I resti di altre due statue di ‘Giganti’ sono stati trovati in Sardegna nell’area di Mont’e Prama, a Cabras (Oristano). La scoperta è avvenuta a poche settimane dalla ripresa, il 4 aprile scorso, della campagna archeologica nel perimetro sulle colline del Sinis, di fronte allo stagno, dove le attività di ricerca erano ferme da quasi due anni e dove in passato erano state recuperate le antiche statue di pugilatori e guerrieri, risalenti a tremila anni fa, tra le più antiche testimonianze scultoree trovate nel bacino del Mediterraneo.
Gli archeologi hanno scoperto torsi di due pugilatori, una testa, gambe, altre parti dei corpi, uno scudo e i frammenti di un modello di nuraghe. Le statue appena scoperte sono state identificate come ‘pugilatori del tipo Cavalupo’ per il grande scudo flessibile avvolto davanti al tronco, del tutto simili alle due sculture recuperate a pochi metri di distanza nel 2014 e ora esposte nel vicino Museo civico di Cabras.
“Una scoperta eccezionale”, l’ha definita il ministro della Cultura, Dario Franceschini.
Chi sono i ‘Giganti’
I Giganti di Mont’e Prama sono antiche scultura in pietre risalenti alla civiltà Nuragica, in particolare all’età del ferro fra il XIII e il IX secolo avanti Cristo: furono recuperate nel 1970 in un terreno della Confraternita dello Spirito Santo, a Cabras, da alcuni braccianti, ma provengono da un’area funeraria costiera. Le campagne di scavo iniziarono solo nel 1974 per concludersi cinque anni più tardi: furono recuperati circa 4.000 pezzi appartenenti a 32 statue.
I resti dei guerrieri sono rimasti nei magazzini della Soprintendenza di Cagliari, nei locali del vecchio museo Archeologico, fino al 2005, quando è iniziata la battaglia dell’amministrazione comunale di Cabras per il loro recupero. Sottoposti a un lungo restauro negli anni successivi, i Giganti sono poi stati esposti a Cabras e a Cagliari.
I nuovi scavi
Il cantiere in corso, finanziato dalla Soprintendenza Archeologia per la provincia di Oristano con 85.000 euro, durerà tutta la primavera. Vi lavorano gli archeologi Alessandro Usai e Maura Varigiu, in collaborazione con l’antropologa Francesca Candilio, la restauratrice Georgia Toreno e l’architetta Elena Romoli.
“Siamo andati a colpo sicuro su un’area riprendendo vecchi scavi e ampliandoli in continuità con quella che noi conosciamo come necropoli nuragica che si sviluppa lungo una strada precisa nel tratto che stiamo indagando”, spiega Usai, direttore scientifico dello scavo nel Sinis dal 2014. “In particolare, i due torsi rinvenuti con lo scudo riconducono i ritrovamenti alla categoria dei pugilatori. Si tratta di sculture calcaree la cui pietra proveniva da una cava non molto distante da qui, facile da scolpire ma proprio per questo anche molto fragile”.
Una necropoli unica in Sardegna
“Si tratta di sculture emerse in un tratto non ancora toccato”, aggiunge Usai. “La presenza capillare nel Sinis della civiltà nuragica nell’età del bronzo e del ferro è il presupposto stesso della ricerca che si fonda su un’indagine sul Sinis. Nell’ambito di questo quadro questa necropoli è unica in Sardegna. Lo scavo qui à una ricerca integrata non solo delle statue ma di tutto ciò che comprende anche scavi di tombe, grazie ai quali viene fuori anche l’aspetto antropologico: ovvero la necessita’ di definire la cronologia natura e ruolo di queste statue”.
“L’emozione piu’ grande? Senza dubbio vedere qualcosa prendere forma davanti ai tuoi occhi che viene fuori dalla terra”, dice l’archeologo. “Cose che sapevi essere sepolte li’, ma soprattutto vederle e interrogarle, dalla pietra informe fino a scoprirne lo stato”.
L’attività nel sito è stata preceduta da un lavoro di preparazione scientifica e tecnica, come evidenzia Monica Stochino, Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna. “La ricerca è stata indirizzata su due principali obiettivi”, sottolinea Stochino. “Da un lato indagare alcuni gruppi di sepolture della fase più antica, nuragiche, e successive punico-romane, per reperire le informazioni scientifiche indispensabili a una ricostruzione del mondo in cui si svilupparono i fenomeni culturali che portarono alla creazione del sito; dall’altro estendere gli scavi a sud delle aree già indagate, nell’intento di confermare l’estensione della sistemazione monumentale dell’area con la definizione della strada funeraria e la creazione del complesso scultoreo formato da statue, modelli di nuraghe e betili”.
È già pronto un nuovo progetto di scavo su cui saranno investiti 600 mila euro, fa sapere il ministero della Cultura. La direzione scientifica e tecnica sarà della Soprintendenza, mentre il Segretario regionale del Mic sarà stazione appaltante. È in programma, inoltre, un intervento di restauro da 2,8 milioni di euro per restaurare le sculture scoperte a Mont’e Prama dal 2014 al 2016. A queste risorse, assieme ai 3 milioni di euro destinati all’ampliamento del Museo archeologico di Cabras nell’ambito del programma d’interventi previsti dal Piano strategico ‘Grandi Progetti Beni culturali’ annualita’ 2015/2016, si sommano inoltre 4,15 milioni di euro per il sito di Tharros, sempre nel comune di Cabras.
La Fondazione Mont’e Prama
Il nuovo ritrovamento avviene a poco meno di un anno dalla nascita della Fondazione Mont’e Prama, costituita il 1 luglio 2021 da ministero della Cultura, Comune di Cabras e Regione Sardegna per valorizzare quella che è considerata una delle maggiori testimonianze di un’antica civiltà mediterranea.
“Ammontano a 15 milioni di euro le risorse”, sottolinea il presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas, “che abbiamo assegnato alla Fondazione Mont’e Prama, da noi costituita col Ministero e il Comune di Cabras, per investimenti in infrastrutture e promozione, oltre che per consentire la prosecuzione degli scavi e le operazioni i restauro da effettuarsi in loco, permettendo al territorio una piena fruizione del tesoro di Mont’ e Parma anche in chiave didattica”. agi