gli iscritti aire e l’astensionismo

Voto all’estero: gli iscritti aire e l’astensionismo
 La bassa percentuale di votanti all’estero influisce sui dati sull’astensionismo in Italia. Un dato “poco esplorato” su cui si è soffermato Paolo Feltrin, già Professore ordinario di Scienza dell’amministrazione e metodologia della ricerca della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste, sentito oggi pomeriggio dalla Giunta delle elezioni della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle modalità applicative, ai fini della verifica elettorale, della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante “Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero” sul voto all’estero.

Dopo gli interventi su schede e spoglio di Giuseppe Meliadò e Tommaso Picazio, della Corte di appello di Roma, e i rilievi giuridici di Tommaso Edoardo Frosini dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, Frosini si è scagliato su quanti all’estero si iscrivono all’Aire per motivi “opportunistici”, riferendosi con questo alla affaire cittadinanza visto che, come ricordatogli da Elisa Siragusa (Ev), iscriversi all’Aire è un obbligo.

Comunque. Gli iscritti all’Aire, ha detto il docente, “sono più che raddoppiati in 20 anni, passando dai 2.200.000 del 31 dicembre 2001 ai 4.800.000 del 21 giugno 2021. Con ogni probabilità alle prossime elezioni supereranno i 5 milioni. Al tempo stesso, si stanno riducendo i residenti italiani che votano in Italia. Quindi, la percentuale degli Aire è passata dal 4,7% del totale degli elettori al 10,3%, ma, al tempo stesso, non c’è stato un aumento così rilevante dei votanti”.

“Quello che colpisce – ha osservato Feltrin – è che nelle circoscrizioni extraeuropee a fronte di un aumento di 800mila iscritti Aire, i votanti sono stati appena 100mila, segno che ci si iscrive anche per ragioni di tipo opportunistico”. Dunque, per il docente servono “norme più stringenti” e “controlli più severi”, se no “ci si trova tutti nella situazione di un comune italiano tristemente noto alle cronache che ha 360 elettori residenti in Italia e 691 all’estero, non esistendo nessuna immigrazioni neanche nei secoli passati che giustifichi 691 iscritti all’Aire”.

In secondo luogo, per il professore non ci si è mai riflettuto abbastanza “sugli effetti del voto all’estero sugli altri tipi di elezioni”. Mentre alle politiche i risultati sono separati – circoscrizioni nazionali e circoscrizione estero – nelle altre – comunali, regionali, europee – non avviene, con il risultato di aumentare i dati sull’astensionismo.

Se alle politiche “gli elettori all’estero votano per il 29,8%”, alle comunali o regionali – che li costringe a tornare in Italia – le percentuali sono molto inferiori, influendo così sul dato dell’astensionismo: soprattutto nei comuni con molti iscritti Aire, insomma, il dato sarebbe sfalsato a causa dei residenti all’estero: “alle regionali il dato sull’astensione passa dal 5% al 15%”, ha detto il docente parlando di un “astensionismo apparente” che tra i sue effetti avrebbe anche “l’effetto imitazione di chi pensa “se così pochi vanno a votare allora non vado neanche io”.

La soluzione – ha aggiunto – è togliere il quorum alle elezioni comunali e al referendum, e, al tempo stesso, chiedere che nella comunicazione ufficiale del Ministero dell’Interno il voto degli italiani residenti in Italia sia sempre separato da quello degli italiani all’estero, così da dare un’informazione corretta”.

Unica ad intervenire dopo il professore è stata, come detto Elisa Siragusa (Ev), deputata eletta all’estero, che ha colto l’occasione per ribadire la necessità di riformare la legge sulla cittadinanza.

“La questione è la cittadinanza perché ogni italiano residente all’estero deve iscriversi all’Aire per legge, quindi il problema è chi ha la cittadinanza italiana. Noi oggi abbiamo una serie di cittadini che prendono cittadinanza all’estero che non hanno vissuto un giorno in Italia, ma non solo loro, neanche i loro genitori o i loro nonni. E poi – ha aggiunto – ci sono i nuovi italiani: nell’ultimo Rapporto sugli Italiani nel Mondo del 2020 si parlava di circa 20mila stranieri naturalizzati in Italia, dunque diventati italiani e poi emigrati all’estero. A Londra abbiamo una comunità di 20.000/30.000 italo bengalesi”.

La soluzione, ha ribadito, è stringere le maglie della legge, per escludere chi vuole solo un passaporto europeo ma non ha nessun legame con il nostro Paese.

Redazione Radici

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