Amadeo Peter Giannini, l’uomo che creò Bank of America dando prestiti ai non abbienti
“Rimasto orfano di padre a 7 anni, a 12 inizia a lavorare di notte come facchino da un grossista di ortaggi, a 19 ne diventa socio, e nel giro di pochi anni il magazzino diventa uno dei più grandi di San Francisco. Nel frattempo, si sposa, fa qualche investimento immobiliare, e all’età di 31 anni decide di vendere le proprie quote agli altri soci per dedicarsi alla famiglia e vivere di rendita. Ma è qui che inizia la vera carriera di Giannini. Il suocero lo convince ad entrare nel consiglio d’amministrazione di una banca locale, la Columbus Saving and Loan Society.
APRE BANK OF ITALY IN UN SALOON
Quello che vede non gli piace: i prestiti si fanno a chi i soldi già li ha e non ha difficoltà a restituirli, mentre tutt’intorno, migliaia di immigrati che vogliono far fortuna e hanno bisogno di qualcuno che gli dia fiducia, sono costretti ad andare dagli usurai, e pagare alle banche un tasso del 6% per mandare soldi in Italia. Dal suo lavoro con agricoltori e mercanti Giannini sa che interi gruppi sociali non possono aprire conti di risparmio o ottenere prestiti dalle banche nonostante siano persone operose che non prendono dei grossi rischi, e preme per allargare il credito a queste categorie, ma i dirigenti della banca gli dicono: «È così che funziona». Dalla banca si dimette, e con 150 mila dollari presi in prestito dal patrigno e un altro centinaio da una decina di amici, nel 1904 apre in un ex saloon Bank of Italy. I clienti se li va a cercare fra gli immigrati italiani e di tutti i Paesi: «Non tenete i vostri piccoli risparmi sotto al materasso, venite a depositarli in banca e io faccio prestiti a partire da 25 dollari per comprare sementi, tenere in piedi una lavanderia o sistemare il negozio, e come garanzia guardo i calli sulle mani». Per trasferire i soldi alla famiglia in Patria chiede solo il 3%. In un paio d’anni conquista la fiducia di tutta la popolazione attiva e i depositi superano il milione di dollari.
TERREMOTO E RINASCITA DI SAN FRANCISCO
Il 18 aprile del 1906 il terremoto distrugge San Francisco. Nonostante devastazione e incendi Giannini riesce a portare in salvo dalle macerie la cassaforte con dentro monete, oro e titoli e, per proteggerla dai saccheggiatori, la nasconde sotto a un carico di ortaggi, su un carretto trainato da due cavalli. Mentre tutte le banche decidono di restare chiuse fino al ritorno della normalità, Giannini nel giro di una settimana apre sul molo un banchetto di legno con sopra l’insegna di Banca d’Italia e il cartello: «Business as usual». E poi informa tutti i suoi correntisti che la banca avrebbe continuato a prestare denaro a chi vuole ricostruire la casa o il negozio diroccati.
Emette credito sulla forza di una faccia, un impegno e una stretta di mano, annotando i nomi su un foglietto di carta.
Quattro mesi dopo il San Francisco Examiner scrive: «North Beach è stato il primo quartiere ad aver ripreso il suo aspetto. In 4 mesi i residenti hanno rimesso in piedi 542 strutture». Molti citano l’intraprendenza e la rapidità di azione di Giannini come un fattore determinante nella ripresa di San Francisco. E dai rendiconti della Banca il 96% ha restituito i prestiti.
DONA LA BANCA AI DIPENDENTI
Negli anni successivi compra una piccola banca dopo l’altra, aggiungendo sportelli a Bank of Italy e seguendo lo stesso principio: aiutare chi non ha accesso al credito. «Ogni banca – dice – è un ente di servizio pubblico. Se non lo è, dovrebbe esserlo». Negli Usa all’epoca non esistono le Casse di risparmio o le Casse rurali come in Europa, ma ci sono istituti per facoltosi e benestanti. In 20 anni il capitale di Bank of Italy arriva a 300 milioni di dollari. Il 9 novembre 1924 il New York Times riporta l’annuncio che Giannini ha avviato un piano che consente ai dipendenti di diventare proprietari della Banca: «L’hanno costruita, dovrebbero possederla», dichiara. Giannini ha cominciato a distribuire ogni anno ai suoi dipendenti una «compensazione extra» da utilizzare, se lo desiderano, per comprare azioni della banca. «C’è una grande opportunità nella banca per ciascuno di loro, e penso che questo piano apra loro una grande speranza. Inoltre, l’iniziativa renderà l’occupazione in Bank of Italy ricercatissima, e ciò garantirà all’istituto un personale leale e vigile».
