La politica in ostaggio dei padri-padrone
di Salvatore Tropea
L’ossessione elettorale, l’ansia dell’appuntamento con le urne, la voglia di vincere e la paura di perdere hanno accompagnato sempre la vita politica nei paesi democratici. Sotto questo aspetto niente di nuovo. C’è però una variante che si è andata accentuando negli ultimi anni con la costante e ormai incontrollata mutazione del soggetto rappresentato dai partiti.
Da quando qualche anima bella ha cominciato a discettare sul superamento della forma partito, senza minimamente azzardare una previsione su ciò che questo avrebbe potuto provocare, lo spontaneismo sotto forma di movimenti di varia estrazione, nell’illusione di cambiare il mondo con qualche slogan, qualche emoticon, qualche corteo con seguito di girotondo, ha permesso il moltiplicarsi di formazioni governate non da un segretario eletto da organi di partito ma da un padre padrone.
Con seguito di consensi misurabili in percentuali da prefisso telefonico, gruppi e gruppuscoli, hanno silenziato i partiti sostituendosi ad essi in uno scenario politico in costante mutazione e insondabile disponibilità ad allearsi con chiunque pur di conquistare il potere. Sotto molti aspetti non è questo un vizio limitato alla mala politica italiana. Lo si è potuto constatare di recente in Francia nonostante la diversità del sistema elettorale.
Non si fa in tempo conteggiare i risultati dell’ultima prova elettorale e già cominciano le fibrillazioni per le nuove elezioni. E va detto che ce ne sono sempre di più alle viste sull’orizzonte: amministrative o nazionali, poco importa. Ciò che conta è tuffarsi a perdifiato in una nuova campagna elettorale.
Naturalmente senza chiarire le ragioni per le quali le cose sono andate in un modo piuttosto che in un altro.
Il padre padrone non ha alcuna intenzione di spiegare il perché ha conseguito risultati elettorali perdenti perché non esiste un partito al quale darne conto e meno che mai organi ai quali rassegnare le dimissioni come normalmente avveniva quando in passato un leader di partito usciva sconfitto da una prova elettorale.
E così si assiste allo spettacolo indecoroso di questi piccoli satrapi della politica che, bocciati senza appello dall’elettorato, si ripropongono immediatamente come candidati spesso guida per la prossima tornata elettorale. E’ quanto sta accadendo in Italia, in vista delle amministrative di giugno, d’autunno e in non pochi casi delle politiche della primavera 2023. In questa ignobile gara, degna della corsa al West nelle pianure di Cimarron, gli argomenti che dovrebbero essere il cuore della politica e che rimandano alla situazione socio-economica del paese, diventano poca cosa fino a scomparire sepolti sotto una pesante coltre di manovre molte delle quali destinate a produrre il nulla.
Il seguito non può che essere, come in effetti sta accadendo da qualche anno, il rifiuto della politica e il crescente aumento degli astenuti col rischio di rivolte incontrollabili da parte degli esclusi. Ma questo ai padri padrone interessa poco. Il loro obiettivo è un altro e non coincide minimamente con gli interessi del paese.