Un’affascinante storia di rinascita nel quartiere 167 / B di lecce
di Adele Quaranta
Alla periferia di Lecce, nel quartiere Stadio, il 14 maggio 2022, la zona 167 / B è stata animata da un gruppo di escursionisti, impegnati in un percorso organizzato dalla sottoscritta, Presidente dell’Associazione G.ECO.S.-OdV, che fa capo al CSV Brindisi Lecce Volontariato nel Salento.
Il rione, nato negli anni ‘70 con la costruzione di numerose case popolari, ben presto si è trasformato in una delle zone più problematiche della città, in quanto l’unica comunità attiva sul territorio era costituita dalla Parrocchia di San Giovanni Battista. All’inizio, essa occupava alcuni ambienti di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, poi, nel 1990 una struttura provvisoria più capiente fino al 2000, quando iniziarono i lavori per la costruzione dell’attuale complesso parrocchiale, che occupa, attualmente, una superficie di 800 mq.
Finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana – alle fasi di pianificazione e programmazione ha collaborato anche il liturgista don Roberto Tagliaferri –, il progetto fu affidato ad uno studio di architettura, rinomato a livello internazionale, cioè quello di Franco Purini e della moglie Laura Thermes, importanti esponenti del Neorazionalismo italiano (in particolare, della cosiddetta Architettura Disegnata).
La chiesa, costruita tra il 2000 ed il 2006, è poco conosciuta nell’ambito della città, sebbene considerata, dagli addetti ai lavori, una delle opere d’arte e d’architettura contemporanea tra le più importanti e significative nel Salento. Le creazioni di arredo sacro sono state eseguite, infatti, da maestri di fama mondiale, come Mimmo Paladino – scultore, pittore e incisore italiano, fondatore della Transavanguardia – e Armando Marrocco (artista, pittore e scultore salentino) esponente della corrente dell’Arte Comportamentale).
La facciata articolata in più corpi, rivolta verso la strada, si apre su un sagrato pavimentato in pietra di Apricena. Nella sua semplicità e linearità, presenta una croce situata asimmetricamente a sinistra e più in alto rispetto all’ingresso principale dell’edificio sacro ed un vestibolo cubico, rivestito in pietra leccese. In quest’ultimo sono presenti una serie di finestre a nastro e la grande porta in terracotta (progettata da Mimmo Paladino), che segna il passaggio dallo spazio urbano a quello cultuale, dall’umano al divino, dal finito all’infinito, a simboleggiare, secondo l’artista, il ruolo di pellegrino svolto dal credente.
I battenti del portale scaturiscono dall’assemblaggio di irregolari pannelli ceramici (color terra), legati insieme con punti metallici, mentre dalla superficie emergono “segni” che richiamano scarpe, ciotole, coppe, profili di sagome, conchiglie e pesci. Il campanile (alto 27,30 mt) è situato in posizione isolata ed evidenzia, sulla sommità, una grande croce (raggiungibile con una scala formata da 126 gradini) e 2 campane (collocate in diversi momenti), mentre sul lato opposto, svetta una madonna dal manto ceruleo.
Nello spazio retrostante alla chiesa vi sono la canonica e le opere parrocchiali, distribuite intorno ad una piazza, circoscritta, lungo il lato destro, da un muro obliquo che racchiude un hortus conclusus (unito al campanile), cioè uno spazio aperto di meditazione e preghiera, distinto dall’ambiente esterno e caratterizzato dalla presenza di arboree officinali, tipiche dell’ambiente naturale salentino. Sul lato sinistro, invece, dal 2019, è stato insediato un apiario, destinato ad essere ampliato con l’aggiunta di nuove arnie. Infine, al primo piano sono presenti locali privati ed altri destinati all’alloggio di pellegrini o ospiti occasionali, come gli artisti che hanno realizzato i murales. Il Museo a cielo aperto, quanto prima, sarà completato da opere d’arte moderna di scultura, inserite in un giardino all’esterno dell’edificio sacro, su un terreno di circa 8,000 mq, concesso in comodato d’uso, dall’Amministrazione comunale leccese.