I PROFITTI IN AIUTO AI CONTADINI
Non ha mai accettato un dollaro in più del suo stipendio. Il 24 gennaio del 1928, quando la Banca ha 289 filiali in California, Giannini rifiuta di accettare il 5% dei profitti della Bancitaly Corporation come sua quota dei guadagni, e li mette a disposizione dell’Università della California per lo sviluppo dell’agricoltura. La somma è di 1,5 milioni di dollari.
In quegli anni si è avvicinato all’industria del cinema che dalla Costa Est si è spostata a Los Angeles. Crede in Charlie Chaplin quando nessuno gli dava i soldi per produrre quello che è poi diventato il suo capolavoro: «Il monello». Chaplin gli chiedeva 14 mila dollari, Giannini si innamora della sceneggiatura e decide che non deve lavorare in economia: gliene dà 50 mila e chiede in cambio il 25% degli incassi. Quando la pellicola esce nelle sale, al botteghino Usa si classifica al secondo posto.
NASCE BANK OF AMERICA
La grande mossa arriva nel 1930, quando fonde Bank of Italy con Bank of America, una piccola banca di New York. Contro di lui tutto l’establishment bancario, che da tempo lo ostacola e sminuisce chiamandolo «il fruttivendolo italiano». Il suo business si allarga e i grandi banchieri, invidiosi dei suoi successi, continuano per anni a fargli una guerra spietata, fino ad accusarlo di falsificare i conti.
Durante la Grande Depressione degli Anni ’30, mentre molte banche falliscono perché hanno investito in azioni che si sono svalutate e non hanno più patrimoni, Bank of America non ne risente perché finanzia l’economia reale. La sua determinazione è sempre stata una sola: «Le buone condizioni di accessibilità al credito possono fornire ad artigiani e piccole imprese gli strumenti per crescere, e la loro crescita sarà la base per la crescita anche della nostra banca».
Oltre ai piccoli prestiti alle persone comuni, Giannini accetta anche clienti più rischiosi che vogliono investire nei vigneti, aiutando così l’industria del vino a svilupparsi. Quando Walt Disney supera il budget per le riprese di Biancaneve, Giannini approva un prestito di 1,7 milioni di dollari. A lui si rivolge nel 1932 Joseph Strass, progettista del Golden Gate, che da 14 anni non riesce a trovare un finanziatore. Amadeo finanzia il progetto con sei milioni di dollari. A convincerlo è la certezza che il ponte avrebbe aiutato la popolazione di San Francisco a uscire dal clima di depressione economica che aleggia sulla città, e impone a Bank of America di non percepire alcun interesse.
LASCIA UN PATRIMONIO DI 480 MILA $
Ha reso il credito ragionevole, vedendo la banca realizzare un profitto. Giannini muore nel 1949 all’età di 79 anni. Bank of America è diventata la più grande banca del mondo, con un patrimonio di 7 miliardi di dollari e 526 filiali in più di 300 città degli Stati Uniti. Alla sua morte, il New York Times scrive: «Un accurato inventario dei suoi beni ha stabilito che ammontano a 489.278 dollari, una piccola somma per un uomo della sua statura e del suo successo». Nel testamento, di 6 pagine, Giannini lascia tutto alla Bank of America-Giannini Foundation, un fondo filantropico fondato nel 1945, il giorno del suo settantacinquesimo compleanno, destinato a promuovere la formazione dei dipendenti e a finanziare la ricerca medica. E conclude scrivendo «non teorizzate sul bene, fatelo». Oggi se si va sul sito di Bank of America e si digita «Giannini», non esce niente.
OGGI REGNA IL MASSIMO PROFITTO
Non si è avverato ciò che Giannini prevedeva: raccogliere da una comunità risorse finanziarie per restituirle alla società, a chi le merita e ha idee per sviluppare iniziative utili. Per lui l’accumulo di ricchezza era negativo, mentre in America, e ovunque nel mondo, è il patrimonio personale a distinguere i personaggi degni del maggior rispetto.
Oggi il banchiere massimizza il valore dei suoi azionisti e il manager, pagato per aumentare il valore delle azioni, usa i soldi dei risparmiatori per comprare e vendere, cioè speculare.
Quindi vediamo operazioni indecenti come il riacquisto da parte della banca di azioni proprie, così sale il prezzo delle azioni e la remunerazione del manager. Chi è al corrente di queste operazioni di buy back? Il manager stesso, perché delibera l’acquisto di un certo numero di azioni ma non dice quando, pur sapendolo, perché ci sono informazioni che ha soltanto lui. Banche e Fondi si comprano le azioni a vicenda per apparire bravi davanti ai loro investitori. Oggi c’è da qualche parte uno come Giannini? Magari sì, nelle banche piccole e ben gestite, ma per farlo emergere bisognerebbe dire ai piccoli imprenditori: «Votate il vostro banchiere!»”.