Anche la patria del consumismo trema
Sul fronte interno, gli Stati Uniti di Joe Biden dovranno presto fare i conti con gli effetti della guerra per procura alla Russia, che alimentano con sanzioni e armi in Ucraina. Preoccupano gli scarsi risultati della grande distribuzione ed aumentano le probabilità di una recessione. Wall Street è scesa di oltre il 4% mercoledì, dopo l’annuncio dei risultati di Target e Walmart. I consumi sono in stallo di fronte all’aumento dei prezzi. C’è pure chi agita lo spettro della stagflazione, ovvero una fase dell’economia in cui sono presenti in contemporanea ondate inflazionistiche e stagnazione economica, ovvero la mancata crescita del prodotto interno lordo (Pil).
Il consumatore americano, schiacciato dall’inflazione e dall’aumento della benzina e degli affitti, inizia a essere guardingo, e forse a sbuffare. Questo è sostanzialmente quanto rivelano gli scarsi risultati di colossi della distribuzione su larga scala, come Walmart o Target, le cui performance deludenti hanno provocato un mini-terremoto a Wall Street, mercoledì 18 maggio. L’indice S&P 500 ha perso più del 4% alla fine di questa sessione – ha perso il 17% dall’inizio dell’anno -, mentre il Nasdaq, ricco di titoli tecnologici, è sceso del 4,73% – è sceso del 27% da gennaio.
Gli operatori erano rimasti sordi martedì quando il presidente della Federal Reserve americana (Fed), Jerome Powell, aveva proclamato un rialzo dei tassi dell’istituto monetario fintanto che fosse stato necessario per inibire l’inflazione; sono tornati con i piedi sulla terra mercoledì quando sono stati pubblicati dati che mostrano che il consumatore americano con il suo comportamento ormai prudente fa rischiare di sprofondare nella recessione al paese.
Mercoledì, in un’unica seduta, il colosso statunitense dei discount Target ha perso il 25% del valore di borsa. Un fatto inaudito dal crollo del 1987. L’azienda, che aveva appena esposto risultati al di sotto delle aspettative, ha principalmente indicato di preferire assorbire i costi crescenti generato dalle strozzature, dall’impennata dei prezzi delle materie prime, dell’energia e dei trasporti – aumentati di 1 miliardo di dollari (950 milioni di euro) rispetto alle stime – e dall’aumento dei salari, anziché riversarlo sulla clientela.
Analoga la situazione in cui versa Walmart, il più grande datore di lavoro e gigante dei supermercati d’America, che ha perso il 18% del suo valore in borsa in due giorni: i consumatori non vogliono più pagare; molti di loro hanno smesso di acquistare nuovi vestiti e altri prodotti a causa dell’aumento di gas e generi alimentari. Diventano più appetibili marchi più economici o articoli con quantità inferiori, come le mezze confezioni di latte.
A sancire questa presumibile caporetto, una crescita negativa nel primo trimestre. Ulteriormente, si manifesta uno spostamento verso i servizi, rilevato da Target. Gli americani acquistano meno beni durevoli, come televisori o cyclette, e riallocano le loro spese verso i servizi, in particolare il turismo. I negozi specializzati in bricolage o compiti a casa ancora resistono, visto che la popolazione investe su case unifamiliari per sfuggire all’affollamento della pandemia. Ma, in generale, tutti i titoli al dettaglio (BestBuy, Dollar General, Costco, Macy’s) hanno lasciato sul tappeto più del 10%, sempre mercoledì.