Con ‘Cecchina suonatrice di ghironda’ si apre il 1° Festival Nazionale del ‘Belcanto ritrovato’
Poche settimane dopo il debutto teatrale di Gioachino Rossini con ‘La cambiale di matrimonio’ nel Teatro veneziano di San Moisè, andò in scena Cecchina suonatrice di ghironda (26 dicembre 1810) di Pietro Generali (1773-1832) che inaugurò la stagione del Carnevale 1811. Il librettista era lo stesso, Gaetano Rossi.
In entrambi i casi si trattava di una farsa, ovvero un’opera di un solo atto, non necessariamente buffa. Cecchina, infatti, apparteneva al genere ‘sentimentale’ dei nuovi romanzi di successo, relegando la comicità a poche scene e ad un paio di personaggi, tradizionalmente in voce di basso: il Consigliere (uomo politico di scarsa morale) ed il contadino savoiardo Andrea (giunto a Parigi per fuggire la povertà delle montagne).
Centro della vicenda è l’amore socialmente contrastato fra Cecchina (che fra le strade della capitale ha fatto fortuna) ed Enrico (nipote del Duca di Rosmond) che accusa la ragazza di essere “seduttrice dell’inesperta gioventù” e di aver sedotto suo nipote Enrico. Predispone, pertanto, il suo arresto.
Dopo varie vicissitudini Cecchina dimostrerà di aver ricevuto documenti molto importanti in cui si attestano le sue nobili origini (probabilmente figlia illegittima di un nobile) : ha quindi le carte in regola per unirsi in matrimonio con Enrico tra il giubilo generale.
Cecchina anticipa di 32 anni il soggetto del tutto simile di Linda di Chamounix di Gaetano Donizetti (1842) su libretto (rivisto) dello stesso Rossi, in cui la ghironda viene effettivamente suonata nella romanza di Pierotto “Cari luoghi”.
La particolarità di questa farsa sta nel soggetto che, sia pure in forma edulcorata, porta in scena una delle principali piaghe sociali dell’epoca.
Molti giovani savoiardi emigravano verso Parigi per cercare fortuna: i gli uomini, di norma, lavoravano come spazzacamini, mentre le ragazze erano dedite alla prostituzione. Entrambi suonavano la ghironda, strumento a corde strofinate da un disco tipico del mondo dei mendicanti. In questa partitura non entra in scena una vera ghironda, ma Generali fa imitare all’orchestra la sonorità complessa di questo strumento con un virtuosismo di assoluta originalità.
Con quest’opera, eseguita per la prima volta in epoca moderna e dopo ben 199 anni dall’ultima esecuzione, ha debuttato ieri sera al Teatro ‘Rossini’ di Pesaro (edizione a cura di Marco Beghelli con la collaborazione di Lorenzo Nencini) il 1° Festival Nazionale del ‘Belcanto ritrovato’ (sovrintendenti Saul Salucci e Rudolf Colm).
La regia è firmata da Davide Garattini Raimondi mentre le scenografie sono state curate dal Liceo Artistico ‘F. Mengaroni’.
Sul podio Daniele Agiman ha diretto l’Orchestra Sinfonica Rossini (Claudia Foresi, maestro al fortepiano) ed il cast (tutti all’altezza della situazione) che ha racchiuso Iolanda Massimo (nei panni della protagonista), Alan Staravoitov (Il Duca di Rosmond), Paolo Ingrasciotta (il Consigliere), Pierluigi D’Aloia (Enrico), Ramiro Maturana (Andrea) e Annya Pinto (Fiorina, la cameriera).
Il teatro era pieno ed indiscusso il successo che ha riscosso l’opera (preceduta da due arie di Generali, ‘main composer’ di questa edizione (sinfonia de ‘La Testa meravigliosa’ suonata da Alberto Galasso) e ‘Sorgerà la nuova aurora’ da ‘La Pamela nubile’ con Annya Pinto nel ruolo del titolo), oltre ad un’aria di Gaetano Donizetti ‘Cari luoghi ov’io passai’ da ‘Linda di Chamonix’.
Il Festival prosegue oggi 24 agosto al Teatro della Fortuna di Fano con una conferenza della musicologa recanatese Paola Ciarlantini (ore 18,30) e ‘Il belcanto marchigiano’, uno spettacolo di arie e sinfonie di autori marchigiani, presenti in numero cospicuo nella regione.
Non dimentichiamo che le Marche sono definite ‘la regione dei 100 teatri’ ed in quei luoghi si rappresentava soltanto l’opera italiana, cantata in italiano. Era un fenomeno che copriva un periodo che andava dal 1650 ad inizio Novecento, impressionante per quantità e qualità. Tutti i teatri italiani e non erano attivi ed in gran concorrenza tra loro per accaparrarsi compositori ed opere.
Nel periodo 1800-1850 non si eseguivano soltanto Rossini, Bellini o Donizetti.
I compositori cosiddetti ‘minori’ e caduti nell’oblio erano numerosissimi.
Contando soltanto i più noti, si arriva – come scrive il sovrintendente Colm nelle note di sala- a contarne oltre 60 per un’imponente produzione di oltre 1200 opere’.
Non dico altro.
Paola Cecchini