Superata la porta bronzea, si trovano le acquasantiere, a forma di clessidra, sulle quali sono raffigurati, incisi in oro, i simboli del Cristianesimo (acqua, pesci, croce, scala, ulivo, lettere G e B riferite a Giovanni Battista, etc.); il Battistero (uno spazio autonomo ma armoniosamente inserito nel contesto architettonico); il fonte battesimale (calice di marmo immerso in una luce dorata e diffusa di vibrazioni cromatiche provenienti da una vetrata colorata); la statua bronzea, ad altezza naturale, di San Giovanni Battista (ultimo profeta e primo santo del Nuovo Testamento), la cui mano sorregge la ciotola per raccogliere l’acqua e, nell’apparente durezza del volto, nasconde una profonda dolcezza (un altro capolavoro del Paladino), etc.
La Cappella feriale è, inoltre, dedicata alle celebrazioni quotidiane e luogo più adatto alla preghiera individuale. In essa, è custodito il Tabernacolo, inserito in una colonna, di marmo di Trani, alta due metri, sulla cui sommità è incisa la frase “Ecce Agnus Dei” e, in fondo alla navata, il Presbiterio, sollevato di un gradino rispetto al pavimento, con al centro il bellissimo altare e la Cattedra, affiancata da sedili (opere del Marrocco). Sull’ambone, inoltre, sono incise non solo la prima e ultima lettera dell’alfabeto greco (l’alfa e l’omega, il principio e la fine di tutto), ma altresì una colomba (realizzata dallo stesso artista), che, oltre a rappresentare lo Spirito Santo, simboleggia la salvezza ed una nuova era di pace tra Dio e gli uomini.
L’ambiente interno, costituito da una sola aula liturgica – occupa una superficie di 597,80 mq con un modulo di 6 mt per 24 di lato –, risulta costantemente ben illuminato, grazie sia alla presenza di numerose finestre (alcune realizzate dall’eclettico artista Mimmo Paladino), sia alla copertura, sostenuta da quattro pilastri che raffigurano gli Evangelisti ed isolata dal corpo murario da un’apertura longitudinale, da cui penetra la luce solare.
La grande sala, unitamente ai materiali usati (soprattutto, pietra calcarea leccese e marmo di Trani), risalta non solo la plasticità all’intera volumetria, ma proietta i fedeli anche in un’atmosfera mistico-sacrale. Le meravigliose vetrate ed i motivi geometrici, inoltre, fanno emergere, con vividi colori, i simboli della cristianità, mentre la maestria dei giochi di luce e di ombre, creati dall’architetto Franco Purini, intensificano la spiritualità del luogo.
Di fronte all’ingresso, come in un grande abbraccio, è posto l’imponente Crocifisso (ascrivibile, probabilmente ai secoli XVI e XVII ed attribuito all’artista gallipolino Vespasiano Genuino), che, proveniente dal Duomo del capoluogo leccese, insieme ai due battenti del portale, nel 2015 ha subito un delicato intervento di restauro, commissionato da don Gerardo Ippolito (parroco dell’edificio sacro) e realizzato dal maestro Marco Tommaso Fiorillo, il quale ha riportato alla luce l’antica policromia. Nell’androne, interposto tra il portone dell’edificio sacro e le sale parrocchiali, una gigantografia, fatta realizzare dal sacerdote, ritrae il medesimo straordinario Cristo in Croce, prima dei restauri, permettendo di ammirarne da vicino tutti i particolari.
Per ridurre la distanza spaziale periferia-città e migliorare le criticità urbane, nel 2015, ha visto la luce il “Progetto 167 Art Project”, scaturito dalla partecipazione attiva sia della comunità del quartiere, sia di noti artisti a livello mondiale, i quali hanno realizzato opere d’arte sui muri bianchi di alcuni edifici (che davano, fino a pochi anni fa, un’inconfondibile impronta alienante al rione), rivolte alla promozione e valorizzazione di un’area marginale, alla diffusione del sentimento di appartenenza ed al contrasto delle disuguaglianze sociali, degrado, disaggregazione e marginalizzazione. Nel corso della prima edizione (avvenuta nel 2017), sia i disegni che i colori dei murales sono diventati nuovi punti di attrazione per i residenti e visitatori, sempre più numerosi, in quanto stimolati dalla curiosità.
Il “Progetto 167 Art Project” è nato, soprattutto, dalla collaborazione tra il parroco ed il Laboratorio 167 / B Street, impegnato da un quindicennio nella ricerca e sperimentazione relative alla Street Art (ormai nota a livello nazionale), presieduto da Ania Kitlas – che qui si ringrazia per la disponibilità ed illustrazione delle opere artistiche –, organizzatrice di eventi, supervisore dei lavori, coinvolgimento in modelli di comportamenti virtuosi che cittadini e bambini del posto mettono in atto per salvaguardare i propri beni, etc.
Non è stata, tuttavia, solo una operazione estetica, in quanto le opere realizzate hanno affrontato tematiche socio-ambientali, destinate ad emergere, con maggiore incisività nel secondo appuntamento dell’iniziativa (2018), ancorato ai temi della vendemmia ed al rapporto uomo-territorio, inquinamento marino e reinterpretazione della figura del pescatore, componente tipico del paesaggio costiero pugliese.
Il terzo incontro (2019), inoltre, è stato dedicato ai bambini, considerati, nell’ambito di ogni comunità umana, contemporaneamente, presente e futuro. Il murale “Wish”, in particolare, narra, puntando sull’allegoria di un sottile filo rosso, come il legame interpersonale, migliori la vita individuale, mentre in “Il mondo è nostro” – realizzato dall’artista leccese Chekos’art – riproduce due bambini (di cui uno di colore) che si abbracciano lanciando un messaggio positivo alle generazioni future. Il tema è stato ripreso anche in seguito, in particolare nella rappresentazione della bambina col megafono (2022).
Il murales, dedicato alle differenze di genere, realizzato nel 2021, è inserito nell’ottica antirazzista ed in quella di una gratificazione del quartiere coinvolto, interessato, negli ultimi anni, da un significativo processo di trasformazione, scaturito dall’impegno evidenziato dalle famiglie di migranti ed istituzioni scolastiche, diventate un crogiolo eterogeneo di gruppi, individui e religioni e ampiamente diversificato dal punto di vista socio-economico ed etnico, ma in grado di convivere pacificamente entro la stessa area territoriale, geografica e politica.
Grazie al sostegno dell’Ambasciata olandese e del Consolato Generale dei Paesi Bassi in Italia, sono state realizzate, infine, alcune opere, tra cui sia quella eseguita nell’agosto 2020, dal rinomato duo artistico KARSKI & BEYOND, che ritrae due picchi (rappresentano il gemellaggio tra Italia ed Olanda), sia l’altra (del 2021) riproducente un cardellino (simbolo della nazione olandese) su uno sfondo costituito da soffioni colmi di semi, sparsi sul territorio dal vento impetuoso, come simbolo della diffusione del bene e, infine, “RISE – In the meaning of stand tall, work together and unite”– dall’artista olandese Collin Van Der Sluijs nell’ambito del progetto “HollAndMe – Dutch Street Art In Six Italian Cities”.
Tramite la Parrocchia “San Giovanni Battista” (nella persona di don Gerardo Ippolito) e ad “Arca Sud Salento”, sono state create ben dodici opere monumentali (su altrettante facciate di palazzi), senza finanziamenti pubblici, ma con raccolta fondi online, aiuto da parte delle donne del rione che hanno offerto pietanze agli artisti, il sostegno economico di aziende leader nella produzione e commercializzazione di pitture e vernici per l’edilizia (Sikkens e Caparol), cui vanno aggiunti numerosi interventi collaterali (incontri, eventi, conferenze, laboratori, mostre, presentazioni, scambi educativi e culturali con il Quartiere Sperone di Palermo, coinvolgimento delle scolaresche ai fini di una didattica efficace, etc.).
I muri della zona 167 / B, trasformati in un laboratorio artistico e sociale in continua evoluzione, nonché in un’interessante meta per visite guidate destinate a visitatori e studenti di ogni ordine e grado, nel corso degli anni, hanno ospitato le opere di diversi maestri, tra cui Millo, Mantra, Chekos’Art, Dado, Etnik, Sabotaje Al Montaje, Dimitris Taxis e due artiste argentine di stanza in Spagna Medianeras (Vanesa Galdeano e Analì Chanquìa), in un’ottica di reale integrazione con gli abitanti del quartiere e di salvaguardia delle esigenze dei residenti.
Punto di ritrovo di artisti italiani e stranieri, le performance hanno dato un nuovo volto alle grandi facciate delle case del quartiere Stadio, dove ogni autore, da un alto, lascia un’impronta indelebile del suo passaggio e, dall’altro, coglie il quartiere come occasione di dialogo e confronto con altri colleghi provenienti da tutto il mondo, stimolando un processo di profondo rinnovamento e miglioramento.
Un intervento di riqualificazione di una realtà periferica marginale, inserito in un contesto urbano è, attualmente, diventato, quindi, una struttura museale a cielo aperto, in grado di favorire, da un lato, il processo di inclusività sociale e, dall’altro, di stimolare lo sviluppo delle attività artistiche.